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10.  INDICE TERRE   II: BOBBIO

 

Dino Mantovani   - Il comico Dario Mantovani, detto "Taiadela" di qua e di là del Po -  (2005)

Da Gianfranco Scognamiglio -Speranza per un Parco Interregionale dell'Appennino Ligure -Emiliano con

Quadro del Ponte Gobbo di Bobbio dipinto da Italo Londei subito dopo la guerra Il Giornale 30 luglio 2009

       "                     "                  - San Napoleone (Insorgenze antinapoleoniche nel piacentino) - Il Giornale 29 giugno 2006

Gianluigi Olmi ricorda Alberto Nobile in Saggio di M.L.Bressani su Archivum Bobiense n.33 -  2011

         "             "                       - Il vino di Monsignore - Il Giornale 27 dicembre 2006

Foto Targa per Nobile a Santa Maria e foto di tre quadri donati alla GAM di Nervi che si spera vengano esposti con un ricordo dell'artista in questo anno 2014 di celebrazioni in Bobbio con presenza del cardinale Angelo Bagnasco il  13 luglio, dato che Nobile con Mandelli e Olmi allestirono il I Museo dell'Abbazia

Alberto Nobile ricorda Papa Giovanni XXIII, poesia datami dalla moglie Vanda in occasione della canonizzazione.

Italo Londei (fondatore della VII GL - Valtrebbia) - Lettera su come si originò la sua passione per la pittura - Saggio di M.L. Bressani  Archivum Bobiense n. 29- 2007

Germano Beringheli principe della critica d'Arte a Genova illumina i quadri di Italo Londei con la sua critica, ABob n.29 - 2007

Chiusa articolo in morte di Beringheli e foto del critico - Eliana Quattrini Corriere Mercantile 5 aprile 2014

XIX Cammeo Italo Londei dirittura fisica e morale di ex ufficiale 

Tanti Quadri nel salotto in Casa Londei (foto di Albarosa Camaldo)

Italo Londei ricorda Alfredo Ragaglia, mio zio e suo partigiano in GL  -  2007

Il dottor Nico Politi, mio cugino, La Trebbia 21 gennaio 1993 

Foto Maria Luisa e Nico a cavallo al maneggio di Genova

Emanuela Politi  Chargé de Mission per il Governo Granducato di Lussemburgo:  La Trebbia 10 aprile 2014

Contro le falsità: Colonia Carenzi La Trebbia 18 ottobre  2012

XX Cammeo L'antiberlusconismo su Internet non è oro colato

Gianluigi Pasquali e Mario Zerbarini     - Dizionario del Dialetto Bobbiese - Il Giornale 9 ottobre 2007

Copertina  libro del prof.Mandelli Il Dialetto Bobbiese con note di grammatica e testi antologici (Tipografia Columba,  Bobbio 1995)

Meandri del Trebbia a S. Salvatore, foto

Foto Primo Premio Letterario Città di Bobbio (1979) organizzato Gabor Line e rivista L'Assieme

Mario Zerbarini: Come il dottor Colombetti seppe reinventare l'ospedale di Bobbio - Libertà 4 settembre 2014

Lo Scriptorium dove a Bobbio s'impara la scrittura dei monaci Il Giornale 14 luglio 2006

Giovanni Magistretti    - La Via degli Abati da Bobbio a Pontremoli - (autore di tre libri al riguardo)

Fabrizio Bertuzzi e il CDF (centro Documentazione Fotografica Valtrebbia): Per una Fototeca della VALLE in Saggio M.L.Bressani su Archivum Bobiense n.30-2008

Piero Alloisio l'ideatore del CDF e Il Duomo di Milano (ibidem)

Descrizione della Veneranda Fabbrica del Duomo di cui Alloisio è stato fabbricere per 15 anni (ibidem)

Foto di Valtrebbia dal CDF (ibidem)

Anna Bianchi regista e sceneggiatrice cortometraggio "Tu che sei diverso" vincitore Cinema per la Scuola Il Giornale 2 novembre 2007

La via Francigenza di Giovanni Ferrero assessore alla cultura a Montebruno, mio unico articolo su Repubblica 28 settembre 1999

Articolo su S. Colombano di M. L Bressani sul  vincintore Premio UCSI Liguria sul Giorno 28 settembre 1999 (non avevo mai notato la coincidenza delle date)

Foto Giorgio Bubba e sindaco Roberto Pasquali- Premiazione alla carriera da parte dell'UCSI dei giornalisti:

Gianfranco Scognamiglio, Maria Luisa Bressani, Guido Ghersi, don Guido Migliavacca e Mons. Piero Coletto (comunicatore) 19 maggio 2007

Foto Sara Gibelli e Aldo Vinci voci di Ida e Edi alla presentazione Lettere d'amore e di guerra all'Auditorium Santa Chiara 10 giugno 2006

Altre Foto presentazione

Giorgio Bubba racconta in breve la storia della Diocesi di  Bobbio e dell'Abbazia: è la zampata del vero giornalista 

Gigi Bertacchi articolo su Cronaca di Piacenza (unita al Giorno) sulla presentazione delle Lettere 12 giugno 2006

Irene Malacalza articolo su La Trebbia per i vent'anni fondazione Lions Club con intervento  di Mario Cervi La Trebbia  25 novembre 2004

Il Convegno più recente a Genova: Il Monastero di Bobbio e il Monachesimo celtico Il Giornale 14 ottobre 2010

 

 

 

 

Genova - Bobbio Un legame lungo mille anni, Mostra al Ducale Il Giornale 10 maggio 2005

Quinto Marini Frati Barocchi recensione su Archivum Bobiense n.23 - 2001

Paolo Todde:  "Editto di Rotari: Bobbio- San Gallo"

Due fotodi Piero Alloisio: Convegno "Genova e Bobbio tra Storia e cultura". Salone del Vescovado di Bobbio- La Trebbia 30 settembre 2004;

Presentazione Archivum Bobiense alla Biblioteca Berio di Genova La Trebbia 28 ottobre 2004

Il professor Flavio Nuvolone e Archivum Bobiense, Convegno nel 2009 e servizio di Renzo Jacobelli La Trebbia I ottobre 2009

Saggio Forni a Pane di M.L.Bressani su Archivum Bobiense, n.26 del 2004: Quel buon sapore di pane da Argo, La Fiera Letteraria 25 luglio 1976

e disegni di forni di Luisa Dassenno Mambriani e foto di Tiziano Carboni e a fianco copertina del libro della sua mamma Fede Ganimde Carboni Dulcis Amara- stagioni di fiori e di vita (sulla flora locale fatto studiare grazie ala sindaco Roberto Pasquali nelle scuola media di Bobbio)

Dulcis in fundo: Foto del ponte di Casanova scattata da Gisa Bagnara Mattrel per il saggio "Un futuro per i Mulini di Valtrebbia" scritto in collaborazione con M.L.Bressani su Archivum Bobiense n.25 del 2003 e copertina per il corteo storico  "Festa Malaspiniana" del 2002 ad Ottone;

Disegno a matita e carbone dedicato alla madre che impasta nel 2004 da Romano Bertuzzi di Forno di Sotto (Val Trebbia) da Forni e pane di M.L.Bressani n.26-2004

San Colombano? Ha statura europea Il Giorno 15 novembre 2001

Foto 2013 di Giovanni Marcellino: Camino in Contrada Porta Agazza 3: al pianterreno  è il negozio Merlino Computer:

A fianco foto del quadro di Giorgio Pitone, poeta e pittore,  "A sera" pubblicato nel Saggio Forni e pane di M.L.Bressani su Archivum Bobiense n.26-2004

I 100 annidella Salumeria di Porta Nova

          

BOBBIO

Speranza di Gianfranco Scognamiglio

per un Parco Interregionale dell'Appenino ligure-emiliano


Qui sopra inizio con un articolo tratto da una ricerca del bravo giornalista piacentino Gianfranco Scognamiglio  che prevede un unico parco naturale tra Liguria ed Emilia.  Il quadro è il bellissimo Ponte Gobbo di Bobbio dipinto da Italo Londei nell'immediato dopoguerra e poi replicato e di cui Londei stesso, fondatore della VII GL Valtrebbia e capopartigiano di mio zio Alfredo, mi ha fatto omaggio.

Non solo continuando sul filo dei ricordi più cari per me, il giornalista Scognamiglio lo incontrai a Levanto dove venne a salutarmi con la moglie dopo che il Professor Francesco De Nicola insieme a me aveva presentato le Lettere dei miei genitori su invito dell'Assessorato alla Cultura. Straordinaria esperienza nella piazza grande di Levanto e un caro ricordo da cui nacquero articoli su La Libertà di Piacenza scritti egregiamente da Scognamiglio quando il libro fu presentato a Bobbio e con il caro ricordo della sua intelligente moglie che non è più.

Di Scognamiglio riporterò anche la recensione al suo San Napoleone (insorgenze antinapoleoniche) che mi fruttò dal lettore Andrea Cevasco un "brava Bressani" ma avevo solo scritto di un bel libro e compito di un giornalista attento come ha sempre dimostrato di essere Scognamiglio è anche guardare la realtà contemporanea o del passato da ottiche inusuali, diverse. Quindi il merito a Scognamiglio.

Per Scognamiglio vedere anche P. Storia articolo su Libertà Immagini d'esilio di Antonio Mor (1912-2002)

Ricordo di Gian Luigi Olmi su quando con Alberto Nobile e il prof. Enrico Mandelli allestirono il primo Museo dell'Abbazia di Bobbio.

"Ci chiamavano 'gli strambi'"

(Saggio Bressani su Archivum Bobiense)

 

Il comico Dario Mantovani detto "Taiadela" di qua e di là dal Po

del figlio Dino

“Ridere in compagnia si sta lontani dalla farmacia” è una frase di Tajadéla (soprannome per “tagliatella”), un celebre comico-cantastorie nelle piazze della Valle Padana. Si ride e tanto leggendo l’insolito, originale e perciò tanto più prezioso Il comico Dario Mantovani detto “Taiadela” di qua e di là dal Po (Graphic Sector di Genova), scritto dal figlio Dino. In copertina una foto del papà, “unico, tosto” come lo definisce e nelle quattro di contorno nell’imitazione di “marito geloso”, “ubriaco”, “comico” e “scemo”, alcuni suoi personaggi della quotidianità rurale. Le 116 pagine scorrono lievi tra una barzelletta e l’altra delle tante da lui inventate, che raccontò dal 1926 al ’50, quando morì nella sua Buick a Ponte Rabbioso di Bagnolo Mella. Di queste, una  sulla visita di leva fa capire quell’umorismo sorgivo, quasi ruspante, negli anni prima della II guerra mondiale in cui il servizio militare era ben ambito. Al primo che si presenta l’ufficiale esaminatore chiede cos’abbia da dichiarare. “Sono un po’ debole di reni” e l’ufficiale: “Debole di reni sono io, debole il colonnello, debole il generale, tu sei abile!” Lo stesso accade con il secondo che si dice depresso, ma il terzo: “Signor tenente, sono scemo”. Allora il tenente: “Riformato!” e Taiadela, che si era esibito nell’imitazione: “Scemo sono io, scemo è il colonnello, scemo il generale, dopo avermi visto così, il tenente non poteva più dirlo”.

