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22.INDICE GIALLO

Antonio Caron   - Rimpatriata con il morto Il Giornale 9 aprile 2010

                  Summit a Genova per il maresciallo Vitale (Serial al giallo genovese) Il Giornale  30 ottobre 2009

Bruno Vallepiano - So dove parcheggi 2011

                   La Pietra delle Masche Il Giornale 29 agosto 2010

Guido Barbazza   - Rewind 2011

Barbara Carminati  - Vento assassino -

Agatha Christie ricordo della mia giallista preferita dalla prefazione ad un suo libro (li ho tutti)

Rimpatriata con il morto 

Summit a Genova per il maresciallo Vitale

di Antonio Caron

                                                                                                           

 

 

So dove parcheggi di Bruno Vallepiano

“Ciao Miriam, dalla finestra entra una luce abbacinante... nevica. Ha un odore la neve...”, è la poesia di chi ama la montagna e che irrompe, come in questa lettera, nell’ultimo giallo di Bruno Vallepiano. Dell’autore, nato a Roburent, dove vive e lavora occupandosi di montagna, i lettori dovrebbero ricordare perché lo merita (ed anche perché recensito su queste pagine) La pietra delle Masche (arabAFenice): diciassette storie tra Piemonte e Liguria, tratte da testimonianze di anziani, che raccontano la tradizione di streghe, dette “masche” da maschera (colei che non rivela il proprio volto) o dal longobardo maska che sta per “anima di morto”. Un testo prezioso per riscoprire il patrimonio di leggende  della terra di mezzo che è l’Appennino Ligure-Piemontese.

In questo terzo giallo So dove parcheggi (arabAFenice), di una serie con protagonisti il professor Bignami e la sua partner Ceci, giovane ragazza d’oggi, si constata un cambiamento sostanziale, nel senso che vero protagonista è un serial-killer. Si tratta di un ambientalista, scatenato in una vendetta con tre omicidi eccellenti di corrotti-inquinatori, che hanno occultato fusti tossici nelle fondamenta di un villaggio montano. Hanno provocato la morte di Miriam, la donna amata dal Killer, da scrivere con la maiuscola in quanto vero protagonista.

Ho svelato l’intreccio di fondo solo perché nulla toglie alla scoperta dell’intelligente puzzle ad incastri costruito dall’autore e perché -ambientalisti o no- Vallepiano ci trascina dalla parte del Killer, salvo che per il gusto di efferate torture sulle vittime.

Il Killer, dopo aver tramortita la prima vittima, in attesa che si risvegli per l’interrogatorio in cui la renderà consapevole dei suoi misfatti, legge la Trilogia di Larsson (dal cui primo libro è stato tratto il film “Uomini che Odiano le donne”), storia di una ragazza-hacker che ha subito abusi entrando in un rapporto di soggezione-fascinazione con il carnefice e con la necessità di vendetta per liberarsene. Le torture del “nostro” Killer sono in sintonia con la più moderna scuola di film horror e noir che imperversano in Tv in quanto molto graditi dai telespettatori. Nel dipanarsi della vicenda siamo tutti con il Killer, lo assolviamo in nome dei suoi due amori struggenti: la donna e la montagna.

Cos’è amore ce lo spiega la maturazione di Ceci, giovane ragazza così moderna da essere fin un po’ anoressica d’aspetto. “Legata come una cima alla genovese” dal Killer (Vallepiano ci irretisce sempre con il senso dell’humour), dopo aver dialogato con lui sulle ragioni d’amore, Ceci capisce d’essere innamorata di Bignami. Ci spiega e spiega al professore (che un tempo un po’ ‘cornificò’): “Per me era importante sentirmi amata, corteggiata, coccolata e protetta. O meglio credevo che questo mi bastasse, però non ero capace d’amare, finché non ho capito che avevo bisogno d’innamorarmi e d’amare prima ancora d’essere amata”. Con questa semplice verità entriamo nel solco dei principi di attenzione all’altro, non di possesso, tramandati dalla religione. Buoni principi che si respiravano come l’aria specie nella vita montagnina, dura e sofferta.

