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Il seguente libro del notaio Francesco Felis è molto interessante, documentato e acuto con una sintetica storia dell'Italia che ha portato a quella attuale e con focus sul federalismo. Seguirà poi una puntualizzazione che il notaio mi ha mandato a proposito del federalismo fiscale.

Federalismo, Sociologia, Sprechi

Italia Unita o Disunita - Interrogativi sul federalismo di Francesco Felis

Francesco Felis con Italia unita o disunita – Interrogativi sul federalismo (Armando Editore) ci dà uno strumento quanto mai valido per una riflessione: “su questo tema cardine della recente esperienza politica, su come dopo l’Unità si costituì (confrontandola con le altre in Europa e in Usa) la democrazia italiana.

Felis inizia citando dal Gattopardo il principe di Salina: “Tutto cambia affinché nulla cambi”, parole che potremmo sottoscrivere –per impotenza e disperazione!- davanti al fare e disfare istituzionale, ma fa arrivare la replica dopo una decina di pagine sotto il titolo “Il trasformismo”: “Salina (anche nella sua ottica siciliana e sudista) aveva sbagliato quando riteneva che nulla era cambiato. Vi era, anche se imperfetto, un regime parlamentare”; “l’Unità italiana era stata una novità assoluta nel panorama europeo anche per gli effetti sulla Penisola e in Europa”.

Nelle pagine precedenti, con stile sintetico, la spiegazione storica. Il confronto con altre democrazie ci parla di un Impero tedesco dove una legge del 1850 (in vigore fino al 1908) proibiva ai contadini attività sindacali e una del 1854 (fino al 1918) gli scioperi agricoli; ci parla di un’Inghilterra  dove il voto palese alle elezioni (con tutte le storture che provocava per i suoi condizionamenti) era venuto meno solo nel 1872, ben 11 anni dopo la nostra Unità.

Ci viene ricordato, fondamentale per il processo unitario, Cavour. All’Unità questi riconosceva ancora mancanti i napoletani perché fino ad allora troppo mal governati, ma che lui avrebbe fatto cambiare “senza lasciargliene passare una e mostrando cosa potessero fare del bel Paese”. Cavour tendeva la mano a tutti ma non agli anarchici (vale a dire a quelle frange estremiste o terroriste che sussistono ancora e ancora sognano l’esproprio proletario e la rivoluzione).

Riguardo l’influenza della Chiesa si cita una frase dello storico Simonde de Sismondi: “Gli italiani sono in Europa il popolo più fedele della Chiesa, ma sono anche il popolo che osserva meno degli altri i doveri e le virtù cristiane”.

E riguardo al “trasformismo” questo saggio storico di Felis ci ricorda che nel 1886 in Inghilterra ben 93 liberali intransigenti lasciarono Gladstone (che messo sotto accusa come Berlusconi, asserì di “poter fare a casa sua ciò che voleva” e fu capito), per seguire Chamberlain nei conservatori. Riguardo al “sistema elettorale inquinato” ci ricorda che Roosvelt definì i reporter investigativi “muekrakers” (rastrellatori di letame). Sembra di vivere oggi non dopo più di centosessanta anni, tanto che Felis commenta: “Se dopo la Grande Guerra, gli altri Paesi sono cambiati e l’Italia no, il discorso diventa politico, non storico”.

Ma veniamo al Federalismo che più c’interessa per l’oggi e sulla base di una conclusione da poter (e dover) anticipare: “Non occorrono più o meno regole, ma regole migliori”.

Il processo logico parte da alcune constatazioni: “Il numero degli Enti locali porta sprechi e costi diretti per la gestione, anche costi indiretti per l’influenza e il ritardo nelle decisioni. C’è il problema di controlli preventivi  e la constatazione di governatori che conducono al dissesto finanziario la loro Regione. C’è un problema più grande: “Si paga in base a quanto si guadagna, ma si ricevono servizi in base al livello di povertà dei propri vicini”.

Un esempio di disfunzioni che fa più male perché tocca chi soffre riguarda l’accesso ad alcuni farmaci antitumorali che dipende dal loro inserimento nei Prontuari farmaceutici regionali, divenuti più importanti di qualsiasi ricerca scientifica internazionale o di qualsiasi legge: “basterebbe invece un prontuario redatto in un certo modo”.

Alle pagine 149/150 c’è quasi un sunto di ciò che non va nel Federalismo per come è applicato. Conclusione: “Bisogna indagare, non in modo ideologico, quale struttura amministrativa sia più efficiente e rispettosa dei diritti dei cittadini e che permetta di prendere decisioni utili in tempi utili. L’analisi dovrebbe basarsi sulla qualità delle norme, essere più tecnico-giuridica ed in parte economica, meno volta  a pregiudizi del passato circa l’aspetto centralistico o meno dello Stato”.

Questo libro del notaio Felis, che per anni ha svolto lezioni alla Scuola del notoriato di Genova su temi di volontaria giurisdizione e diritto commerciale, è un aiuto alla crescita di una coscienza di democrazia oggi, “hic et nunc”.

                            Maria Luisa Bressani

 

 

 

 

Puntualizzazione di Francesco Felis sul Federalismo fiscale.

"Circa la parte del libro "moderna", non storica, ho voluto segnalare come certi concetti sul federalismo fiscale potrebbero essere di difficile attuazione perché violano la c.d. parità orizzontale. Cioè a parità di reddito tra un ligure e un lombardo, uno dei due non solo potrebbe pagare di più, se una Regione prevede una sovraimposta e l'altra no, ma soprattutto a parità di aliquota, il ligure che ha lo stesso reddito del lombardo potrebbe ricevere in termini di prestazioni pubbliche di meno".

 

1995 Scuola specializzazione in giornalismo dell'Università Cattolica Dossier su Federalismo in CSN, giornale della Scuola

Il Dossier del numero febbraio 1995 su CSN (Giornale delle Comunicazioni Sociali della Scuola di Specializzazione in Giornalismo) portava il titolo "Federalismo: da Gioberti alla Lega". Mi sembra idoneo per questa pagina a quasi vent'anni di distanza riportarne l'Introduzione di Gianfranco Garancini, Docente di storia del giornalismo e direttore della sezione giornalismo della Scuola di Specializzazione in Comunicazioni Sociali dell'Università Cattolica, anche avvocato e già vice-presidente dell'Ordine dei Giornalisti (da cui si dimise sostenendo che nulla si poteva fare di buono e cambiare), anche scrittore, è suo infatti - mi par di ricordare - un libro sui Comuni e le autonomie locali, ma era già esaurito (in brevissimo tempo) quando lo cercai e non rammento il titolo esatto.

Garancini anche professore di Maroni che il serio ex-ministro spesso citava come suo "Maestro" e su questo Garancini non mancava di scherzare.