Resta famoso il “Vincere! Vincere” che cantava nel 1944, ma con mossa all’indietro (culindré) che gli valse un severo ammonimento al comando locale (vicino a Modena) dove l’aveva accompagnato un tipaccio delle Brigate Nere.

La guerra irrompe luttuosa. La moglie, Maria Modenese, tirava i caplét di sfoglia fatta con la cannella nella casetta allestita dal comico per portarsi dietro la famiglia su un camioncino Fiat a tre marce. Il 23 aprile del ’45, a 33 anni, ferita mentre andava al rifugio, muore. Dino, allora quindicenne, narra a ciglio asciutto come fa chi le lacrime se le tiene tutte dentro e per questo ci coinvolge ancor più.

Nella saga familiare, con Taiadela fin dall’esordio, il clarinettista cieco Nadir che trascinava la gente con la Mazurka di Migliavacca. In un rastrellamento poiché un partigiano aveva ucciso un ufficiale tedesco, tra i dieci prelevati dalle case vicine c’è anche Nadir. Dovevano essere fucilati a meno che non si presentassero i partigiani colpevoli, che però latitarono. Un ufficiale tedesco, trasgredendo alla legge di guerra tedesca del “dieci per uno”, li salva tutti e Dino scrive: “Va detto per non dimenticare”. E ricorda lo sfondamento del fronte da parte degli inglesi nell’aprile 45, quando a Felonica Po tanti carristi, per attraversare il fiume, morirono dentro ai carri armati. “Per più di un mese – afferma - si videro passare cadaveri di tedeschi (circa 100mila tra prigionieri e morti) e gli sciacalli andavano a derubarli con le barche”.

Nel libro uno spaccato d’Italia, con tradizioni scomparse come la mistocchina calda di Ferrara (sfoglia di castagnaccio) e  alla fine un’appendice sul Luna Park, da incorniciare in quanto storia irripetibile.

                       Maria Luisa Bressani

 

 

 

 

 

La recensione al libro su Taiadela ha introdotto un po' dello spirito di Bobbio ed Emilia

Una premessa a questo scritto del professor Gian Luigi  Olmi per l’amico Nobile per spiegare quell’appellativo affibbiato un tempo da bobbiesi buontemponi. “Strambi” mi ricorda la serietà dei “puri folli” di Diogene, il periodico di cultura che ospitò diversi studi di Nobile[1]. Il direttore Gian Luigi Falabrino, per spiegare il “Perché” della rivista, scrisse: “E diciamo che la parte dei “puri folli”, di coloro che nel proprio angolo combattono senza speranza di vittoria, non ci spaventa; e che non possiamo “tradire”, rinunciando alla nostra piccola testimonianza”.

 

Gian Luigi Olmi  ricorda Alberto Nobile.

 

“Sono ormai l’unico a poter testimoniare la bella stagione che, negli anni ’60, mi ha visto vicino al pittore Alberto Nobile e al Professor Enrico Mandelli. Sono stati anni che ancora conservo nella memoria con quella dolce nostalgia, che si accompagna per altro al ricordo dei miei anni giovanili.

Il sodalizio con questi due amici mi fece partecipe, in quegli anni bobbiesi così ricchi di fermenti culturali, di una stagione ricca d’iniziative, proposte e sogni che originavano dall’amore per Bobbio, la cui storia, bellezza e potenzialità sembravano incalzarci ad agire.

Il Prof. Mandelli – il più anziano di questo sodalizio a tre – era la nostra memoria storica. Dava il suo contributo con quella sicura determinazione e con cipiglio da ufficiale di cavalleria, mescolando riferimenti letterari e frasi in bobbiese, sempre però calzanti al proporre, suggerendoci felici intuizioni operative.

Ma in questo terzetto di ‘strambi’  (come qualcuno ci definiva) io, allora ventenne, trovavo in Alberto le maggiori affinità nel ‘sentire’ anche in ragione delle basi di cultura artistica che ci accomunavano. Lui era già un pittore di fama  le cui benemerenze nel campo dell’arte lo avevano portato a ricoprire la prestigiosa cattedra di ‘figura’ presso il Liceo Artistico di Genova. Io, più modestamente, uscivo allora dall’Accademia di Brera, ma proprio per i miei trascorsi, intuivo la genialità e la grande bravura che, in Alberto, si associava ad una notevole sensibilità artistica.

Lo ricordo ancora in quelle estati bobbiesi col suo sorriso e la sua ondeggiante e apparentemente indolente andatura con cui trascinava la sua robusta figura di quarantenne, che me lo faceva apparire simile a un lucumone estrusco, quelli che solitamente si vedono scolpiti sdraiati sul triclinio.

Ai tavolini del caffé Davico, nell’ombra di quelle giornate estive mentre si discorreva piacevolmente d’arte e di cose bobbiesi, bastava che apparisse un foglietto o un tovagliolino di carta che subito Alberto si metteva a schizzare, quasi con noncuranza, cose bellissime con quel tratto veloce e sicuro dei grandi maestri della grafica. In una di tali occasioni riuscii ad avere un suo disegno estemporaneo raffigurante due figure, che nulla avevano ad invidiare ai disegni picassiani del periodo mitologico. Lasciando al bianco della carta le carni ignude della figura femminile, sparse col dito della Coca Cola, presente sul tavolino, sul corpo virile dandogli un geniale contrasto che accentuava il carattere delle due antomie.

In queli anni il Prof. Mandelli aveva composto la prima Guida di Bobbio che nel ’61 aveva anticipato quella di Don Tosi. Ricordo la facilità con la quale Nobile schizzò su carta verde la copertina con la quale la pubblicazione fu poi data alla stampa, così come un cartoncino ‘menu’ per il ristorante Barone (presso il quale sovente soggiornava) disegnato con quella scioltezza ed eleganza che la sua mano sapeva tracciare. Grazie alla sua confidente amicizia ottenni da lui un’imponente decorazione murale di 23 metri quadrati, che tuttore adorna la parete di una sala di casa mia. Nel giro di due giorni completò il lavoro e, con quella rapidità e sicurezza del tratto che contraddistingue i veri maestri, tratteggiò l’immagine di un banchetto dove figure del mito si alternano a donne ignude, animali e nature morte.

Anche mia madre apprezzò il lavoro di Alberto anche se – in ragione delle incombenti nudità del dipinto – in occasione di periodiche benedizioni della casa da parte del parroco si preoccupava di dirottare prudentemente lo stesso verso locali più consoni alla circostanza.

Nel 1962 l’impresa che impegnò maggiormente il nostro terzetto fu la realizzazione del Museo dell’Abbazia. Preceduto da discussioni affrontammo galvanizzati il compito, incoraggiati dalla disponibilità dell’allora parroco di S. Colombano Don Pietro Malacalza. Fu lui (a cui dovrebbe andare tra l’altro la riconoscenza dei bobbiesi per aver trasfromato un orto di fagioli nella bella piazza Santa Fara) a permetterci di metter mano nel polveroso deposito della cripta dove si affastellavano importanti reperti dell’antica basilica paeocristiana.

Iniziammo così l’avventura dell’allestimento del museo usufruendo delle prime quattro sale dell’ex scriptorium. Soldi naturalmente non ce n’erano. Quei pochi – offerti con generosità da Don Pietro – furono utilizzati per predisporre i supporti per capitelli, lastre, anfore ed altri reperti. Mi fu dato l’incarico di tali realizzazioni e ricordo di aver passato intere giornate dal fabbro intento a tagliare e saldare ferri e tondini. Naturalmente operavo in stretto rapporto con Alberto Nobile con il quale divisi esperienze curiosamente avventurose. Fu quando ci recammo a S. Salvatore su segnalazione di Don Malacalza, che indicava nel piccolo oratorio locale la possibilità di rinvenire qualche pezzo interessante. A me toccò il compito di issarmi nel sottotetto della chiesetta dove rinvenni, parzialmente tarlata, una statua lignea ricoperta di una vecchia veste con il simbolo del ‘Sacro Cuore’. Svestita da tali arbitrari e mal messi abiti in tela dipinta, ci apparve l’indice di una mano indicante il bubbone sulla coscia. Si trattava di quella preziosa statua di S. Rocco, che ancora si può ammirare nell’attuale rinnovato museo. Sempre a S. Salvatore ci toccò contendere un grande capitello ad intrecci viminei con un tale che ce lo lasciò a malincuore, servendogli lo stesso come supporto rialzato per la damigiana quando imbottigliava.

Il 1° settebre 1961 – dopo discussioni, suggerimenti (ed anche amichevoli bisticci tra noi tre) – il Museo dell’Abbazia venne inaugurato da Mons. Zuccarino. Fu un passo importante per Bobbio che non esiterei a definire eroico per le circostanze, i limiti delle forze e le difficoltà allora incontrate.

Il Museo, oggi rinnovato con ben altro supporto economico ed altre competenze, è debitore di questa prima fase, che ha aperto alla realizzazione del più importante polo di cultura artistica di Bobbio.

Nel 1964, nell’imminenza del 27° cinquantenario della morte di S. Colombano, pensammo di dare un contributo alle celebrazioni. Discutemmo il caso e ricordo in proposito che Alberto Nobile, con felice intuizione, schizzò rapidamente la figura di un imponente candelabro con richiami all’arte barbarica altomedievale. La cosa ci entusiasmò definendo anche la collocazione del manufatto a ridosso dell’abside all’esterno della piazza di S. Fara. Il problema di realizzare, sulla scorta dello schizzo d’Alberto, un pezzo di una decina di metri mi venne affidato per la naturale dimestichezza col vecchio fabbro Livi, che esercitava il suo mestiere in una baracchetta in Valgrana, oggi scomparsa. Là nei pressi, tra la ferraglia, vi era un grande cilindro forato, originariamente usato come vaglio per la ghiaia. Lo adocchiai come elemento portante e anima della ‘scultura’ che completai con l’aggiunta di quegli elementi suggeriti dallo schizzo di Nobile ed incastonandovi,a guisa di pietre preziose, ciotoli colorati della Trebbia. Per la fiamma che, doveva ardere alla sommità, predisposi un vano atto a contenere una bombola a gas che veniva portato ad ardere alla sommità tra forche da fieno, che costituivano la corona terminale. Soddisfatti del risultato lo posizionammo in loco come previsto. Mandelli, anch’egli sempre presente nelle varie fasi dell’intervento, chiamò col termine di “lolica”[2] questa piacevole ferraglia. Il Professore (come io e Alberto lo chiamavamo) amava escogitare termini curiosi ed il significato mi è tuttora ignoto nonostante varie ricerche lessicali.