Nel libro sono descritti i monti dell’adesso, del benessere, dei turisti, nostro “petrolio” questi, ma anche“prostituzione dei luoghi” come affermava -pensando alla sua Yugoslavia - un ingegnere emigrato in USA negli anni sessanta.

Si può ancora immaginare la montagna vergine di Carducci: “Sulle dentate, scintillanti vette salta il camoscio, tuona la valanga?” Esiste ancora da quando è invasa da tipi come Gerry (Gerardo) Pezzolotti, la prima vittima del Killer? Uno smargiasso con soldi e due auto, una Corvette 7.0 giallo oro e una Land Rover. Un figlio di ricchi, a sua volta arricchito con traffici illeciti, con una famiglia alle spalle (lasciata e ben contenta d’esser stata lasciata fino al totale disinteresse, in morte, di lui). Gerry, in montagna, è dedito alla compagnia di zoccole, quasi tutte straniere perché anche la piccola prostituzione nel nostro Paese è cambiata.

Il lettore s’immerge, passo passo, nella tela di ragno del Killer, nei suoi ricordi fino a capirlo, a condividerlo. Con lui affronta un tamponamento in autostrada, l’imprevisto che rischia di vanificare la sua trama. E dopo aver letto, farete attenzione, se incorrete in un tamponamento analogo e la vittima propone un rapida conciliazione senza chiamare la polizia: potrebbe voler nascondere qualcosa ed è storia che sembra così vera come più non potrebbe.

A concludere, uno scorcio di montagna ancora con poesia: “La giornata è piacevolmente tiepida e le prime erbe verdi stanno bucando lo strame di foglie secche dei castagni che ricoprono il terreno, schiacciate al suolo da un inverno con troppa neve”. Quanto lungo l’inverno che ha spazzato le nostre montagne, il nostro mare, la sacralità dei luoghi?  Arriverà - erbe verdi! – un risveglio di primavera, più consapevole?

                  Maria Luisa Bressani

Una delle mie letture preferite è stata Agatha Christie di  cui credo di avere tutti i libri pubblicati in Italia compresa la splendida autobiografia che ci mostra una donna amante dei viaggi, dal carattere forte e che definiva modestamente ma anche con grande pragmatismo la sua produzione come la "fabbrica di salsicce" che le dava da vivere.

Grande pregio dei suoi gialli è il mettere indizi essenziali per scoprire l'assassino (quindi leggere era un piacere d'intellligenza) oltre a restituirci il paesaggio inglese e la vita della borghesia inglese che però nell'immediato dopoguerra reputò immiserita e devastata da rancori. Al riguardo in un libro usò le stesse parole di mia madre per descrivere Bobbio e Trieste a mio padre ancora in prigionia in Africa .

Agatha era anche maestra nel restituire il cuore dell'uomo ma con una speranza che non si può non condividere: alla fine era sempre il cuore buono a trionfare su quello di tenebra.

Questi gialli che qui riporto presentano in Caron l'amore per angoli magici e consueti di Genova per quell'aria unica e insostituibile che caratterizza ogni città e che s'imprime in noi in modo indimenticabile.

I gialli di Vallepiano e Barbazza si possono definire "ambientalisti": in Vallepiano è il dolore per la montagna deturpata dalla volgarità dei nuovi ricchi anche se quest'anno la crisi sembra aver prodotto il ritorno ad una frequentazione di famiglie e di sane escursioni. Perciò riporto subito dopo  La Pietra delle Masche libro precedente di Vallepiano dedicato alle valli di Roburent e intriso d'amore per quei monti.

In Rewind  di Barbazza uno degli aspetti più interessanti è la nostalgia per la spiaggia di Prà a Genova, paradiso perduto.

Spero poi accetti a presentarsi qui con il suo giallo in cerca di editore Barbara Carminati (anche se qualche offerta l'ha già avuta però, pur se il mercato dell'editoria tira perché sono tanti gli autori che vogliono pubblicare c'è un limite alle richieste di esborso, anzi sarebbe auspicabile che per un esordiente di valore l'Editore accettasse l'incognita di volerlo lanciare sul mercato senza chiedergli scotto.