A me capitò con Mauro, un maestro di golf, sport in cui dopo la morte della mia mamma (25 anni di Parkinson) avevo deciso di accompagnare mio marito in ottemperanza ad una considerazione di una nobile signora che con il suo, golfista da sempre, aveva superato i 60 di matrimonio, accompagnandolo sempre. Anche su quei campi, recinto dorato e scacciapensieri, anche giardino d'infanzia in cui molti tornano bimbi. Diceva quella saggia donna: "Quanti matrimoni ho visto andare in pezzi sui campi da golf".

Riguardo Mauro che gestiva pure una pizzeria ad un nipotino dissi una volta al momento di pagare il conto: "Vedi, questo è il mio maestro di golf". E lui: "Marisa (il mio nome in famiglia) che non si sappia troppo in giro!"

 

 

 

 

 

Dossier dal Federalismo alla Lega. Una questione seria e complessa un impegno per tutti.

FEDERALISMO: NON SOLO SLOGAN

di Gianfranco Garancini

 

 

"Non è possibile pensare a riforme di così rilevante portata come ad uno dei tanti arnesi del conflitto politico e partitico in atto oggi".

Il dossier di questo nunero di CSN è dedicato al federalismo. Come si addice a un foglio che vuole sommare l'impegno culturale (è pur sempre il giornale di una scuola) con l'intento informativo (è pur sempre il giornale di una scuola di Comunicazioni Sociali), si tenta di affrontare la questione da diversi punti di vista, senza perdere di vista soprattutto la valenza storica della questione.

Due sono i rilievi storici: da una parte, infatti ci si domanda se il federalismo faccia o non faccia parte del patrimonio storico-culturale del popolo italiano. E dall'altra ci si domanda se oggi esso possa essere una risposta convincente a problemi attuali -complessi e per nulla risolvibili a base di slogan- che il Paese è chiamato ad affrontare.

L'attualità politica del tema, tuttavia, non può farcene dimenticare o anche soltanto tralasciare la profondità e il rilievo storico-culturale: sarebbe non solo un errore di metodo, ma un imperdonabile errore di cultura politica e giuridica limitarsi a parlarne per sentito dire o, peggio, considerarlo semplicemente (!) uno dei tanti arnesi del conflitto politico e partitico in atto oggi.

Infatti il federalismo è una cosa seria. Esso investe la riflessione sullo stato e sulla situazione politica a due livelli almeno: in ordine alla struttura dello stato, appunto; e in ordine alla previsione di soluzioni per problemi funzionali d'amministrazione. Sembra di poter dire che, oggi, il primo livello sia usato come strumento dialettico per affrontare - senza una precisa cognizione dei suoi contenuti - le questioni del secondo livello.

E' vero, infatti, che il nostro Paese deve fare i conti con una amministrazione ingessata, formalista, eccessivamente accentrata e - per cultura e consuetudine - centralistica. E' vero insomma che molte delle (spesso inutili) complicazioni che il cittadino si trova ogni giorno a fronteggiare e delle quali riesce sempre più a fatica a divincolarsi, derivano da antiquata struttura dell'organizzazione pubblica: ed è vero che una migliore organizzazione dei servizi, maggiormente rispettosa della mappa dei problemi e delle amministrazioni, nonché più attenta ai lavori delle autonomie, aiuterebbe molto. Ma questo non è ancora federalismo, e non è neppure autonomia: è soltanto decentramento, cioè una più intelligente modalità di organizzazione dell'amministrazione. Ma se si affrontasse soltanto così, la questione sarebbe come 'strozzata', e comunque poco risolta.

Perché non possiamo dimenticare il peso culturale dell'art. 5 della Costituzione repubblicana, che distingue con grande chiarezza tra autonomie e decentramento: e che, soprattutto, attua un riconoscimento della autonomie locali, intese non come enti locali, ma come soggetti storici e 'umani', viventi. Con qualche (?) anno di ritardo la legge 142 del 1990 ha colto questo profilo, affermando (art. 2) che ad essere autonome sono le comunità locali, e non gli enti, riaprendo così il discorso storico e culturale 'a tutto campo', come facciamo in questo sia pur umile (ma non modesto) dossier.

D'altronde il federalismo è una cosa complessa, e non può certo esser ridotto ad arma di conflitto partitico. E anche qui non è possibile ridurre: gli aspetti istituzionali, fiscali, anche culturali sono altrettanto importanti di quelli politici, e non possono essere strumentalizzati.

Ancora, il federalismo è una cosa di tutti, e non se ne può parlare -e men che meno decidere- senza garantire tutti, o la maggior parte, dei cittadini, in omaggio a un elementare principio democratico e istituzionale, per il quale ciò che interessa tutti deve essere consentito -pur rispettando 'la ragione dei più', cioè il principio della prevalenza della maggioranza- da tutti.

Non è possibile, quindi, pensare oggi a riforme di così rilevante portata quali quelle che l'impegno per il federalismo comporterebbe, come a uno strumento di rivincita di una maggioranza ristretta su una minoranza quasi uguale. Non è possibile lasciarci passar sopra questi temi senza informarcene correttamente. E' il contributo che CSN vuol dare.   

             Gianfranco Garancini

Descrizione Dossier su CSN

Descrizione articoli del Dossier, pp.6/7 di CSN (giornale appunto della scuola di specializzazione in giornalismo della Cattolica, come bene ha spiegato il prof. Gianfranco Garancini nella sua introduzione prima riportata)

Il primo articolo di Laura Tajoli "Corsi e ricorsi dai primi dell'800 ad oggi - UNA RICETTA PER I MALI D'ITALIA?

Il secondo di Antonella Olivari "Martinazzoli (PPI): 'Troppe utopie, poca realtà'- LE RAGIONI DELLO SCETTICISMO".

Il Terzo (centrale alle due pagine, in taglio basso, un'Intervista a Lorenzo Ornaghi) di Viviana Siragusa "I motivi della fiducia nel Federalismo - LA RIFORMA IDEALE PER RAFFORZARE LO STATO.

Il Quarto, in apertura di pagina 7, di Maria Luisa Bressani "I principi del dibattito attuale nel mondo cattolico - alcune convergenze - PIU' POTERE AL CITTADINO - don Luigi Sturzo e dal magistero sociale della chiesa le tracce storiche".

Il Quinto di Vittorio Origlia "I 'Padri Nobili' dell'idea federalista. Fu vera gloria? - SULLE ORME DI GIOBERTI E DI CATTANEO".

 

CSN: allora era diretto da Silvano Petrosino (con Mauro Mauri), un docente giovane, preparato e molto intelligente.

ed è per questo che con gioia riporto da Presenza n. 5 anno XLV settembre-ottobre 20013 il trafiletto riguardo il premio Carpi da lui ricevuto e anche la copertina della Retorica di Roland Barthes uno dei testi conosciuti al suo Corso: Petrosino era infatti docente di Retorica.