Non potendo elencare tutti gli interventi di Alberto Nobile nel periodo dei pochi anni trascorsi a Bobbio, voglio ricordare di lui, uomo di notevole cultura artistica, un pregevole ed importante studio sugli affreschi bobbiesi di Bernardino Lanzani, che trovò fortunatamente l’occasione della stampa sulla rivista “Columba” (1964).

La prematura morte di Nobile avvenuta due anni dopo, nel 1966, fu per Bobbio una grossa perdita e per noi il venir meno a quel collante operativo, che aveva fatto così ricco di proposte e di entusiasmi il periodo degli anni precedenti.

In anni successivi perorai la causa di dedicargli come meritava una strada di Bobbio. L’invito venne accolto dall’Amministrazione che gli dedicò una via nella frazione di S. Maria non essendo al tempo un’analoga possibilità nell’area urbana bobbiese. urtroppo nella frazione è assai frequente il cognome ‘Nobili’ la qual cosa ha forse ingenerato qualche equivoco. Ma tant’è: un ricordo di Alberto comunque esiste. Il fatto che il Suo nome sia posto alle falde del Penice forse a lui sarebbe piaciuto”.

 

 


 

[1] Gian Luigi Falabrino, O.c., Genova,  I numero del febbraio ’59, introduzione..

 

[2] Michele Tosi, Columba 2, 1964, p 73-75, saggio per il 27° cinquantenario della morte del Santo. Tosi descrive così il momento della benedizione: “La grande fiaccola venne accesa da Sua Ecc. Mons. Vescovo Zuccarino e arderà tutto l’anno all’ombra del campanile dell’Abbazia, nella piazza che porta il nome di una Monaca di Colombano: S. Fara”.

 

Lettera di Italo Londei (fondatore VII GL in Valtrebbia)

su come si originò la sua passione per la pittura

“Fin da bambino osservavo mio padre ogni volta che s’impegnava in disegni a carboncino e anche in dipinti, soprattutto d’ambiente paesistico. Mi divertivo molto e mi sentivo orgoglioso per le sue buone qualità d’artista.

Passato alle scuole elementari ebbi modo di far subito notare ai miei signori insegnanti le mie seppur modeste attitudini al disegno, tanto da meritare l’incarico di “decorare” i quaderni di bella copia di tutti i miei compagni di classe: sia preparando la lettera iniziale con disegno e colori, come ammiravo nelle pagine di vecchi manuali, sia con disegni adatti ad illustrare gli scritti successivi. Ricordo soprattutto gli apprezzamenti del mio maestro di quarta classe, Sig. Antonio Lombardi, noto artista non solo come filodrammatico ma anche per le sue originali intuizioni nell’uso del colore in arte grafica.

In classe mi era riservato un vano a fianco della cattedra, dove potevo cimentarmi nel lavoro affidatomi senza essere distratto dai compagni. In terza classe ebbi l’incarico di riprodurre un ramo di ciliegio con frutti maturi, che un compagno aveva portato dalla campagna per farne dono a tutta la classe. Era un ramo piuttosto grosso, con molti frutti e foglie. Per questo motivo mi fu dato un foglio grande e quant’altro potesse servire, compresi i colori a pastello. Terminato il lavoro, la maestra lo portò al suo collega maestro Lombardi e insieme decisero di inviarlo a Roma, ad una mostra d’arte infantile. Ebbi la sorpresa di ricevere il primo premio: insieme alle parole di elogio, una somma di Lire 400. Un mio compagno di allora, incontrato di nuovo solo qualche anno fa, ebbe a raccontarmi qualcosa che ignoravo: nei momenti di maggiore impegno come illustratore, istintivamente mostravo la lingua tra i denti; credendo che fosse quello il segreto del mio successo, i compagni avevano provato a disegnare con la stessa “tecnica”, ma non con lo stesso risultato!

Passato alla scuola media e poi all’istituto magistrale, sviluppai la mia attitudine aiutando i compagni nei loro disegni e dipingendo piccoli quadri per abbellire un lungo e ampio corridoio nell’edificio comune alle due scuole. Visto l’alto voto in disegno sulla mia pagella dell’ultimo anno, la commissione dell’esame di abilitazione mi aspettò al varco il giorno della prova e mi chiese se avessi studiato i Promessi Sposi. Risposi che conoscevo bene il romanzo del Manzoni e fossero loro, i Professori, a chiedermi quale scena illustrare. La scelta cadde sull’incontro di Don Abbondio con i Bravi ed io mi cimentai alla lavagna con i gessetti colorati. Il voto sulla pagella fu così riconfermato sul diploma magistrale. In seguito, avendo iniziato a frequentare il Politecnico di Milano quale studente di ingegneria civile, migliorai la tecnica del disegno.

Dopo il servizio militare, la guerra, e il matrimonio, per molti anni dedicai la maggior parte del mio tempo alla famiglia e al lavoro di maestro elementare, prima in varie sedi della Val Trebbia e poi a Milano. A scuola comunque mi tenevo in esercizio come illustratore, attività che mi veniva richiesta frequentemente. Le mie buone qualità di illustratore e di grafico non sfuggirono neppure al clero di Bobbio, che ricorse a me due volte: per preparare una pergamena in occasione della nomina di Monsignor Zambarbieri a Vescovo di Guastalla e, successivamente, una pergamena per l’inaugurazione del nuovo altare della chiesa di San Colombano a Bobbio. Il parroco di allora, Monsignor Malacalza, insistette perchè io ponessi la mia firma sulla pergamena, che poi fece murare nell’altare. Dopo il pensionamento ho avuto più tempo per perfezionare la mia arte. Recentemente ho allestito a Bobbio una mostra di soggetti in bianco e nero e anche colorati, ma comunque ad inchiostro. Le opere più importanti, ad olio su tela, sono sempre rimaste nella mia casa, salvo alcune regalate a parenti e amici, e non sono mai state mostrate in pubblico.

I miei soggetti sono quasi sempre tratti dal mondo naturale. Scelgo il soggetto dopo un attento esame, spesso ripetuto durante la giornata, della luce e delle ombre, ombre proprie e ombre portate, e del conseguente mutare del tono delle tinte. Ogni dettaglio ha importanza nel rendere la bellezza delle cose naturali. Poi procedo per gradi: un disegno accurato a matita è seguito da uno ad inchiostro di china, che a sua volta serve da supporto alla stesura delle tinte. La mia non è arte informale. Chi osserva una mia opera deve subito riconoscere la situazione e provare le stesse emozioni che il soggetto ha suscitato in me nel corso dell’opera.

 

Italo Londei   

 

Il salotto di casa Londei a Milano dove si vedono Italo e la moglie che era ammalata e che lui vegliava con grandissimo affetto, come Italo nella sua sensibilità non mancò mai di scrivere un ricordo dei suoi partigiani. Potete vedere la festa dei suoi colori, la perizia sicura della sua mano di disegnatore quasi da incisore. Questo quadro ritrae delle bambine in gioco nel parco Litta ad Affori (Milano) vicino a casa

Non solo poi inserisco il ricordo di Italo per mo zio Alfredo sui partigiano e poiché le occasioni di ricordare persone care della propria famiglia non è così frequente inserisco subito sotto un articolo sulla Trebbia per mio cugino Nico invitato come medico specializzato in cardiologia per ad un Congresso medico ad Amsterdam

        

Il Dizionario del dialetto bobbiese

di  Gigi Pasquali e Mario Zerbarini

La Via degli Abati da Bobbio a Pontremoli

a cura di Giovanni Magistretti

(autore di tre libri sul tema)

Di Nobile Eccidio di Pozzolgroppo (che è già stato scelto per una prossima mostra commemorativa del pittore a Voghera sua città natale) e Profeta Ghestaltico  (modernissimo, non a caso Nobile è stato accostato a Kokoschka e a Bacon) che è uno dei tre quadri alla GAM di Nervi, di sotto  sempre alla GAM la splendida Sera piovosa. I verdi di Nobile incantavano il prof. Sborgi, padre di Franco  critico d'Arte.

        

Fabrizio Bertuzzi e il CDF (Centro Documentazione Fotografica Valtrebbia):

Per una Fototeca della Valtrebbia!

 

           

Dato che questo materiale del CDF  è già presso il Centro Polivalente se il Comune costituisse una Fototeca della Valtrebbia vi potrebbero confluire altre raccolte private d’epoca e altri libri, penso se già non è in biblioteca a Le case del pane dell’architetto Fabrizio Bertuzzi con foto di Ettore Degradi e uno spaccato sugli artisti della valle tra cui il suo omonimo di Cassolo ha dedicato alla madre che fa il pane un’immagine che è omaggio a tutte le donne di ValTrebbia che hanno praticato quest’arte o al recentissimo Le cascate in Valperino di Gianfranco Scognamiglio con foto di Emilio Marina di Bettola puntuale per la possibile costituzione di un Parco dell’Appennino Piacentino che metta in comunicazione quello dell’Antola (Genova) e quelli di Valceno e Valtaro (Parma).

Al Centro Polivalente è già stato dato per consultazione un CD con 400 foto d’epoca di Luigi Pasquali che ha attinto alle raccolte di Anna Bottazzi e di Mario Oppizzi   ed è autore del sito il notiziario bobbiese www.ilnotiziariobobbiese.net .

Ogni pubblica amministrazione deve fare conti di budget, perciò il calcolo di un possibile ritorno va fatto oltre che sul ritorno di immagine che è certo anche su un possibile ritorno remunerativo attraverso attività e operazioni di marketing.

Attività come Seminari per i turisti, per associazioni ricreative, per scolaresche, che conoscendo così la valle, possano amarla  e sentire il dovere di un prendersi cura e non di un contatto “mordi e fuggi”.

Collegamento con il Museo Etnografico Callegari di Cassolo dove è ora l’Archivio Bertuzzi che è da catalogare e informatizzare: di qui - di nuovo -possibili collegamenti con l’Università e studenti laureandi o specializzandi, con i ricercatori. Come un collegamento con l’Università è auspicabile per catalogare e conservare il materiale fotografico del CDF: A Genova molta informatizzazione di Biblioteche storiche è avvenuta grazie al lavoro di studenti esperti d’informatica e grazie ad una legge che li incentivava.

Un rimpianto per qualcosa che in campo cultural-legislativo esisteva e non è più viene da parole di Riccardo Vlahov.

Vlahov ha pubblicato per conto dell'Istituto per i Beni Culturali della Regione Emilia-Romagna (IBC), assieme alla collega Maria Luisa Masetti La Fotografia. 1. Tecniche di conservazione e problemi di restauro, edito da Analisi (Bologna, 1987), un volume pietra miliare nel campo della conservazione e del restauro fotografico, di cui si sono avvalsi conservatori e restauratori della nostra nazione (e non solo). E ad esso hanno attinto Silvia Berselli e Laura Gasparini per il manuale L'archivio fotografico (pubblicato nel 2000) oggi l’opera più recente cui attingono restauratori e conservatori.