Barbara Carminati, che qui si presenta, è la ragazza che mi ha aiutato a metter su questo Sito (e credetemi per una "frana" del computer come sono io non deve esserle stato facile insegnarmi). Ma soprattutto l'invito a figurare qui nasce dal fatto che ne ho potuto apprezzare intelligenza e buona volontà; nasce anche dal ricordo di Lelia Finzi Luzzati, grande signora della borghesia di Ferrara e poi di Genova dove si è sposata (era la cugina maggiore di Giorgio Bassani che seguiva volentieri i suoi saggi consigli): Lelia per amicizia m'invitò a presentare con lei all'Adei di Genova (Associazione Donne Ebree Italiane) le Lettere dei miei genitori, già tra i finalisti al Premio dei Diari di Santo Stefano (Arezzo) ma ancora manoscritto. Presentò insieme a me e con tanto garbo che rese quasi di famiglia i miei genitori anche a chi era lì convenuto quel giorno, facendo notare che nei tanti lutti della guerra però io avevo avuto la fortuna del ritorno di mio padre.

E di lei ricordo questo insegnamento che può valere per ogni esordiente proprio quando mi poneva nel suo salotto domande per presentare meglio il libro ed io risultavo un po' invadente perché volevo pilotare certe sue osservazioni. A un certo punto mi guardò con un pizzico di severità e disse: "Se vuoi te lo presenti da sola..." Questo perché ogni libro cammina con le proprie gambe e nei pensieri di chi legge e lo apprezza per motivi di una sua qualche condivisione che l'autore non può immaginare. 

D'altra parte con la sua grande sensibilità Lelia m'invitò a parlare delle Lettere a sorpresa e in  contemporanea con Lei perché può succedere che l'autore non sia sempre contento di ciò che si dice del suo libro, che è veramente sempre un po' come un figlio perché è costato tempo, applicazione, sacrifici pur nell'entusiasmo del voler comunicare.

Altro insegnamento di Lelia: metteva in ogni presentazione quando iniziava sempre qualcosa del suo vissuto creando una situazione di familiarità con l'ascoltatore. Grazie Lelia!

La Pietra delle Masche di Bruno Vallepiano

Frabosa Sottana con la strada verso Artesina e Pratonevoso, val Varaita e il monastero di San Colombano di Pogliola, la valle dell’Ellero dove tanta toponomastica parla delle Masche, Roburent paese natale di Bruno Vallepiano sono lo scenario incantato del suo La pietra delle Masche (arabAFenice). Diciassette storie tra Piemonte e Liguria, tratte da testimonianze di anziani, che raccontano la tradizione di streghe, dette “masche” da maschera (colei che non rivela il proprio volto) o dal longobardo maska che sta per “anima di morto”. Storie di diavoli, giganti, servan (un uomo rintantato nei boschi), gatte mannare e faje, cioè le fate assimilate  come nel nord Europa agli gnomi.

Vallepiano, pur sapendo che racconti simili sono già stati pubblicati, li ripropone con passione di ricercatore, inquadrandoli in notizie storiche. Ci ricorda che nel 1486, periodo della Santa Inquisizione, valeva il Malleus Maleficarum, “manuale” contro la stregoneria redatto dai domenicani Jacob Sprenger e Heinrich Istitutor Kramer per mettere in pratica la bolla “Summis Desiderantes” di papa Innocenzo VIII. In val Casotto per esorcizzarla da presenze demoniache come quella del gigante di Piatrabruna salì fin un vescovo esorcista di Mondovì, Michele Ghislieri (poi papa).