 

Anticiperò, nell'ordine, il testo di Vittorio Origlia (compagno che stimavo per la bravura e concluderò con quello di Viviana Siragusa, altra brava studentessa, cioè la sua intervista ad Ornaghi, nome di recente attualità  come ministro nel Governo Monti).

Anticiperò Origlia per far seguire, dopo di lui, il mio testo (che nasceva da un dialogo telefonico con il domenicano Padre  di Rovasenda), e quindi il mio ricordo in morte di Giovanna Galeppini che al Padre mi aveva indirizzato. Di lei che, come disse all'omelia funebre Padre Mauro De Gioia, "aveva il dono dell'amicizia".

 

Quel mio articolo riporta anche il suo testamento spirituale,  15 giorni prima di morire, quando pur malata e sofferente parlò ad un Convegno del CIF. Purtroppo non mi fu dato di pubblicarlo sul Settimanale diocesano: il direttore mi disse che un testo di quella lunghezza non usavano metterlo neanche per i sacerdoti. E invece poiché siamo Comunità a me è tanto caro il Settimanale diocesano di Bobbio (che ora non è più diocesi a sé) La Trebbia dove compare sempre in morte il ricordo di qualcuno attraverso il profumo di vita ed opere. Il ricordo del falegname, del fabbro, come della maestra di scuola o del sacerdote, del contadino-agricoltore come del ragazzo morto prematuramente per malattia inesorabile o per un incidente d'auto. E' una commovente Spoon River nostrana. Pur se capisco che Bobbio è ormai città di poche anime mentre a Genova troppe sarebbero le pagine in memoria.

 

Un inciso personale: di quell'anno alla scuola di specializzazione ricordo tanti sacrifici. Dopo la morte di mio padre il 5 ottobre del '93 avvenuta quando già mi ero iscritta, mi trovai gravata dell'assistenza della mamma, malata da quasi 25 anni di Parkinson. Una giovane compagna della scuola, quella del tutto indisponente (di cognome Schiavo) che mi dribblò per la tesi su La Voce (vedi Home page), non mi risparmiava mai commenti velenosi sostenendo che nella scuola a numero chiuso avevo portato via il posto a qualcuno più giovane di me e più bisognoso di affermarsi nel giornalismo dato che io già lavoravo. Ma io nutrivo il sogno di emulare Natalia Ginzburg che diede a Roma l'esame da giornalista professionista a 60 anni e qindi pensavo che anche per me c'era tempo.

Venendo da Genova per le lezioni intanto continuavo a scrivere articoli settimanali su giornali vari, avevo il peso della famiglia e dei tre figli (la figlia, laureata in economia, lavorava già e fuori Genova), ma i due figli erano studenti a ingegneria e il marito ingegnere era spessissimo via per lavoro nel mondo.

La mamma non mangiava più da sola, aveva bisogno di assistenza anche per imboccarla. Però sono riuscita a farla camminare (senza rotture di femore nonostante il rischio continuo di cadute) e a portarmela dietro in passeggiate quotidiane fino al 10 gennaio del 1998 quando si spense in una mattina di neve che mi ricorda parole  commosse che Giorgio Bàrberi Squarotti dedicò a sua madre in apertura del libro Le colline, i maestri, gli dei.

"I 'Padri Nobili' dell'idea federalista. Fu vera gloria? DA GIOBERTI A CATTANEO di Vittorio Origlia

"I Padri Nobili' dell'idea federalista. Fu vera gloria? - Sulle orme di Gioberti e di Cattaneo" di Vittorio Origlia.

"A.A.A: movimento federalista cerca urgentemente Padri Nobili, di specchiata moralità, per neonata Repubblica. Condizioni interessanti".

Un annuncio come questo potrà sembrare leggermente fantapolitico ma rende abbatanza bene l'attuale bisogno, per alcuni gruppi politici, di sostanziare i propri fumosi progetti di riforma federalista dello Stato con il richiamo ad ascendenze prestigiose, magari fino a scomodare alcune "sante icone" del federalismo risorgimentale: in primis Vincenzo Gioberti, padre dell'idea federalista di stampo monarchico-moderato, e Carlo Cattaneo, assertore di un vago federalismo di orientamento democratico-repubblicano.

Ma...fu vero federalismo? E i suoi promotori furono convinti delle proprie idee fino in fondo? a scendere in profondità, sembrerebbe di no.

Vincenzo Gioberti (Torino 1801-Parigi 1852), ex sacerdote, filosofo e uomo politico, nemico dichiarato di Mazzini, nel suo trattato "Del primato morale e civile degli Italiani", edito nel 1843, parte dalla premessa che l'Italia, sede del Papato, è la nazione che Dio ha destinato all'egemonia morale e civile in Europa. Affinché la nazione italiana possa sollevarsi dalla triste condizione di frammentarietà decadente ed esercitare la sua missione di civiltà, i principi italiani devono stringersi in confederazione, sotto l'autorità moderatrice del Papa (teoria "neoguelfa").

In realtà, le tesi esposte nel "Primato" con prosa enfatica, prolissa e predicatoria, si basavano su due grossolani errori storici: la presunta vocazione del popolo italiano alla confederazione (quando per secoli era prevalso il più sfrenato municipalismo), e la possibilità di una "conversione patriottica" del Papato all'idea di un'Italia unita (e il potere temporale della Chiesa fu uno degli ostacoli più difficili, per la formazione di uno Stato italiano).

Ma lo stesso Gioberti, in una lettera al Mamiani, a proposito della fattibilità di una confederazione italiana guidata dal Papa, scriveva: "Se aggiungessi che ci credo, sarei matto affatto, e la "Giovine Italia" potrebbe noverarmi tra i suoi soci". In realtà il suo scopo non era stato quello di elaborare un programma realistico di azione immediata, quanto quello di aprire una discussione, a tutti i livelli, sul problema dell'unità nazionale.

Gli stessi eventi storici, come il fallimento dei moti del '48, il "tradimento" di Papa Pio IX e la sconfitta nella prima guerra d'indipendenza spingeranno Gioberti ad abbandonare l'idea neoguelfa, a propugnare, nel "Rinnovamento civile d'Italia" (edito a Parigi nel 1851), la prospettiva d'unità nazionale sotto la monarchia costituzionale dei Savoia.

Un autentico progenitore del professor Miglio sembrerebbe Carlo Cattaneo (Milano 1801 - Lugano 1869): ex seminarista, professore e uomo politico, delineò una concezione federalista d'orientamento repubblicano e democratico.