Mi ha scritto Vlahov, la cui famiglia possedeva in Zara, italianissima città martire dell’ultima guerra, una fabbrica di Maraschino, la cui fama negli anni venti campeggiava in un’insegna luminosa nella newyorkese Broadway:

“Se l'IBC (Istituto Beni culturali) potesse svolgere ancor oggi, come nei primi anni '80, una capillare "ricerca sul campo", sarebbe possibile costituire una rete di piccoli archivi fotografici riguardanti la documentazione dell'Appennino, con sede fisica nei principali centri montani, collegati via Internet per la consultazione e lo studio delle immagini digitalizzate e rese disponibili in rete. Non è mai troppo tardi per intraprendere questo progetto, a partire dal salvataggio di archivi fotografici, come quello del CDF Valtrebbia. Per i costi il materiale CDF includendo anche le foto del CD, trattandosi di un migliaio di foto, per i materiali idonei ad una corretta archiviazione potrebbero richiedere poca spesa e potrebbe essere agevolmente integrato (a costi di gestione limitati) in una biblioteca bene organizzata, magari in un grosso centro di grande prestigio culturale, appartenente all'area geografica rappresentata nelle fotografie, come appunto la città  di Bobbio. Più¹ spesso si ospita per "dovere", lasciando nell'oblio, seppure accuratamente conservate, le immagini. Più¹ raramente, si "adotta" con entusiasmo l'archivio fotografico, dandogli la possibilità di fare "rivivere" e di fare "lavorare" le immagini.

Però la documentazione fotografica sulla cultura materiale, quella relativa alla montagna è scarsissima, se non addirittura rara, rispetto a quella assai consistente della pianura o della fascia pedocollinare. Purtroppo l'entusiasmo non è proprio delle istituzioni, ma solo degli operatori che amano il proprio lavoro e credono nel suo valore”.

           COSA LASCIA BERTUZZI?

L’archivio Bertuzzi è diventato Fondazione ed è stato affidato all’amico Dino Magistrati Direttore del Museo Callegari di Cassolo, con il quale misero a punto il progetto <<Acque dolci e salate – Antica Via dei Guadi>> per rivitalizzare antichi cammini e che portò presso il Museo Etnografico alla bella Mostra “Sguardo nel passato” del 2003, dove erano foto del CDF.

Per rivitalizzare gli antichi mestieri Bertuzzi aveva in mente una produzione di nicchia di indumenti di canapa, e di far insegnare quest’arte e produrre indumenti su antichi telai del Museo stesso, quindi vendere a Bobbio e Piacenza questi prodotti che un tempo servivano per i corredi. Già in Val Tidone, Bertuzzi si era dedicato a delineare percorsi turistici tra mulini riattati ed agriturismi dove assaporare prodotti locali e sperava di realizzare altrettanto in Valtrebbia.

       Per il CDF Bertuzzi è stato il valore aggiunto

oltre alla testimonianza del come eravamo, cioè alla memoria comune e oltre alla bellezza delle immagini che nobilitano la fatica contadina in chiave di Poesia. Ha testimoniano una Bobbio di respiro europeo perché ha spiegato e provato attraverso le foto un forte legame con la cultura materiale dell’Irlanda non romanizzata.

Vorrei procedere per gradi e partire da come siano nate le più belle idee del CDF, ossia dalla convivialità. Holderlin, un filosofo dell’800,  ha scritto: “Splende agli amici in compagnia la cena”, e sembra aver pensato queste parole per i soci del CDF che non erano ancora nati. Alloisio in ricordo di Bertuzzi ha scritto un articolo dal titolo <<Senza Fabrizio avremmo scattato migliaia di foto senza vedere.>> Ha scritto:  “Ci incontravamo al mattino a Travo, a Bobbio, a Marsaglia o a Ottone, poi partivamo in una decina per delle vere e proprie spedizioni fotografiche. Esploravamo i luoghi più impervi, i villaggi abbandonati come Sambuceto o Prato Martello. Fotografavamo a tappeto tutto ciò che ci pareva significativo e lui ci aiutava a non trascurare nulla, a non tralasciare tutto ciò che sapeva destinato a scomparire molto presto. Però sia chiaro i momenti più belli erano quelli delle pause: intorno ad un tavolo per mangiare un piatto di tortelli, seduti sotto una pergola a bere un bicchiere e a raccontarsi aneddoti, a scherzare, a ridere. Quanto abbiamo riso insieme. E’ ridendo che si cementano le amicizie”.

Per quanto riguarda la bellezza estetica delle immagini e la loro poesia l’Holderlin, da me citato,  asseriva che Filosofia e Poesia sono due vette del conoscere, ma  la Poesia  entra nella verità delle cose più della ragione.

E per attestare che vi è poesia prima ancora che nelle immagini anche nelle parole che le presentano, leggo  da una prefazione ad un libro del CDF parole di Riccardo Di Vincenzo, uno dei soci, per esprimere come il ricordo di Valtrebbia ci assalga quando ne siamo lontani. “Tornerà in mente la verde frescura di alcuni tratti delle strade della Valtrebbia, il passo regolare di un contadino lungo il ciglio, le ombre degli alberi che anneriscono l’asfalto, il lieve agitarsi dei cespugli a bordo strada, la penombra quieta ed estiva di alcune osterie, i pergolati di glicini e d’uva delle case sui pendii e che appaiono improvvisi dopo una curva, il caldo che scioglie l’asfalto ...”

Di Vincenzo è il professore che ebbe l’idea prima di costituire il CDF, ha un’attività culturale multiforme di cosceneggiatore, scrittore soprattutto di libri di fotografia pubblicati con case editrici di prestigio come l’Archinto, di giornalista per la cultura  nella prestigiosa Gazzetta di Parma.

               Doppia prefazione

Dopo il primo libro d’immagini d’epoca con la sola prefazione del di Vincenzo, gli altri quattro portano una doppia prefazione, quella  “letterario-umanistica” del Di Vincenzo e di seguito quella “scientifica” del Bertuzzi. Grande originalità di metodo e per capire come s’incastrino, vale un piccolo frammento dalle prefazioni stesse. “Perché in questa Valle sembra più armoniosa una fatiscente e abbandonata casa contadina che uno scintillante condominio di sei piani?” chiede Di Vincenzo e si risponde: “Emerge ancora vivo e forte il suo rapporto con gli uomini che l’hanno costruita e abitata, con le persone che sono vissute tra le sue mura”. A sua volta Bertuzzi, nella sua prefazione, dopo aver rimarcato il metodo di scelta delle foto che privilegiano l’ambiente più remoto e più primitivo, quello dei villaggi d’altura, prosegue nell’indagine di “questo paesaggio storico costruito dagli uomini che vi hanno abitato, lasciandone parti incontaminate e costruendo con opere e criteri a basso impatto ambientale”. Fa un parallelo con altre regioni europee ‘arretrate’ come la Barbagia in Sardegna, zone isolate della regione Basca, l’entroterra montuoso greco... dove un regime rurale caratterizzato dalle attività silvo-pastorali ha lasciato poco spazio a forme che normalmente si riscontrano nelle zone agricole.

Controbatte un assunto che si era costituito a seguito di un libro di Santino Langé (e autori vari): L’eredità romanica. L’edilizia domestica in pietra dell’Europa Occidentale  che asseriva ci fosse una grande uniformità di tipologie e tecniche costruttive e materiali, mentre già in un successivo libro del Langé con l’apporto di Duilio Citi si notava nell’edilizia tradizionale in pietra d’Europa di facies romanica caratteri originali delle costruzioni d’alto-appennino di Chiavari, “cugine” di quelle di Val Trebbia.

Bertuzzi individua l’originalità delle costruzioni nei villaggi d’altura all’auto-costruzione degli edifici rurali, mentre la mano d’opera specializzata, definita a “regola d’arte” era impiegata per costruire chiese, oratori, case padronali e monasteri, con gli stilemi della classicità.

E Bertuzzi rende omaggio anche al lavoro di monsignor Michele Tosi, “Bobbio e la valle del Trebbia” riguardo la persistenza di relitti della società celto-ligure, sopravvissuti all’acculturazione monastica, che Tosi aveva sott’occhio: “l’elementarità di tecniche agrarie come la semina del grano nei prati d’altura, la lingua parlata accomunabile ad altre del centro e nord Europa,  l’uso dei suoli densissime di comunalia come nel sistema comunistico della regola giuridica longobarda espressa nell’editto di Rotari”.

Bertuzzi riteneva che Tosi avesse un po’ enfatizzato la portata complessiva del processo di evangelizzazione del monastero, visto il perdurare di culti pagani per diversi secoli: nel VII la dedica dei luoghi di culto a santi congeniali al popolamento longobardo come S. Michele Arcangelo, S. Giorgio; nell’VIII e IX ai francigeni come S. Martino, S. Maria (culti innestati su antiche feste pagane che ripercorre).

Bertuzzi però nonostante queste osservazioni critiche riteneva che soprattutto la tradizione dell’Abbazia potesse rivitalizzare la ValTrebbia. Tema sviluppato dal CDF nella sua collaborazione al libro Bobbio ritratto di una città del ’96 non a caso di fotografie ben spiegate dato che questo ormai fa parte della modernità e nella relativa Mostra e  nella Mostra successiva in pannelli al Meeting di Rimini nel ’07, Bobbio Montecassino del Nord con Colombano abate d’Europa.

  Nel testo su Archivum percorro passo passo tutte le mostre e i libri del CDF citandone foto suggestive o rappresentative, qui vorrei solo ricordare la XII Mostra – 2000 – “L’identità ritrovata. Cultura Contadina e vita quotidiana in Val Trebbia”, che dà il titolo al V Libro, l’ultimo del CDF, e in cui è da notare la maiuscola per l’aggettivo “Contadina”, in un felice riconoscersi nelle proprie origini.

E poiché la tradizione non è acqua una grande vicinanza con la Valtrebbia, incontaminata e arretrata, si  ritrova negli scritti del poeta irlandese Seamus Heaney, Nobel nel ’95, nativo del Derry: “una piccola fattoria, una campagna ermeticamente chiusa alla modernità”. Ha scritto sul The New Yorker nel 2000: “Sono cresciuto in campagna senza alcuna paura nei confronti di questo primo mondo: le donne che facevano il pane, mio padre nei campi. Mi vado convincendo che ciò che davvero mi resta di allora è proprio questa sensazione di sentirmi a casa, insieme a un senso di padronanza aristocratica – benché fossimo tutt’altro che nobili per nascita!” e in questo stesso brano tratto da precisa di questo luogo della sua infanzia:

Heaney, inoltre definiva le parole “containers geologici e archeologici, un deposito bancario della memoria collettiva, in cui si ritrova il senso della Storia”. Definiva “I toponimi  pertiche che sondano la profondità di una cultura...”.