C’è un profondo stacco temporale con le raccolte del Wolff del 1932, dedicate alle Dolomiti e riproposte vent’anni dopo  nelle “Alpi” dell’editore bolognese Licinio Cappelli o con le valdostane nella stessa collana: in quei racconti il destino valeva come legge di giustizia e c’era paura, in questi 17 racconti le vicende umane sono dominate dal caso, talvolta beffardo. Si è perso il senso fosco del demonio come dimostra la vicenda di una ragazza invasata che aveva mutato voce assumendo quella di uomo e si aggirava nuda (forse per dimostrare che era comunque donna). Viene esorcizzata con la recita di un rosario in comune e guarisce come può succedere a chi sia afflitto da nevrosi. Altrettanto umana ci appare Magna Matea una vecchia che vive sola e che tre bulli vorrebbero derubare ma la sorprendono mentre nel mangiare invita i suoi quattro denti “a maciullarli per bene”. Lei sottinde i fagioli cotti però li fa fuggire. Poi la vecchia sorpresa da una bufera, poiché nel suo paese nessuno le apre, sarà aiutata in uno più lontano cui lascerà l’eredità.

Storie che sembrano tratte da una quotidianità antica che non spaventa più. Anzi l’autore narra con garbato umorismo e spesso si ride come per il neonato rapito da una strega che, messa a mal partito dalla nonna, lo restituisce diventato bimba e il padre dovrà recarsi all’anagrafe con un “mi ero sbagliato”. Si ride del ragazzo attratto da una streghetta con la caviglia dolorante per una storta, che gli chiede ospitalità e sta con lui come “la calamita incontra il ferro”. Al suo risveglio, lei se n’è andata con l’asino e il padre del ragazzo commenta: “E’ il secondo, l’altro asino la masca di Paroldo l’ha fregato a me quando avevo vent’anni”.

Un aspetto affascinante i profumi perduti di questa società montanara: le mele renette in cantina, la polenta che borbotta nel paiolo mentre nonna racconta ai nipoti.

                       Maria Luisa Bressani

 

Rewind di Guido Barbazza

“Una bellissima, lunga, diritta spiaggia di sabbia grigia, digradante dolcemente sino a inabissarsi nel “gradino”, ove il mare si faceva più profondo”, una descrizione che è atto d’amore, e con rimpianto, dell’arenile di Prà di un tempo. In Rewind (De Ferrari, prefazione di Lucina Bovio, per lei v. la Pagina Italia di ieri, ragazze d'oggi), l’autore Guido Barbazza esprime la convinzione che il Porto costruito al posto dell’antica spiaggia sia un errore tanto più che il Porto di Genova non era utilizzato secondo la reale capienza, com’è evidente dai chilometri e chilometri di banchine e capannoni mezzi vuoti. Il concetto “scomodo” lo fa dire dagli abitanti del quartiere che un tempo coabitavano felicemente con i tanti turisti, che fruivano insieme di quel luogo accogliente, pieno di ombrelloni festosi: “Qui è stato perpetrato uno dei più grandi crimini ambientali della storia. Un crimine contro l’umanità. Hanno fatto sparire tre chilometri di spiaggia. Ci hanno seppellito sotto una discarica. Hanno massacrato, cancellato un paese, ci hanno eliso. Ma dov’erano gli ambientalisti, quando qui facevano cose turche? I nostri politici da strapazzo, telecomandati da capi, a cui del nostro paese non importava un fico secco, ci hanno diviso, imbottendoci di palle sulle migliaia di posti di lavoro e la ricchezza che sarebbe derivata da questo Porto senza senso”.

Barbazza, ingegnere e capitano di mare, è un innamorato di Prà come testimoniano le sue molte pubblicazioni da Antologia Praese, a Prà qui Prà là, al giornale “Il Praino” da lui fondato nel 2009; è anche autore di romanzi: Salvate il Generale e Il Diavolo e l’Acquasanta. In questo libro si cimenta nel giallo e la storia ha per protagonista Giorgio Bignone, un americano agente della CIA, però originario del luogo, coadiuvato da un’avvenente poliziotta, il cui lato b, esaltato dai pantaloni della divisa, non ha niente da invidiare a quello della nota Pippa.