Il federalismo di Cattaneo tendeva a presentarsi come stretta aderenza alla realtà concreta, ma non poteva nascondere la sua radice utopistica: il pensatore lombardo sognava una federazione di popoli, retti da monarchie "cantonali", e voleva intangibili le autonomie dei vari Stati italiani uniti nel vincolo federale. Motore della federazione doveva essere il Lombardo-Veneto grazie all'autonomia, per poi accorrere in suo aiuto al momento opportuno, cacciando per sempre l'Austria dalla penisola.

Quello di Cattaneo fu l'utopismo del ragionatore, del professore rigoroso, sequenziale ma pedante, che rifiutò sempre ogni compromesso in nome di una coerenza ideologica vanificata dalla lezione della Storia.                  Vittorio Origlia

 

Più Potere al Cittadino - Federalismo cattolico di Maria Luisa Bressani

Segue ora il libro che mi ha fatto capire la Sociologia e in questa pagina che sembra dedicata a persone che fanno un uso giusto della legge inserisco la recensione alla tesi di laurea di Giovanna  Galione, titolare in Genova di uno studio legale.

"I principi del dibattito attuale nel mondo cattolico - alcune convergenze

- PIU' POTERE AL CITTADINO -

Da Luigi Sturzo e dal magistero sociale della chiesa tracce storiche" di Maria Luisa Bressani.

Il federalismo catttolico oggi fiorisce su due radici storiche: la popolare di Luigi Sturzo, la sociale del Magistero della Chiesa.

Don Sturzo contro l'accentramento dello Stato e l'uniformità tributaria, che riteneva le grandi cause del divario Nord-Sud, si proclamava "unitario, ma federalista impenitente", (vedi i suoi scritti "La croce di Costantino").

Oggi però la ribellione contro la centralizzazione statale non ha avuto come scenario il Sud. E' montata al Nord nella "Lombardia bianca". Agli occhi dei lumbard di estrazione cattolica è stato l'abbandono del principio di "sussidiarietà", che appartiene alla sociologia cristiana e al Magistero della Chiesa, la causa principale della degenerazione dello Stato sociale in Stato clientelare assistenzialista.

L'altra radice storica, il Magistero della Chiesa, porta a guardare ad un Federalismo Europeo ed Internazionale. Le magnae Chartae del Conciclio Vaticano II, "Gaudium et spes" e "Lumen Gentium" con successivi documenti come la "Centesimus annus" di Giovanni Paolo II ribadiscono un orientamento verso un ideale politico internazionale, sovranazionale oltre che interconfessionale.

Alla luce di queste radici quale convergenza dei cattolici è possibile sul modo di realizzare un moderno Stato, caratterizato da autonomie regionali e locali assai accentuale in un preciso quadro unitario? Come conseguire un'amministrazione più efficiente trasparente e partecipata?

Punto d'incontro e confronto delle opinioni è stata la Settimana sociale a Torino a fine settembre 1993. Da allora si sono intensificati i dibattiti nelle grandi città. A Genova nello scorso dicembre nel convegno annuale dei Costituzionalisti, presieduto da Cuocolo, Paldin, Elia due relazioni con lo stesso titolo "Ipotesi di revisione costituzionale", indicavano due vie. Ugo De Siervo dell'Università di Firenze ha svolto un tema del "Regionalismo forte", Giorgio Malinverni dell'Università di Ginevra ha parlato su "La forma federale dello Stato".

Su alcuni principi però può nascere l'accordo dei cattolici.

a) Sull'istanza di mantenere il più possibile la delega dei poteri nel cittadino, cioè una delega dei poteri dal basso verso l'alto e non una delega di competenze dello Stato verso alcuni organismi, tipica del decentramento e del regionalismo di vecchio stile.

b) Sul "federalismo fiscale" per l'esigenza di riavvicinare le autorità politiche al cittadino, invogliandone la partecipazione. Alcuni tentantivi di concretizzare un sistema effettivamente perequativo a favore delle Regioni più svantaggiate sono indicati nel "Rapporto conclusivo del programma di ricerca della Fondazione Agnelli". Allo Stato però si riconosce il compito di coniugare il potere fiscale con il principio di solidarietà.

c) Infine sull'applicazione e l'estensione del principio di sussidiarietà per un ruolo più diretto delle Regioni nei rapporti con la Comunità Europea. A tal fine una guida viene dalla Conferenza delle Regioni del '91 a Srasburgo.

Federalismo cattolico: cosa leggere per capire?

Per la storia: Zeffiro Ciuffoletti, Federalismo e regionalismo (Da Cattaneo alla Lega), Laterza, Bari, 1994

Per il Magistero della Chiesa: Jean Marie Lustiger, Appuntamento con l'Europa, Massimo & Ancora, Milano, 1992.

Pietro Conte, L'Europa come idea e come compito. (Il magistero e l'azione dei pontefici nel secondo dopoguerra), in "Orientamenti", Centro sociale Ambrosiano, n.3/4,1994.

Luigi Vannicelli, Neofederalismo unitario e pluralismo interconfessionale (profili giuridici comparati), Euroma (ed. Universitaria di Roma), Roma, 1994.

Per le opinioni dei cattolici: XLII Settimana sociale dei Cattolici italiani, Identità nazionale, Democrazia, Bene comune, AVE, Roma, 1994.

                   Maria Luisa Bressani

 

VIII Cammeo: Ricordo di Giovanna Galeppini

Ci ha lasciato l’avvocato Giovanna Galeppini, terziaria domenicana, già presidente dei Giuristi Cattolici in Genova e del Soroptimist, esempio di come si possa coniugare la fede e l’amore per il prossimo alla quotidianità. Il suo atteggiamento risalta in due frasi da Lei espresse sull’assistenza ai malati nella conferenza dell’AVO alla Berio, dell’aprile 2004:  “Genova nel Cinque/Seicento venne ad avere la miglior organizzazione sanitaria in Europa. Il rapporto privato/pubblico dai ricchi genovesi fu interpretato come necessità anche politica di assumersi l’onere di preservare la città dalla carestia e dal disagio, supplendo alle carenze dello Stato”. “Santa Caterina vedeva il Cristo in ogni malato e quindi la sua opera fu importante per l’affermarsi della spiritualità come sostegno necessario al rapporto con il paziente”. Allora scelse come esempio e protagonisti della solidarietà a Genova le Casacce e quattro persone: Caterina Fieschi Adorno, Ettore Vernazza, Virginia Centurione Bracelli e la Duchessa di Galliera.

Nelle conferenze tenute per la “Cattedra Cateriniana, 2003-anno XXVI”, dalla lettera 5 di Santa Caterina scelse queste parole: “Egli ci dà o permette pene e infermità con grande misterio per la nostra santificazione”.