Grande anche l’interesse di Bertuzzi per i toponimi. Mi ricevette con mio marito nel suo studio piacentino cui mi avevano indirizzato i funzionari del Centro Polivalente per la ricerca sui Mulini di Valtrebbbia pubblicata in un numero precedente di Archivum.

Subito poiché venivamo da Bobbio si mise a parlarci del Bedo, dell’etimologia della parola Bed, attestata nell’antica stampa che si trova nel Caffé Davico-Callegarin di Piazza Duomo e poi di tante altre etimologie e toponimi che caratterizzano il substrato celtico della valtrebbia.

Peccato non aver avuto un registratore, ma per fortuna alcune cose le ho ritrovate presso il Centro Polivalente nelle sue prefazioni tant’è che definiva i libri del CDF “i miei libri”. “Suoi” perché vi si era completamente immedesimato ma i libri hanno l’apporto di tutto il CDF.

Su Archivum riporto una bella poesia di Borges che non conoscevo e ho trovata conservata da Alloisio nei dossiers sul CDF, dove Borges definisce un giusto “un uomo che coltiva il suo giardino”, “un uomo che è contento che sulla terra ci sia la musica” e  appunto “chi scopre con piacere un’etimologia”.

Bertuzzi però si divertiva anche scrivendo e ricercando ed è evidente dove parla della viabilità di Valtrebbia quando  nella seconda metà dell’Ottocento si mise in opera l’attuale statale di fondovalle, la 45, che escludeva alcuni tracciamenti dell’originario percorso. Quando a Travo si realizzò il ponte per collegarlo alla sponda opposta, gli abitanti di Mezzano Scotti, esclusi da un proprio allacciamento, minacciarono d’invadere Travo con roncole e bastoni.

Un episodio che fa venire in mente un testo teatrale storico di Olmi rappresentato a Bobbio quando i contadini volevano andare a protestare a Parigi che è due passi di là dal Nure e dal Tidone.

Ripropongo nello splendore dei suoi colori il quadro del Ponte Gobbo di Bobbio dipinto da Italo Londei subito dopo la guerra.

Lo Scriptorium dall'idea di tre giovani bobbiesi:

Silvia, Francesca, Jessica

"Tu che sei diverso" 

cortometraggio con regia e sceneggiatura di Anna Bianchi

interpreti principali Manuel Monfasani e Linda Scotti

e con gli allievi della Scuola Media Vittorino da Feltre di Bobbio (Classi III A e B)

vincitore della gara del Cinema per la Scuola a Roma

Articolo sul Giorno vincitore dell'UCSI LIGURIA

Premio Giubileo 2000

(1 milione di lire, più giacca a vento ed ombrello da inviata speciale)

 

Mio unico articolo su Repubblica-Il Lavoro

Giovanni Ferrero (capitano di mare omonimo di mio marito)

parla della via Francigena e del Vinzoni

 

Qui sopra un precedente illustre: il libro Il Dialetto Bobbiese del professor Enrico Mandelli.

Gigi Pasquali ha uno splendido Sito Internet, legato al Comune di Bobbio, dove ogni località è descritta senza giri di parole ma punando all'essenziale di storia e caratteristiche della tradizione.

La foto su uno dei più suggestivi paesaggi del Trebbia è di  un libretto donatomi da  Mario Zerbarini, la prima di  24 cartoline "storiche" in "Da Genova a Piacenza in Automobile attraverso l'Appennino Ligure", edito da Carlo Carboni e Figli, Editori di Ottone. 

Mario è stato anche l'artefice del I Premio Letterario Città di Bobbio nel 1979 e qui sotto riporto la foto della locandina. Nella giuria erano: Romano Gavi, Alfredo Bellocchio, Franco Maggi, Gilda Olmi, Giorgio Pipitone, Egle Pizzeghello, don Michele Tosi, Mario Zerbarini.

Non solo, Gigi e Mario in Milano hanno messo in piedi una rete di assistenza per i bobbiesi ricoverati in ospedale andandoli a trovare e portando loro ciò di cui abbisognavano. Questi sono due bobbiesi "doc", dal cuore grande.

Per Gigi vedere www.notizariobobbiese. net, miniera di notizie

 

 

  

La “Francigena di montagna”, da Bobbio a Pontremoli tra i crinali delle valli del Taro e del Ceno, del Nure e del Trebbia, anche conosciuta come “Via degli Abati” sta vivendo intensa riscoperta. E’ un modo per rivitalizzare l’Appennino.

A giugno vi si è svolta la maratona “The Abbots Way”, una due giorni con duecento partecipanti e sosta notturna a Bardi. Il successo ha stimolato l’ideazione di un trekking di quattro giorni a fine giugno, da luglio a settembre c’è stato spazio per la mountain bike; numerosi gli escursionisti scout, pronti a coniugare ricreazione nella natura e apprendimento poiché il cammino è in luoghi ricchi di storia. Pontremoli, un libero comune opposto ai Malaspina, nel 1167 contrastò il passaggio del Barbarossa; Bardi, fortezza di fondazione longobarda costruita nell’898 su uno sperone di diaspro rosso, sorse per contrastare l’invasione degli Ungari;  Borgo Val di Taro fu una delle curtis più redditizie del monastero bobbiese; a Bobbio nel 614 San Colombano, grande abate irlandese e padre con San Benedetto del monachesimo europeo, fondò il monastero, prima Abbazia regia dei Longobardi per  l’importanza strategica.

Il percorso, riattato già per il Giubileo del 2000, è costellato di muretti a secco, costeggia chiese antecedenti l’anno mille, stalle in legno del periodo agricolo, vie belliche di fuga o resistenza. E’ agibile a piedi, in bici, a cavallo. Passa per cinque castelli, sei musei, l’osservatorio astronomico di Bedonia, un’oasi di 600 ettari del WWF (a Borgo Val di Taro). Nelle locande si gustano dai testaroli, tipici della Lunigiana, ai porcini cucinati variamente, ai pisarei e fasö del piacentino, alle lumache alla bobbiese.

Nel 2006, Giovanni Magistretti ha descritto “La via degli Abati” nell’LVIII volume dell’Archivio Storico per le Province Parmensi (come a dire il Gotha della ricerca). Già dirigente d’azienda nel settore alimentare,  è appassionato di storia ma anche escursionista che verifica sul campo la teoria. Segnala che il percorso è di 105 chilometri rispetto ai 214 (più del doppio) della “Via dei Monasteri”, la Francigena che oggi conosciamo perché Sigerico tornando da Roma (990/94) la commentò nel suo diario di viaggio. L’Arcivescovo di Canterbury, giunto a Pontremoli, scelse la via del passo della Cisa (monte Bardone) per raggiungere la pianura di Fidenza, Piacenza, Pavia. Invece prima della conquista della “Maritima” ligure da parte del longobardo Rotari e della Cisa (controllata dai bizantini) nell’VIII secolo, gli abati di Bobbio diretti a Roma, il traffico delle merci da e per il monastero, i pellegrini irlandesi che sostavano nella città emiliana a venerare la tomba del Santo, passavano per la “Francigena montana”:  da Bobbio  a Boccolo dei Tassi a Bardi, dove il cammino entrava nella Via dei Monasteri. E solo dal 1200 la Valtrebbia  fu esente dai pedaggi di signorotti locali.

Magistretti ricorda anche l’internazionalità degli abati di Bobbio, tra cui Wala un cugino di Carlo Magno e il francese Gerberto, eletto papa Silvestro II nell’anno mille. La sua ricerca però non si ferma, ipotizzando l’appartenenza alla “Via michaelica” che collegava il santuario del Gargano a Mont Saint Michel sulla Manica, per la presenza lungo l’itinerario appenninico di luoghi dedicati al Santo di cui i longobardi erano devoti: San Michele di Gravago e San Michele di Grezzo a Bardi. Sopra Bobbio c’era la Chiesa di San Michele alla Spelonca (=grotta dove pregò Colombano) che franò nel Curiasca, torrente dove – a riprova - si trovò un’iscrizione  (X secolo) rappresentante una Crux michaelica.

                              Maria Luisa Bressani

 

 

 

 

Il Convegno più recente a Genova:

Il Monastero di Bobbio e il monachesimo celtico:

Il Giornale 14 ottobre 2010

                                  

Giorgio Bubba riceve dal sindaco Roberto Pasquali un libro in dono.

Bobbio - Premiazione UCSI a giornalisti dell'Appennino Ligure-Emiliano

alla carriera:

a Gianfranco Scognamiglio, Maria Luisa Bressani, Guido Ghersi  

don Guido Migliavacca, Mons. Piero Coletto.

 

Sara Gibelli e Aldo Vinci danno voce a Ida e Edgardo, leggendo le loro Lettere

Avevo sempre sentito parlare di lui come di un mito e dell'umorismo delle sue descrizione di lotta partigiana (in piazza S. Francesco all'ingresso di Bobbio-città un cartellone ricorda le sue imprese), ma lo vidi per la prima volta quando vegliava in morte mio zio Alfredo Ragaglia, suo partigiano.

Un altro suo partigiano illustre, il "partigiano con il castello" (ricevuto per via di matrimonio) come lo definiva zio Alfredo, è stato  lo storico Angelo Del Boca. 

A mio zio come a tutti i suoi partigiani Londei ha dedicato un ricordo scritto che poi Matteo, nipote di Alfredo (ora ha vinto una borsa di studio come ricercatore ad ingegneria e si occupa di robotica)  ha letto all'Auditorium di Santa Chiara in Bobbio .

Londei stava  immobile, dritto in piedi  a fianco del letto di morte di mio zio, e così restò per molto tempo. In silenzio solo incurvato sulle spalle perché chino verso il letto in atto di umana condivisione.

 Volli conoscerlo e nacque così il saggio sulla sua pittura pubblicato su Archivum (n. 29 - 2007) ma anche il dono  a me del  suo libro in cui narra la storia della VII GL da lui fondata in Valtrebbia. La moglie Giuseppina faceva da interprete dato che Londei era un poco sordo e di lei, alla mia prima visita, Londei con lo stesso portamento dritto da ex ufficiale mi disse prima di accogliermi nella loro casa che "era molto malata e stava seguendo una cura sperimentale".

Queste foto festosissime dei quadri sono state scattate da Albarosa Camaldo figlia di Donata Soana (amica con cui mi mise in contatto Gina De Benedetti, mia insegnante al D'Oria al ginnasio e di cui in queste pagine ci sono ricordi in quanto figlia di una sua collega ai tempi del loro insegnamento nei pressi di Parma).