L’avvio è con lo schiantarsi della settima grande nave contro la diga del Porto di Prà e con l’uccisione da parte di un serial killer di eccellenti sui cui cadaveri lascia un biglietto con scritte del tipo: “Nemico del popolo, nemico dell’ambiente...” Proibito raccontare la trama di un giallo, però il finale presenta sorprese non-scontate, con attinenza al paranormale, agli avatar, ad X-Files. Perciò il libro piacerà anche ai più giovani che amano questi sfondi sovraumani. La riflessione possibile è che tali nuovi personaggi non provengano da spazi remoti, ma rappresentino una coscienza collettiva, che nasce dal passato e si proietta nel futuro per ammonirci a non autodistruggerci. A questo riguardo due frasi del libro mi sembrano significative: “Se vuoi capire un paese passeggia nel suo cimitero”, e: “Come può un popolo lasciarsi stuprare, annullare, senza far niente?”. Il racconto, davvero mozzafiato, che costringe ad andare all’ultima pagina senza pause, ha il valore aggiunto di quadri marini: “Il branco di sgombri guizzante nell’enormità blu del mare di luglio in cerca di acciughine, le conchiglie (i cornetti come le turritelle, le più ricercate dai bimbi), i quattro ragazzi che mettono in mare un canotto provocando grandi schizzi con i piedi nudi che battono ritmicamente la ghiaia effervescente...” E di quadri storici dove qualche elemento del passato si fa, senza infamia anzi con decoro, connotativo del paesaggio: la Casa del Fascio, la Torre del Grillo, il cantiere Tixi, fin un nome “Sextum”, buttato nella conversazione più semplice senza peso didattico, ad indicare Sestri e la sua origine romana.

                               Maria Luisa Bressani

 

Vento assassino

di Barbara Carminati

 

Il vento assassino di Barbara Carminati

Cetona, provincia di Siena. Ale dopo aver aspettato Sergio per ore davanti alla chiesa della collegiata decide di tornare a casa ma non sa che quel pomeriggio sarà l’inizio della sua nuova vita. I protagonisti, un ragazzo, Ale che di professione fa il meccanico, è un ragazzo introverso con pochi amici attorno, una ragazza, Chiara, ex ragazza di Alessandro e poliziotta di Milano,  e un brigadiere, Oreste paffuto e integerrimo carabiniere,  si incontrano sulla scena di un crimine che coinvolge tutti e tre. Il problema da risolvere è perché è stato ucciso Sergio e da chi? Cosa c’entra la polizia in un’indagine dei carabinieri?

Ale e Chiara si ritrovano proprio in questa triste occasione e mettendo da parte i rancori passati collaborano con Oreste per cercare di risolvere il mistero.

In un susseguirsi di colpi di scena si arriva all’inaspettato finale e all’inizio di una storia d’amore.

 

Barbara Carminati è un’informatica, ha lavorato per anni in un’azienda di Milano come programmatrice e poi si è trasferita a Bobbio nel 2007 per continuare a fare consulenze nello stesso campo. Nel tempo libero legge e dipinge.

Un giorno decide di scrivere un racconto che poi diventa un romanzo breve.

Il libro  “vento assassino” nasce dalla voglia di provare a scrivere ciò di cui ha letto di più in assoluto “libri gialli”, a partire da Agatha Christie e Arthur Conan Doyle.

A proposito di pittura: ultimamente ha partecipato al concorso di pittura estemporanea “memorial Dino Cella” organizzato dal Lions Club Bobbio vincendo il quarto premio.

 

E' il Castello Malaspina di Bobbio e val la pena di farlo vedere in queste due versioni di Barbara. Noi "bobbiesi" d'adozione a certe cose ci teniamo e se possibile ne facciamo pubblicità

Aggiungo ora la prefazione, non mia però) ad uno dei tanti libri di Agatha Christie. Non ricordo chi l'abbia scritta e a quale libro fosse anteposta però l'ho conservata perché dice bene come era la scrittrice e un po' spiega i motivi del suo fascino per i lettori

 

      
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