Non è un ricordo a caso questo rivolto a Giovanna perché la sua improvvisa dipartita, a 75 anni, riporta immediate due considerazioni. Una, “che perdita!”, il saluto di una signora ad alcuni conoscenti del centinaio di persone che, con un rapidissimo tam tam di comunicazione, sono convenute per il Rosario. Lo ha officiato, sabato primo dicembre, al Galliera Padre Mauro de Gioia, assistente spirituale dei Giuristi Cattolici (Sezione di Genova dell’UGCI). L’altra è che Giovanna era molto sofferente dopo aver subito un’aggressione nel giugno scorso quando si recava alla Messa del domenicano Padre Enrico di Rovasenda (101 anni) per  festeggiare il suo  compleanno.  Ma nessuno lo avrebbe percepito: Giovanna, di un’eleganza sobria e signorile com’é propria della buona tradizione genovese, sempre sorridente ed affettuosa, con la capacità di mettere chiunque a proprio agio, non si lamentava, non faceva trapelare questa sua croce; era disponibile a tutti come è stata sempre verso la cultura e le buone battaglie, specie quelle illuminate dalla fede.  Quando l’amica Lillina Cogorno, presidente del CIF, la invitò per una conferenza alla Berio,  il  sei novembre scorso, è andata. Il tema della conferenza di Marianna Gensabella, professore  di Bioetica, era “Per un’Etica della corporeità” e Giovanna ha introdotto come solo Lei poteva. Sempre riservata, quella volta ha ricordato l’aggressione dicendo che il fatto di averla subita nella Genova dove vive da sempre è un fatto allarmante per tutti. Ha introdotto il tema del corpo dell’anziano malato, ha sottolineato che il matrimonio si basa sulla donazione reciproca degli sposi per camminare e sostenersi nella legge di Dio.

Parole che alla luce della sua improvvisa dipartita diventano ancor più preziose come un ricordo indelebile. Quando si era sposata un anno fa con Ugo Signorini aveva chiesto “il consenso” (non trovo parole migliori) al padre domenicano, suo consigliere spirituale, e aveva donato agli amici più cari un biglietto in cui aveva scritto: “grazie, Signore, che hai avuto compassione delle nostre due solitudini”.

Cara Giovanna, sono in tanti ad averle voluto bene per come è stata, e mi piace concludere ricordando per Lei, che con lo sposo Ugo, apparivano una bella coppia unita e di reciproca tenerezza, i versi di Camillo Belfiore, già presidente del Tribunale, nel suo libro di poesie “E fu mattino e fu sera”. Nel presentarlo (ottobre 2006) Giovanna lesse Una storia banale da lui dedicata alla moglie:... “Ma quando la scure/ cadrà sui miei giorni/ sarò ancora felice/ perché tu mi sarai vicina/ perché il nostro amore/ al di là della vita/ si ricompone/ nell’infinito”.

                   Maria Luisa Bressani

                                                                     

 

Concludo con l'intervista su Dossier di CSN di Viviana Ragusa a Lorenzo Ornaghi sul Federalismo: consta di quattro domande molto ben poste, ma le risposte mi sembra vadano bene per ogni ipotesi ed è stato un po' il difetto dei tecnici del governo Monti, a parte la riforma Fornero che si è vista  pur con qualche macroscopico errore (ma imprescindibile): chi non fa non sbaglia e tutto è meglio all'inerzia al passo gattopardiano imposto da Napolitano.

          Intervista a Lorenzo Ornaghi di Viviana Ragusa per CSN

I motivi di fiducia nel federalismo.

LA RIFORMA IDEALE PER RAFFORZARE LO STATO

A Lorenzo Ornaghi, docente di Scienza della politica all'Università Cattolica, abbiamo chiesto d'illustrare la propria opinione sul federalismo in Italia, in quattro risposte.

Ornaghi ha 46 anni, si è laureato in Scienze politiche in Cattolica, ha proseguito i suoi studi sotto la guida di Gianfranco Miglio e di recente ha pubblicato con Vittorio Emanuele Parsi per le edizioni del Mulino il volume "La Virtù dei migliori" in cui viene sottolineata la necessità di avere in Italia un'élite politica di alto livello morale e culturale. Il professore si dichiara un federalista moderato.

Perché all'Italia servirebbe una Costituzione federalista?

Perché avrebbe due ordini di vantaggi. In primo ordine una diversa articolazione dei livelli di governo, che sostituisca a un unico centro più centri di governo, produrrebbe politiche pubbliche più efficienti in quanto permetterebbe il formarsi di élite politiche più legate al territorio che governano. In secondo luogo un sistema federale non indebolirebbe lo Stato ma ne rafforzerebbe il prestigio a livello europeo perché dimostrerebbe una migliore funzionalità interna.

Qual è la maggior difficoltà che si oppone alla creazione di uno Stato federale in Italia?

Il vecchio che non muore mai definitivamente. I vecchi schemi ideologici, psicologici e burocratici. In altri termini la scarsa propensione all'innovazione politica e istituzionale del nostro Paese. Molte delle controversie interne ai partiti sul federalismo dipendono dalla tendenza al conservatorismo più che ad un'opposizione fondata.

Qual è, a suo vedere, il motivo più ragionevole per essere antifederalisti?

Il timore non sempre infondato, che in Italia qualsiasi riforma realizzi l'opposto di ciò che si proponeva. Cioè il timore dell'ennesimo "gattopardismo".

Prevede che in Italia il federalismo verrà realizzato?

Se il federalismo diventa una bega tra partiti c'è il rischio che la sua essenza venga annacquata. Perciò ritengo che il federalismo in Italia sia molto probabile, ma possa risultare impossibile da realizzare veramente se diventerà il frutto di un compromesso precario tra partiti o blocchi di partiti.

          di Viviana Ragusa

 

Ralf Dahrendorf una biografia intellettuale di Giovanna Galione

Giovanna Galione è titolare in Genova di uno studio legale. In caso di necessità bisognerebbe farsi difendere da lei o ottenere una consulenza. Il motivo? L’affidabilità che scaturisce dalla sua dissertazione Ralf Dahrendorf una biografia intellettuale (Albatros - Il Filo, Roma).

Nell’introduzione alla vita ed opere del sociologo-politico, nato nel 1929 ad Amburgo, fin da giovane politicamente attivo perché suo padre apparteneva al movimento operaio, Galione enuclea due concetti importanti. Con parole di Dahrendorf: “Garantire la libertà a tutti è fondamento di una società civile ma la libertà si scontra con le disuguaglianze della società, perciò base della democrazia è un giusto compromesso tra i due principi”. Un altro concetto sgorga proprio dalla sua coscienza di giovane donna: “E’ necessario credere in quei valori che nell’arco dei secoli hanno costruito la società civile. Qualcuno per affermarli ha perso la vita. Con lui, con loro noi giovani abbiamo un debito”.