A suo tempo Tiziano, figlio di Londei, mi disse che papà e mamma non volevano mettessi nel saggio su Archivum questa foto dove si vede la cannula che la moglie ha al volto: è quel senso di pudore di un tempo e così nel mio scritto ne comparve un'altra dove mi si vede mentre intervisto Londei e dove però figura solo una parte della parete tappezata di quadri, quindi una visuale riduttiva. Per questo (ma chiederò il permesso al professor Tiziano) la inserisco ora, dato che a me sembra bellissima nella fragilità della vecchiaia con i due volti degli sposi che sempre si sostennero, Italo e Giuseppina.

A  lei dissi che avedone avuto l'indirizzo avevo inviato il saggio sul marito a Vittorio Sgarbi e lei, pur di idee che non collimano con il PDL , mi rispose: "Quel simpatico matto...!", ben diversamente cioè da quanto mi capitò nominando Sgarbi per il cui coraggio nutro grande ammirazione a diversi conservatori di Musei in Genova che invece mi replicavano: "Ha visto che tipino è quello Sgarbi..., ecc."

Di Londei ho tre ricordi di quelli "fondanti", ineludibili.

Il primo, ma adombrato nella sua lettera precedente in cui racconta del fatto positivo della sua prima personale tenuta a Bobbio, al Chiostro dell'Abbazia: vi espose 52 disegni e poiché il Comune aveva dato disponibilità dei locali ma non poteva assicurare tutela, a custodire i disegni erano Londei stesso e la figlia. Assentandosi per la pausa pranzo trovarono 23 disegni sottratti ai 52.  Da un grande estimatore? Ma a gratis, rubando.

 A Londei toccò di rifarne alcuni e fortunatamente ne aveva gli studi precedenti come per il ritratto dei figli bambini in Val d'Aosta. Ma come diceva Giuseppina nessun paesaggio gli era congeniale come Bobbio e di quella Valle, una delle nostre più gettonate turisticamente, aveva commentato "solo grebani".

Non sporse denuncia perché mi disse lui si sente sempre un "signor ex ufficiale" sottintentendo che sa opporsi a tanta barbarie anche moderna.

Mi raccontò - secondo episodio - di quando ad operai che andarono in Bobbio nella sua casa per dei lavori prestò il Black and Deker e questi fingendo di considerarlo "uno svanito" negarono di averlo ricevuto e lo imboscarono, per cui Londei diceva: " A Bobbio tutti ladri".

Il terzo episodio è storico e riguarda Il Valoroso (Lino Vescovi medaglia d'argento al valor militare, salito sui monti del piacentino nella primavera del '44, morto nella battaglia di Monticello il 16 aprile del '45) su cui scrissero un libro Alberta Vescovi e Giovanni Agosti E verrà l'alba... Il Valoroso: una vita partigiana (Casa Editrice Vicolo del Pavone) e Londei avrebbe voluto lo recensissi, ma non mi fu possibile, però lo fotocopiai ampiamente pr conservarne memoria personale.

Cosa affermava Londei  cui nella sua copia in prima pagina risalta la dedica di Agosti con "un grazie per l'aiuto alla stesura e realizzazione del volume "? Che il Valoroso era stato boicottato per invidia da altri capi e fondatori di brigate di Giustizia e Libertà e questo perché i capi erano tutti ufficiali e tale non era il Valoroso. Anzi Londei mi raccontò di un agguato che fu teso al Valoroso e secondo lui era stato ad opera di quegli ufficiali invidiosi. Da quel libro estrapolo solo alcuni concetti dalla Prefazione di Piergiorgio Bellocchio:

"Nessuna delle tante (troppe) guerre che l'Italia ha combattuto dal 1848 al 1945 ha lasciato una mole così rilevante di memorie come la Resistenza...Non tanto dalla parte di chi stava ai vertici: i libri di generali e politic non sono mai mancati (ahimè). Dico: testimonianze di soldati semplici, di persone che hanno partecipato nei ranghi più bassi... Coloro che dopo '8 settembre scelgono volontariamente di farsi partigiani, compiono invece un atto di ribellione all'autorità..."

Mio contrappunto: "Fa scena dirlo così, ma i generali furono tutti così inetti?" (o è già nel dopoguerra il nuovo - come mentalità- che avanza?)Non solo, quando Bellocchio afferma che "il grado di coscienza dei partigiani è stato mediamente molto superiore a quello dei combatenti di tutti i precedenti conflitti...nei quali c'è stata una quota, anche alta di volontari", gli ricorderei che in Italia dopo l'8 settembre era ormai cambiato il clima: "La gente non ne poteva più della guerra, non solo c'era un cambio generazionale tra chi era entrato in guerra all'inizio e i giovani che allora - delusi e ansiosi di un altro futuro - si apprestavano ad entrare in azione personalmente, non solo ci furono anche molti "imboscati" tra quei giovani nella file partigiane"

Dal libro, quando il Valoroso è ferito a Monticello arrivano dei prigionieri ed un carro carico di feriti. Uno esclama esasperato: "ammazziamoli tutti". Lui interviene con la voce del comando: "Lasciateli stare e curate i feriti ...Cusa gum da fag si la pensan mia tamme noi" ("Cosa ci dobbiamo fare se non la pensano come noi", massima che sarebbe da applicare anche oggi nelle fazioni politiche).

Alla battaglia era presente nel castello di Monticello mio zio, il partigiano della VII GL, Alfredo Ragaglia e ne viene riportata la testimonianza.

Non solo nel libro si denuncia questo "fatto gravissimo": "Gli uomini della I Brigata di pattuglia al Bissago si accorsero del nemico (che era avanzato di notte: due compagnie della Brigata Nera  Leonessa di Mantova e due reparti delle SS italiane con circa 500 uomini) posizionandosi  presso il Castello)  appena in tempo per non essere catturati e senza aver fatto le segnalazioni prestabilite al Valoroso. La pattuglia era comandata da Cremona.

E c'è prima un'altra pagina drammatica quando alla Sanese il Valoroso viene disarmato e interviene il dottor Livio Sormani (membro del Comando di Divisione) che vedendolo piangere per l'umiliazione dice: "Date subito le armi a questo ragazzo..., è il miglior partigiano che abbiamo". Ma le ostilità dei graduati verso di lui riemergono a fine pagina in queste parole: "Ormai dopo la morte di Paolo e del dottor Landi, al Comando di divisione Valoroso non aveva più santi in paradiso, tranne Fausto, che lo proteggeva continuamente ma doveva fare i conti con tanti altri comandanti cui il giovane partigiano dava particolarmente fastidio" .

Sono le solite invidie italiane e le solite smanie di protagonismo a scapito dei migliori.

Mi sono dilungata nel ricordo di questo libro non recensito in omaggio a Londei che amava la verità e vi si arrovellava anche a distanza di anni.

Dopo le foto dei quadri di Londei metterò il suo ricordo per mio zio Alfredo

ella per non essere catturati e riuscirono a fuggire senza segnal     

Prendo spunto da questa foto comparsa  sulla Trebbia (18 ottobre 2012) per replicare agli amici bobbiesi che per il loro antiberlusconismo prendono per oro colato ciò che leggono su Internet: la foto è stata mandata dopo che sulla Trebbia era comparso un articolo per denunciare antichi abusi in essa. E qualcuno, testimone del tempo, in Bobbio insorse. Perché è moda parlar male dei collegi religiosi (vedi film di Bellocchio L'ora di religione, ecc., ne ho già scritto) come delle antiche colonie fasciste, ma dopo quell'articolo a me in Bobbio capitò di raccogliere accorate parole della macellaia Valla, nipote del don Matteo che è ancora nella memoria buona dei bobbiesi: "Era accorata e indignata per le falsità comparse sulla Trebbia". E così è per ciò che tanti di oggi dicono su tempi che non hanno vissuto.

E quando studiavo alla Cattolica alla SSCS e vi erano molti ragazzi/e milanesi - privilegiati per vivere in quella città degli studi e del lavoro! - che criticavano le prime interviste a Berlusconi: "Hai visto che si fa fotografare in biblioteca e dietro avrà solo le copertine dei libri, ma lui certo non li ha letti..." Qualcun altro diceva: "Quando esco di qui vado a Mediaset , mi faccio assumere e lì vivo da Papa come dicono altri che già vi lavorano". Sempre "Sinistra, Destra", però credo che ognuno fa bene a tenersi le sue convinzioni e a battersi per affermarle, ma a me non passerebbe mai neanche per l'anticamera della testa di guardare su Internet e credere a  "Berlusconi e mafia", ecc. come mai lo credetti per un'altra vittima illustre, Andreotti!, mentre per l'attuale presidente della Repubblica guardate se ha dovuto rispondere per la trattativa Stato-Mafia, anche questa tutta da verificare, e nel suo caso (del Presidente) più che giustamente. Però si sa siamo a Wikileaks, ecc. e ognuno crede di sapere tutto dei più oscuri segreti di Stato, di papa Ratzinger (che su Internet - mi hanno detto - è dato come pedofilo) mentre è sempre stato ineccepibile, anche nella dirittura della persona e del suo essere pensatore profondo. E' meglio, infinitamente meglio, guardare le persone negli occhi, ascoltare ciò che dicono e anche dal "linguaggio non verbale" tanto si capisce di verità e falsità. Berlusconi rassomiglia più ad un commenda (con tutti i suoi difetti italiani), ma sincero. Sono un'ingenua? Colonia Carenzi, di recente diffamata mentre fece del bene, insegni!

    

Genova-Bobbio un legame lungo mille anni

Mostra al Ducale

Vorrei ricordare che l'UCSI LIGURIA poco tempo prima aveva premiato a Sanremo (mi par di rammentare) Monica Maggioni, bravissima come avete constatato nel duello televisivo Bersani-Renzi o nell'intervista recente ad Assad.Insomma un conduttrice che in Tv non "starnazza" ma informa.

Bobbio è sempre stata città di cultura e di bravi giornalisti quindi ora metto qui sotto la presentazione su Cronaca piacentina (unita al Giorno) da parte del giornalista Gigi Bertacchi del mio libro delle Lettere. Allego foto di quella presentazione: Il prof. Mandelli con me, di fianco il tavolo della presentazione con  Giorgio Bubba, Massimiliano Lussana, Mario Pampanin, io e il sindaco Pasquali che parla,

sotto al centro Mons. Coletto (nipote Vescovo Zuccarino e anima della Bobbio culturale) tra mio

marito (ing. Giovanni Ferrero) e Massimiliano Lussana direttore pagine di Genova de Il Giornale, di fianco il pubblico. 

Spazio ora all'articolo di un'altra brava giornalista e saggista

Irene Malacalza che descrive la presenza di Mario Cervi, nella foto con la bella e distinta moglie  (che non è più) e  Gigi Ballani, allora presidente dei Lions) invitato per una conferenza. Di chi in quella sala contestò ho parlato io alla pagina 23 "I Maestri" in un saggio scritto su Archivum contro l'intolleranza.

Gustate il sapiente articolo d' Irene.

Il capitano di mare Giovanni Ferrero è autore di molti libri di ricerca tutti su carte di Archivio (dove sa destreggiarsi come un segugio). L'utimo è Tomaso Fiesco Raggio "fattore di sua maestà".

Non solo suo è il saggio Frammento di un legame millenario" su Archivum Bobiense n.25-2003.

Vi racconta come il 19 maggio 1445 nel Duomo di Bobbio fu eretta un Capellania dedicata alla Beata Vergine Annunziata per concessione di Papa Eugenio IV durante la sua permanenza forzata  a Firenze al prete Jhoannis de Cigatis di Bobbio, cappellano  della chiesa del monastero femminile di Sant'Andrea della Porta a Genova. (

Suo anche un più recente saggio sempre su Archivum (2008) sull'ottenimento da parte del  cardinale Giorgio Fieschi del Priorato di San Martino  di Bobbio e allego foto che m'inviò del monumento appunto dedicato a tale cardinale in San Lorenzo a Genova, opera di Giovanni Gagini da Bissone (seconda metà del sec. XV)

      

Cammeo XIX L'antiberlusconismo su Internet

per me non è oro colato

XVIII Cammeo Italo Londei dirittura fisica e morale di un ex ufficiale

Italo Londei ricorda Alfredo Ragaglia, mio zio e suo partigiano in GL (2007)

Italo Londei, comandante partigiano della VII Brigata di Giustizia e libertà ricorda Alfredo Ragaglia, fratello minore di Ida (mia madre).

“Dopo la famosa battaglia del Monte Penice del 24.8.1944 e il conseguente abbandono di Bobbio da parte dei partigiani della Quarta Brigata, giunsero in questa città gli alpini della Divisione “Monterosa” col compito di presidiarla. Fra questi militari era l’alpino Alfredo Ragaglia, bobbiese non solo di nascita. Egli venne a trovarsi in una situazione del tutto particolare in quanto militare di fiducia del Maggiore Della Valle, comandante del Battaglione Alpino “Aosta”, e nello stesso tempo compagno ed amico di quanti fra i giovani bobbiesi si erano schierati con i partigiani del luogo. In particolare, amico e compagno del Tenente Virgilio Guerci, comandante della Quarta Brigata Partigiana, e del sottoscritto Tenente Italo Londei, comandante della Settima Brigata Partigiana.

Mi è noto che l’alpino Ragaglia seppe comportarsi nel modo migliore fornendo al Maggiore Della Valle informazioni rassicuranti sui partigiani bobbiesi, informazioni che migliorarono i rapporti  sia fra i nostri avversari e la popolazione locale sia fra i militari dei due fronti, avversari sì, ma mai veri nemici. Il Maggiore Della Valle ebbe il merito di comportarsi in modo sempre leale e corretto per quanto lo consentiva la sua situazione militare e proprio lui permise ad Alfredo di farsi partigiano scortandolo personalmente fuori da Bobbio.

Giunto fra noi della Settima Brigata, l’alpino Ragaglia fu accolto con gioia da tutti, compresi quei suoi compagni alpini che in precedenza erano stati prelevati o avevano disertato dal proprio reparto.

Nella Settima Brigata la sua opera si rivelò subito preziosa grazie alla sua conoscenza della toponomastica del territorio: era una guida esperta e sicura ogni volta che si doveva staccare una nostra pattuglia. Fu un partigiano valente sotto tutti gli aspetti, per serietà, fedeltà, onestà e spiccato senso del dovere. Prese parte a tutte le azioni di guerra come valoroso combattente e fu capace di districarsi anche dalle più drammatiche situazioni del duro rastrellamento invernale.

Era sempre al mio fianco, sereno, generoso e fiducioso. Di una fiducia che io ricambiavo con riconoscenza, non tanto come comandante quanto come amico fraterno”.

 

Italo Londei  

Il precedente articolo riguardante il cortometraggio che ha avuto tanto successo a Roma al Festival del cinema per le scuole è riportato anche nella pagina "Cinema e fotografia".

Piero Alloisio l'ideatore del CDF e il Duomo di Milano

Colui però che è entrato in amicizia con l'architetto  Bertuzzi, prima ricordato e di cui ha scritto una dolente memoria in morte, colui che ha salvato per noi le immagini di un mondo rurale ormai scomparso, colui che ha costituito un team affiatato di persone abilissime con la macchina fotografica e appassionate della Valtrebbia e di Bobbio, colui che appunto ha dato vita con il team al CDF è stato Piero Alloisio.

Il patrimonio in immagini che ha consegnato a Lucinao Prazzoli abitante a S. Nicolò consta di 300 Foto d'epoca, 600 Fotocolor sul CD Valtrebbia un mondo a parte Cinque Libri fotografici e le Locandine di 16 Mostre e i Quaderni con i commenti dei visitatori. Alloisio aveva lavorato alla fabrica tedesca della macchina fotografica Leica, ma qui voglio ricordare anche la sua attività di economo della Veneranda Fabrica del Duomo di Milano per 15 anni e questo suo documento descrittivo è prova della passione e dell'amore che ha sempre messo nelle sue attività.

Frati Barocchi di Quinto Marini

Recensione di M.L. Bressani su Archivum Bobiense n.23 - 2001

Quinto Marini, ricercatore ad italianistica all'Università di Genova, in Frati Barocchi (editore Mucchi di Modena), scandaglia il '600 genovese attraverso cinque religiosi che lasciano impronta nella vita della nobiltà e della cultura del tempo.

Il più intrepido sembra Fulvio Frugoni, frate genovese dei Minimi, che era di casa presso i potenti come fa capire dicendo di sé: "Un verme...ma di quelli che lavorano le sete, delle quali si formano, per adornar i grandi, le porpore". Da giocoliere della penna il Frugoni offre una variegata produzione tra cui, indispensabile per "leggere" il Barocco è la frivola Guardinfanteide, dove racconta come la gonna a tanti cerchi che furoreggiò tra le dame fu inventata da una vedova spagnola per nascondere una gravidanza indesiderata. E diventa un best seller che gli costa undici anni di proscrizione La Vergine Parigina, in cui adombra la vicenda di Aurelia Spinola fatta uscire dal chiostro per maritarla ad Ercole Grimaldi, un principe pazzo. Era stato consigliere spirituale della fanciulla e scrisse senza perifrasi: "La nuova santità nasce dal martirio subito all'interno di una corte, dove i potenti sono i carnefici".

Le due frasi illuminano quel secolo "doppio" di un'aristocrazia corrotta nell'intimo (anche se percorsa da ansie di conversione e grandi esempi) che per l'immagine esteriore s'ornava di sete, velluti, preziosità. Un amore per il lusso attestato dalle mostre storiche a Palazzo Ducale. In quella sui Dogi abbiamo visto Imperiale Lercari che nonostante il caldo torrido si presentò a Versailles abbigliato in velluto cone tutto il seguito, per promuovere alla corte del Re Sole quel tessuto vanto dei liguri. La mostra su Van Dyck ci ha mostrato Paolina Adorno in un abito nuziale costoso quanto una nave del tempo; la grande tela affiancava quella del marito Anton Giulio Brignole sul cavallo bianco che i genovesi conoscono raffigurato nella statua del Barberini all'Albergo dei Poveri. Quando la moglie morì di parto Anton Giulio lasciò la carica di sentatore per farsi umile prete, poi gesuita per un progetto di rifondazione morale della Repubblica aristocratica. Fu acceso iniziatore d'oratoria sacra e diede la sua impronta all'allievo Frugoni.

Il più bravo a predicare resta Paolo Segneri, anche lui messo all'indice, eppure così seguito dalla gente. Nelle missioni rurali fungeva da pacificatore dove lo Stato non arrivava: a Borzonasca ci sono 25 "paci" a sua firma.

Il più singolare è Angelico Aprosio, così innamorato dei libri da raccontare che da bambino per essi avrebbe scambiato i dolci. Insigne bibliofilo fondò l'omonima bilbioteca di Ventimiglia dopo aver offerto quel patrimonio librario agli Agostiniani della Consolazione di via XX Settembre che lo respinsero: il doge Giovan Battista Lecari li definì "frati brodari" proprio per la mancanza di una libreria conventuale.

In punta di piedi entra nella rassegna di questi appassionati il pio Giò Ambrosio De Marini, un figlio naturale della nobile famiglia genovese che contava il maggior numero di illegittimi riconosciuti, un fine letterato che scrisse il Calloandro a cui si associa l'idea stessa di romanzo barocco.

 

Flavio Nuvolone, direttore scientifico di Archivum Bobiense

e servizio sul Convegno del 2009 di Renzo Iacobelli

Dal saggio Forni e Pane di M.L.Bressani (Archivum n.26, 2004):

Quel buon sapore di pane (da Argo, Fiera Letteraria)

e disegni di forni di Luisa Dassenno Mambriani

e foto di Tiziano Carboni

Dal saggio di M.L.Bressani e Gisa Bagnara Mattrel

"Un futuro per i Mulini di Valtrebbia"

in Archivum Bobiense, n.25 -  2003

(Foto di mulini a due ruote e foto dei Carboni proprietari di quello all'Erba grassa e foto del Ponte di Casanova scattata da Gisa)

Opere dell'artista Tiziano Carboni figlio del proprietario del Mulino dell'Erba Grassa, ristrutturato nel 2003: "Venere anatomica" e "Gioco". Sua madre insegna a fare il pane ed altri piatti locali, tenendo Corsi estivi presso il mulino.

Inoltre Fede Ganimede Carboni, madre di Tiziano,  è  autrice del bel libro Dulcis Amara- Stagioni di fiori e di vita, edito nel 2007, che descrive fiori selvatici di Valtrebbia e acompagna il loro crescere e sbocciare con intense poesie di sua inventiva. Ed è un libro che per la lettura attrae più di tanti altri da me recensiti e di cui spesso mi chiedono il prestito ed io - questa volta - richiedo in anticipo e fermamente la restituzione

La foto seguente  sul Ponte medievale di Casanova, terra di Molini, è stata scattata di Gisa Bagnara Mattrel, appassionata ricercatrice di storia e di documenti della parte alta di Valtrebbia, soprattutto da Ottone verso Genova che nel saggio su Archivum ha accompagnato il lettore alla scoperta del Mulino dei Doria o "dei Principi".​ Nel 1998 Gisa pubblicò Casanova dell'Alta Valtrebbia con riproduzioni e documenti d'epoca. Nella valle è conosciuta anche perché organizza cortei storici in costume che per la loro bellezza ed accuratezza sono giunti ad Ottone da  Casanova dove per antica tradizione con la famiglia va a villeggiare d'estate. (Sua suocera Geronima Croce discendeva da Ruffinus De Cruce De Lama Casanova, e Lama è un rione di Casanova. Il luogo è vicino a Rovegno e al Bosco delle Fate).