Il libro, di grande chiarezza, dopo aver premesso una definizione della sociologia, che “osserva, studia e poi aggiorna esplicando un’azione morale sulla società”, punta a spiegare cosa sia una “società moderna, aperta, civilizzata”. Tutti aggettivi con un significato preciso. Una società moderna permette di “esercitare il diritto di cittadinanza”, è aperta se fa sì che “a ciascuno spetti qualcosa”, è civilizzata se la “pena di uno è la pena di tutti” (concetto che si può anche intendere come solidarismo e sussidiarietà).

Da questa premessa discendono quattro paragrafi fondamentali del terzo capitolo: “Il rapporto libertà ed uguaglianza”, “Libertà ed utopia”, “Libertà e modernità”, “Le chances di vita”. Da essi, per non togliere al lettore il piacere d’approfondimento, qualche considerazione. “L’uguaglianza dello status civile (diritti civili e politici) è base dell’uguaglianza sociale, condizione della possibilità di libertà per tutti, patto sociale di uomini liberi”. “La libertà è realizzazione della cittadinanza e si realizza quando siano soddisfatte esigenze fondamentali rappresentate dalla disponiblità di beni sociali primari ed eque opportunità di accedervi”. “Le chances di vita (le possibilità che si hanno di realizzarsi e realizzare i propri diritti) devono collegare la libertà nella sfera etico-giuridica con le possibilità materiali connesse alla sfera dei beni e delle ricchezze”. Oggi le chances di vita, (molto migliorate dal progresso medico che ha attutito il dolore, dalla  fruizione dell’arte,ecc.) rappresentano l’opportunità di accedere a beni, devono essere garantite da diritti e sono intessute di “legature” (vincoli di appartenenza ad una comunità). Senza questi legami non ci sono possibilità di acesso. Compito delle odierne democrazie è permettere il cambiamento (che dà maggiori chances di vita) senza rivoluzioni (anche se dentro ci stanno i nuovi poveri e i nuovi disoccupati con aumento dei delitti). E’ questo il senso della libertà che il futuro liberalismo dovrà saper garantire attraverso le istituzioni.

Per capire i concetti con i fatti ci aiuta l’intervista che Giovanna Galione ha potuto rivolgere nel 2003 a Lord Darehndorf, a Londra, e che include al termine della dissertazione. “Libertà è partecipazione”,  le ha detto Dahrendorf. E ancora: “Ci sono molti giovani che prendono un “gap year” tra la scuola e l’università e vanno nei villaggi d’India, d’Islam, in America Latina per cose importanti. Fanno molte cose che sono scomode”. “Libertà non è un regalo che puoi avere o tenere, tu devi lottare sempre per essa. L’apatia è un enorme rischio”. “Lo sviluppo demografico avrà notevoli implicazioni. Nei prossimi 10-15 anni ci sarà un notevole ripensamento dello Stato sociale e questo sarà molto doloroso per i giovani d’oggi ma lo dovranno risolvere in qualche maniera. Io penso che i tempi che stanno arrivando saranno duri ed è necessario prepararsi a questo”.

Tanta saggezza ma scaturita anche per lui, Dahrendorf, da scelte pratiche e dolorose di vita. Cito dal libro un episodio (nota 4, pagina 13) quando a 25 anni fu Privatdozent a Francoforte: dopo quattro settimane diede le dimissioni, dopo otto se ne andò.

Motivo: si stavano allora organizzando “esperimenti di gruppo”, cioè discussioni su questioni come il nazismo e il filosofo Adorno voleva provare che i tedeschi erano ancora nazisti. C’era un incaricato dei sondaggi d’opinione, ma Adorno affidò a Dahrendorf lo stesso materiale dato a costui, per poterlo mandar via. Dahrebdorf si recò dall’incaricato, gli consigliò di trovarsi un altro posto promettendogli che se ne sarebbe andato per primo, non volendo essere  strumento del suo licenziamento.

Ecco: prima via per la libertà, propria e altrui, è non lasciarsi manipolare neanche per un buon fine. Non c’è fine che giustifichi i mezzi, almeno in una cultura non incrostata di secentismi, bizantinismi o funestata da Azzeccagarbugli. “Res sint ut sunt, aut non sint!”    Maria Luisa Bressani

 

Concludo questa pagina importante per una riflessione sul Federalismo che vent'anni dopo ci ha mostrato Regioni ladrone ma che mostra l'inarrestabile procedere di concetti nuovi con qualcosa che danneggia la nostra economia ancor più di qualsiasi idea venga messa in atto, buona o cattiva che sia: sono gli sprechi e inserisco ora una favoletta che ci riporta al dolore delle alluvioni in Genova facendo presente che mutatis mutandis anche le favole di Esopo non erano indirizzate certo solo a bambini. Il testo è stato scritto da mio marito, ing. Giovanni Ferrero che ogni volta che ci affacciavamo su Corso Italia via nobile di Genova non mancava d'indignarsi per i conci di cemento accatastati sulla spiaggia di S. Giuliano e ancor più s'indignò quando accompagnandomi ad una delle riunioni della Circoscrizione IX Levante che seguivo per Il Cittadino scoprì quale utilizzo si era fatto di essi buttadone alcuni a mare davanti al Porticciolo di Nervi, le cosiddette soffolte che deviando le consuete correnti fanno riempire - ah imperizia dei nostri pubblici funzionari - la spiaggetta antistatante e fin il torrente Nervi al suo sbocco di alghe che poi diventano puzzolenti e che bisogna far portar via da camion.

L'anno passato, anzi sono ormai più di due anni,  Genova ha pianto di nuovo per  il disastro del Ferreggiano.

L'alluvione del '70? Un affare per pochi.

Racconto semiserio di 40 anni di sprechi

Io sono un “concio”, uno di quei gusci di cemento, pesanti qualche tonnellata, che dovevano servire per covogliare nella “galleria del Fereggiano”, il cosiddetto scolmatore, l’acqua che Giove Pluvio esagerando avrebbe mandato. I miei sono ricordi, forse un po’ sbiaditi, di quel che raccontavano i genovesi passeggiando per Corso Italia e si fermavano a guardarmi, ben allineato con i miei fratelli, sulla spiaggia di San Giuliano davanti al palazzo del Tritone.

Nel ’70 venne quella disastrosa alluvione che colpì Genova al cuore; negli anni successivi i soliti noti decisero che qualcosa si doveva fare per evitare in futuro disastri del genere. Così, tutto regolare, fu assegnata una consulenza agli amici e, come si suol dire, si scoprì l’uovo di Colombo: “perbacco facciamo un bel buco, convogliamo il Fereggiano a facciamolo scaricare in mare”. Tutti felici – così dicevano i passanti qualche anno dopo – ordinarono agli amici degli amici il progetto esecutivo e, agli amici degli amici...l’esecuzione dei lavori. Si cominciò a scavare “il buco” e contestualmente nacqui io con i mei fratelli.

Cominciavo però a sentire le critiche e i dubbi di qualche curioso che guardava “il buco” sul fatto che ci fossero le pendenze per far scorrere rapidamente le migliaia di metri cubi d’acqua del Fereggiano al mare. Io non so se fosse vero: ero solo orgoglioso di poter aiutare i genovesi a sopravvivere a un’altra alluvione.

Intanto i soliti noti cominciavano a preoccuparsi di queste voci ma non sapevano che pesci prendere. Cominciavano anche a circolare voci di tangenti: io pensavo che fossero discorsi da geometri ma poi capii che circolavano “mazzette”. Ci mise il naso la magistratura che tolse le castagne dal fuoco ai soliti noti e sottopose a sequestro il cantiere.

Passarono i giorni, i mesi, gli anni...: il cantiere fu chiuso definitivamente. Potete immaginare l’avvilimento mio e dei miei fratelli: la gente che passeggiava in Corso Italia ci svillaneggiava, ci riempiva di sputi e cicche.  Eravamo la testimonianza quotidiana, nel salotto di Genova, dell’incapacità dei soliti noti di risolvere il problema del Bisagno/Fereggiano.

Venne fuori la soluzione: buttiamoli a mare questi maledetti conci e chiudiamo definitivamente “il buco”. Sì, ma chi paga l’affondamento di questi pezzi che pesano qualche tonnellata ciascuno? E saltò fuori la testa d’uovo che disse: il mare erode le spiagge, per difenderle occorrono delle barriere sottomarine, facciamo una gara per studiarle e poi appaltiamo i lavori. Così venne “suggerito” di affondare “ogni tre massi un concio” (così si mormorava). Si procedette ma come al solito anche qui furono sbagliati i conti. Rimasi io, con una ventina di miei fratelli, ancora lì, annerito dal tempo sulle spiagge di San Giuliano.

Che fare? C’è il Porticciolo di Nervi che col tempo si intasa: perché non studiare un paio di “soffolte” (a quel che capii delle barriere inclinate, comunque un sinonimo) per evitare l’inconveniente?

Fu ordinato lo studio, con un Consiglio di Circoscrizione entusiasta, e si appaltò il lavoro sempre con il suggerimento di calare “tre massi e un concio” e così anch’io, amareggiato ma un po’ sollevato, qualche anno fa, fui gettato a mare. Purtroppo sembra che mi abbiano gettato in un posto sbagliato perché ad ogni mareggiata il Porticciolo si riempie di detriti e di alghe.

Ora fango e sabbia mi ricoprono; non vedo quasi più il cielo attraverso il nostro bel mare e vi chiedo: “Per favore, mettete una piccola targa sulla scogliera sotto il Castello con su scritto: qui riposa per sempre in pace l’ultimo concio dello scolmatore”.

Ps: La risacca mi dice, ma non so se è vero, che il mare erode le spiagge come prima.

                           Chicco,

               uno spalatore di fango anno ’70.

 

Ing. Giovanni Ferrero, Genova

A parlare al CIF (e non so se per suggerimento di Giovanna stessa) ero stata invitata io per prima ma declinai per una consueta timidezza e perché da sempre preferisco la parola scritta che mi sembra più precisa e netta di quella detta. Però quando parlò Giovanna percepii che il mio atteggiamento era stato  sbagliato. Davanti a  quel suo splendido testamento etico capii che certe volte parlare è un dovere e dopo la sua morte le promisi mentalmente: "Giovanna di fronta alla tua fatica e nel ricordo di essa, non mi tirerò più indietro, parlerò gni volta che me lo chiedano".

Qualche settimana dopo ero al Santuario della Guardia dove mi reco per trovar conforto e il sacerdote chiese chi volesse fare la lettura. Chinai la testa come di consueto e chiesi scusa a Giovanna: neanche la lettura in Chiesa...

5. INDICE. FEDERALISMO, SOCIOLOGIA, SPRECHI

 

Francesco Felis -Italia Unita o Disunita. Interrogativi sul

                                                 Federalismo-

1995 - Dossier Scuola Specializzazione in Giornalismo della

                                                   Cattolica-

Gianfranco Garancini   - Introduzione Dossier - Federalismo:

                                             Non solo Slogan-

CSN giornale della Scuola: Descrizione Dossier

Silvano Petrosino riceve il Premio Carpi, Copertina de La Retorica di Roland Barthes

Vittorio Origlia                    - Da Gioberti a Cattaneo-

M.L. Bressani -Più Potere al Cittadino.Federalismo cattolico-

VIII Cammeo- Ricordo di Giovanna Galeppini -

Viviana Ragusa -Intervista sul Federalismo a Lorenzo Ornaghi-

Ing. Giovanni Ferrero, uno spalatore di fango anni '70   - L'alluvione del '70? Un affare per pochi. Racconto semiserio di 40 anni di sprechi -

(scritto due anni or sono all'esondazione del Ferreggiano a Genova)

IX Cameo: Dagli Sprechi nelle prevenzioni alle esondazioni, ai Mulini quando erano fonte primaria d'alimentazione. Povertà e Spreco

Foto ing. Ferrero a New Mills (mulini-museo in Ulster a due ruote)

Foto due mulini e due ruote in Valtrebbia e circondario (Ottone dei Doria e Mulino Carboni all'Erba grassa)

Foto Mulino Rolleri Bobbio e cartolina Mulino Rolleri detto di San Giuseppe

Foto dei miei nonni materni (bobbiesi): Ernesto Ragaglia e Rosa Ester Bellocchio

 


 

 

Inserisco ora la foto di mio marito che ha scritto l'articolo sul Concio dopo la recente esondazione del Fereggiano (due anni fa per i Santi e i Morti) ricordando quella di tanti anni prima e lo spreco che si era fatto dei conci senza per altro mettere in atto quelle misure di prevenzione che sarebbero state necessarie.

La foto lo ritrae a New Mills in Irlanda ( Letterkeny, Ulster) con il complesso museale unico per l'accoppiata di un mulino per la lavorazione del lino (di cui l'Irlanda detiene il primato di produzione) e di uno per i cereali.

A fianco il Mulino Doria o dei Principi ad Ottone che con quello dell'Erba grassa (vallata laterale a sinistra della strada che da Bobbio sale al Monte Penice) detto anche dal nome del proprietario Mulino Carboni (un tempo facente parte del comprensorio di S. Colombano) sono gli unici due a due ruote. Quello di Ottone aveva una ruota per la macinazione delle castagne dette il "pane dei poveri".

Queste foto sono state inserite nel saggio mio e di Gisa Bagnara Mattrel "Un futuro per i Mulini della Valtrebbia" su Archivum Bobiense, n. 25 del 2003 .

Sotto alla foto di mio marito quella del Mulino Rolleri di mio zio Pino che aveva sposato Maddalena sorella della nonna materna. Allo stesso modo gli Zambarbieri, i tre fratelli sacerdoti (don Pino, terzo successore di S. Orione alla guida della Piccola Casa della Divina Provvidenza, mons. Angelo vescovo di Guastalla e don Alberto soldato semplice di Dio ) erano figli di un mugnaio di Pecorara. Anche loro sono stati per me zii, zii d'acquisto  per il matrimonio di una sorella della mia mamma con un loro nipote.

Inserisco qui anche la foto dei miei nonni bobbiesi, pensando che allora in quell'Italia più povera gli sprechi - specie quelli partoriti dalla politica - erano di gran lunga minori.
La foto dei nonni mi è stata data da un cugino che vive a  Iseo (Brescia) quando mi recai là per la manifestazione per Berlusconi dell'11 maggio scorso ed era in formato quadro gigantesco. Penso i nonni mi abbiano protetta quando quel tizio mi ha sfilato la bandiera e quando un altro mi ha detto di non reagire.

 

E quando nonno Ernesto aveva l'Alzheimer e stava legato a letto con una sorta di camicia di forza (allora si chiamava così e nonno morì nel 1954) un giorno disse a zio Egidio, papà del cugino che mi ha regalato la foto "Oggi ho incontrato una ragazza così carina. Si chiama Esterina".

 

 

                                                                                        Poesia: Il chicco di grano.    

                           

Chiccolino dove sei?

Sotto terra non lo sai.

E lì sotto non fai nulla?

  Dormo dentro la mia culla.

Dormi sempre ma perché?

Voglio crescere come te.

E se tanto crescerai

Chiccolino che farai?

Una spiga metterò

tanti chicchi ti darò.

   

               

Nonna Rosa Ester e nonno  Ernesto

A sinistra cartolina Mulino Rolleri che era della sorella di nonna Maddalena e di zio Pino alpino

e dove mangiavo la polenta più buona al mondo.

 

Mio marito: ing. Giovanni Francesco Maria Giacomo FERRERO

a New Mills   (Letterkeny - Ulster)  Irlanda

Mia suocera per reagire ai nomi di famiglia chiamava i suoi quattro figli maschi: Mimmo, Dudo, Chicco, Peppi e mio marito ha conservato il "Chicco" e non manca di ripetere ai nipotini una deliziosa poesiola dei suoi tempi sul "chicco di grano". La riporto a fine pagina 

Cammeo VIII: Dagli sprechi nella prevenzione ad esondazioni

ai Mulini quando erano fonte primaria per l'alimentazione.

Povertà e Spreco

 

Silvano Petrosino riceve il Premio Carpi.

A fianco uno dei testi che ci faceva studiare per il suo Corso "Retorica"

 

Sono felice che nel trafiletto sopra riportato venga nominato Roberto Righetto e io conosco un Righetto(per e-mail) che su Avvenire teneva - mi pare- Agorà, pagina che seguivo con molta attenzione e piacere, mentre ora sono del tutto distaccata dalla stampa cattolica. Penso sia la stessa persona  e ha avuto la gentilezza di rispondermi (almeno questo) quando gli chiesi di poter collaborare ma per i cattolici che volevano collaborare da Genova c'era un impedimento ossia c'era già in forze un collaboratore, Dino Frambati, e quindi il posto era "out" (a meno di non accordarsi con lui come mi fu suggerito, ma non lo feci) e la cosa mi capitò anche a La Nazione dove la pagina cultura era quella nazionale per i tre giornali legati da sinergia: Il Giorno, la Nazione, Il Resto del Carlino e qui era in forze un giovane leghista ma - secondo me - proprio di quelli rozzi, tutti antinomadi, anti ...non so che, ecc., e forse il mio ricordo di lui che collaborava anche al Giornale quando vi era enttato Giancarlo Piano, è così negativo - come ho palesato - perché al suo articolo fu appiccicata qualla foto sull'alluvione del Nervi che avevo scattato a mio rischio e che avrebbe dovuto andare sul mio pezzo (v. in proposito  p. Industria).  Gioie e dolori dei giornali: è raro che vinca il migliore e dico questo non perché mi ritenga la migliore in quanto sono ben consapevole dei miei tanti difetti, però c'è chi è peggio di me.

E' come agli esami universitari quando studiavo con Maria Rita Vielmetti (che non è più e figlia di due ottimi professori del Liceo D'Oria) e quando ero oppressa dalla fifa lei mi diceva con gran serenità: "Certo ci sarà chi è meglio di noi ma ce ne saranno tanti altri che sono ben peggio". Una volta  studiavamo insieme su una panchina in viale Gambaro (una di quelle giornate d'inizio estate che verrebbe voglia di buttare i libri e smemorarsi) e due ragazzotti in cerca d'avventura cercarono di abbordarci mentre noi, impegnate sul greco, cercavamo di ripetere quella particolare "lettura" che il prof. Enrico Turolla richiedeva all'esame per i testi greci che ci faceva tradurre seduta stante. Non era la consueta, intendiamoci, era più strana e poi comunque di greco si trattava. Con Maria Rita continuavamo a leggere, ignorandoli, e loro mentre si allontanavano: "Sono proprio due pazze, le bocceranno".

Nella Retorica di Barthes trovo un mio foglietto pre-esame: "Protagora: utile, Carneade: probabilità; Sesto Empirico: verisimile". Quasi non so più chi sono dopo i 30 anni e passa di giornalismo, ma allora sapevo davvero così tante cose? Ne capivo il significato? E' solo ora dopo quei 30 anni-anticultura di giornalismo e di smemoratezza del passato che mi sembra di aver capito qualcosina.

Di più su Petrosino!  Sono felice di poter aggiungere da Presenza 6 novembre-dicembre 2013 alcuni concetti da un'intervista che gli viene fatta per  il suo secondo posto al Premio Carpi subito dopo il libro di Papa Bergoglio e d'inserire qui sopra la copertina di L'uomo economico alla prese con l'incalcolabile.

Dice Petrosino: "Curate l'antropologia della ricchezza, ossia il rapporto  conele persone, i legami con l'altro: gli amici, il marito, la moglie, il figlio, uno studnte che ti dice grazie per il corso" E sono felice nel ricordarlo qui èerché è il mio modo di potergli dire grazie per essere stato un professore che ti fa pensare pur se sono più vecchia di lui.  Quanto all'incalcolabile per Petrosino è "il fattore umano, ch enel libro chiamo giustizia perché giustizia è tener conto dell'altro". Cosa quindi di più in linea con il mio pensiero dato che il mio giornalismo è nato per una questione di mala giustizia che rovinò la vita di un uomo perbene e che all'assoluzione perché il fatto non sussiste non gli diede  nessun risarcimento nemmeno morale. Forse nella vita anche i magistrati se sbagliano dovrebbero saper chiedere scusa!!!

 

      
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