Nel  2002 Gisa  ha allestito un corteo storico ad Ottone per ferragosto per ricordare la festa del 21 aprile 1593 in celebrazione della promessa di matrimonio tra Paolo dei marchesi Malaspina di Ottone e Angeletta figlia di Tomasino dei marchesi Malaspina di Casanova (v. copertina dell'esttratto da Archivum Bobiense),  quindi uno a Genova in Corso Italia durante una domenica ecologica (4 maggio 2003).

Non sono cortei folcloritici  quelli di Gisa, ma "scientifici" cioè basati su ricerche accurate d'archivio e con abiti confezionati con sapienza sartoriale. Gisa ha studiato alla Facoltà di Magistero con Fausto Montanari ed in seguito ha riscoperto quella cura di ricercatrice e studiosa che l'aveva fatta apprezzare a suo tempo dal professore, ricordato a Genova anche come giornalista. Memorabile un suo articolo "La fatica della Libertà" del 23 maggio 1946 sul Nuovo Cittadino di Genova dieci giorni dopo la ripresa della stampa a fine guerra.

A fianco metto il disegno a matita e carbone di Romano Bertuzzi dedicato alla sua mamma che impasta 

Il mio saggio inziava con una poesia sul profumo del pane appena sfornato rinvenuta nel 1976 sulla Fiera Letteraria e che avevo sempre conservato.

Dal saggio riporto due dei dieci forni intorno a Travo disegnati a china da Luisa Dassenno Mambriani diplomata al liceo artistico di Parma, insegnante alle medie, che incontrai sul greto del Trebbia e con cui strinsi grande amicizia. Abitava allora in piazza del Duomo a Bobbio, chiamava il mio figlio più piccolo "zanzarino" e il suo, Simone, l'aveva portato fin in Francia per farlo operare al cuore. Poi si trasferì  Travo e andai a salutarla in un'estate che volevo far divagare un poco la mia mamma. Non sapevo che Luisa era appena stata operata ma volle scendere lo stesso nel suo giardino per accoglierci e si portò un cuscino per poter star seduta in quanto ancora molto dolorante per i punti. Si spense pochi mesi dopo. A volte sono tornata a trovare la figlia Rosella e Simone.

Ma di lei voglio anche ricordare una frase: "Per fare una patria, c'è bisogno di un cimitero e di una scuola" e versi di "Stornellata alla mamma" che teneva appesa in casa decicata alla sua "Casa delle rimembranze" di Salsomaggiore: "Ricordo una casa nel verde lontana/ remota nel cuore qual Fata Morgana!/ Era cinta di piante, di rose fiorita/ era piena di gente, era piena di vita..." Concludeva con il suono delle campane: "E' l'Ave bambino/ con l'Angelo i morti ci porta vicino".

I forni disegnati da Luisa sono stati fotografati e su sua proposta da Tiziano Carboni, un altro artista anche geniale come potete constatare in alcune sue opere che riporto. Tiziano è figlio del proprietario del Mulino all'Erba grassa, restaurato e che con quello "Doria" o "dei Principi" di Ottone sono gli unici due della val Trebbia e circondario ad avere due ruote.

San Colombano? Ha statura europea.

Il Giorno 15 novembre 2001

L'eccellenza, la diversità culturale di Bobbio, non ci sarebbe stata se all'origine non avesse avuto San Colombano. La si respira ancora oggi e nei momenti in cui sembra un po' appannata poi incredibilmente rinasce grazie a quel Santo che ha fondato, salvato e tramandato libri, propagato di nuovo la parola di Cristo in Europa e lungo il nostro Appennino, giù giù verso Roma. Quel Santo che scavalcò- lo ripeto- il corpo della madre addormentata e stesa sulla soglia della sua camera per impedirgli di andarsene seguendo la Vocazione, quel Santo capace di mettere in riga i potenti richiamando loro l'iniquità dei loro comportamenti, quel Santo che fragile per la vecchiaia ha scritto una dolente lettera al discepolo Attala che è come un ricordare a tutti noi quanto rispetto si debba ai vecchi anche se ora li si vuol chiamare anziani: sono fragili, sono impauriti, sono testardi, ma i più giovani devono capirli se no sarà sempre come in Troia al momento della conquista quando la canizie di Priamo fu trascintata nella polvere. Cosa saremmo se incapaci di cogliere il testamento morale che ci hanno lasciato gli uomini vissuti prima di noi?

Concludo quindi con S. Colombano.

L'articolo finisce con la domanda "severo o dolce" il Santo? Ebbene in questo caso i bobbiesi d'antan non brillarono perché in "molti" frati (rapportati al numero) scapparono dall'Abbazia dato che trovavano la sua Regola troppo severa...

E sotto - per finire in bellezza! - la foto che un giovane diede - su sua richiesta - a mio marito mentre io per questo Sito prendevo lezioni da Barbara (isegnante intelligente e paziente) di Merlino Computer.

A fianco la foto di un quadro di Giorgio Pipitone, poeta e pittore con tanti riconoscimenti artistici in una lunga vita anche di animatore culturale per far conoscere Bobbio e  Valrebbia e anche un innamorato della cultura dell'Università Cattolica.

 

Paolo Todde. Editto di Rotari unisce Bobbio e San Gallo

Paolo Todde avendo sposato Ernestina Rossi, bobbiese, si è trovato a vivere a Bobbio e ne è stato felice-. Amava l'Erta d cui si domina Bobbio e dove era la casa del cognato. Ha collaborato a lungo con il prof. Flavio Nuvolone, è stato un esperto delle Lettere di S. Colombano ed amava citare quella frase che il Santo scrisse al discepolo Attala: "Senza Libertà non c'è dignità" (e la riporto anche  a fine della pagina successiva dedicata alla mia città natale Trieste.

Todde ha scritto Il latino come best-seller antologia commentata di autori latini, edita Laterza e diffusa nelle scuole. Spirito arguto e uomo buono e intelligente, vivendo appunto a Bobbio dove un tempo erano molti i sacerdoti anche per la presenza di una grande Seminario, aveva coniato questa frase mutuandola da Hobbes: "Sacerdos sacerdoti lupus"

Foto di Giovanni Marcellino :  Camino in Bobbio

-Contrada Porta Agazza 3-; al pianterreno il negozio Merlino Computer

Di fianco :  "A sera" di Giorgio Pipitone

 

Da "Da Genova  a Piacenza in automobile attraverso l'appennino" - 24 cartoline ,Carboni Carlo e figli Editori - Ottone  2008.

Donatomi da Mario Zerbarini

Giorgio Bubba racconta la storia della diocesi di Bobbio e dell'Abbazia:

è la zampata del giornalista comunicatore più dello storico

Per arrivare a Bobbio abbiamo percorso la statale 45, la via del sale di antica memoria. Mi è venuto in mente il compianto cardinale Siri, molto legato a quella terra tanto che convinse l'allora ministro Taviani a varare una legge per l'ammmodernamento di questa strada. Correvano gli anni sessanta. Va da sé che nel clima politico di allora e di oggi questo ammodernamento non è ancora ultimato.

Nel 1973 a Siri venne affidata l'Amministrazione Apostolica della Diocesi di Bobbio du cui era stato vescovo monsignore Zuccarino e nominò come vescovo ausiliare mons. Giacomo Barabino, già suo segretario.

Sono lieto di annunciare che l'UCSI il prossimo ottobre onorerà monsignor Barabino a San Remo con una manifestazione al Casinò Municipale.

La diocesi di Piacenza e Bobbio e quella di Genova sono unite nel presente nel reggere la Segreteria di Stato Vaticana.

Il cardinale Casaroli e il cardinale Bertone hanno retto e reggono questa carica, seconda solo al soglio pontificio.

Inutile che ricordi a voi la figura del Cardinale Casaroli per onorare il quale papa Giovanni Paolo II si recò a Castel San Giovanni, paese natale del cardinale stesso.

Bertone è invece assurto alla carica di Segretario di Stato da Arcivescovo di Genova così come il suo successore Bagnasco, seguendo le orme del cardinale Siri è ora presidente della CEI.

Non sono concomitanze né vanno lette come tali. Occorre un passato storico.

La Diocesi di Piacenza-Bobbio (in latino Diocesis Placentinus-Bobiensis) è una sede della Chiesa cattolica suffraganea dell'Arcidiocesi di Modena-Nonantola appartenente alla Regione ecclesiastica Emilia-Romagna. E' stata costituita nel IV secolo d.C. e nel 1989 venne aggregata anche la Diocesi di Bobbio, costituita nel 1014, che era sotto Genova.

La sede vescovile di Bobbio nasce nel febbraio del 1014 per opere dell'abate e poi anche vescovo Pietroaldo con l'autorizzazione dell'imperatore Enrico II e del papa Benedetto VIII, il 20 marzo del 1133 la diocesi è aggregata alla nuova sede metropolitana di Genova.

Nel programma dei dialetti della provincia quella bobbiese vanta proprie peculiarità, sia fonetiche che morfologiche e lessicali, rispetto al piacentino propriamante detto. ciò è dovuto alla posizione geografica lungo la via di collegamento tra la Pianura padana e il Genovese dove il Piacentino confina con Liguria e Piemonte.

Bobbio e l'Abbazia

Bobbio è sede di una storica Abbazia. La storia di Bobbio è connessa all'Alto Medioevo con la costruzione del Monastero di San Colombano nel 614, l'attuale Abbazia rivela resti della basilica protoromanica e del monastero di San Colombano ed è sorta alla fine del secolo XV per opera dei Benedettini della Congregazione di Santa Giustina dell'Osservanza di Padova che nel 1448 avevano sostituito l'originaria Congregazione di San Colombano.

Durante il primo Medioevo al pari di Montecassino fu un importante centro culturale rinomato per la Biblioteca e lo Scriptorium, il cui catalogo nel 980 comprendeva 700 codici e tra questi 25 dei 150 manoscritti più antichi della Letteratura latina. Questi codici, saccheggiati da Napoleone, sono ora custoditi in parte all'estero, in parte alla Biblioteca Nazionale di Torino, all'Apostolica Vaticana di Roma, all'Ambrosiana, ma l'Archivio contiene ancora molti antichi documenti.

Nel 1516 Bobbio divenne Marchesato fino al 1797 quando furono aboliti i feudi imperiali. Dal 1805 la città è sede del Circondario autonomo ed aggregato alla Repubblica Ligure, ma nel 1815 caduto l'Impero Napoleonico divenne Provincia ligure del Governo Austro-sardo nel contesto della divisione di Genova.

Nel 1859 com il riordinamento del Regno d'Italia Bobbio passa sotto Pavia. Quindi Bobbio ha fatto parte dello...

 

Questa storia affascinante è stata tracciata con perizia di giornalista di lungo corso e ben preparato da Giorgio Bubba e ad essa ha fatto seguire un'insolita versione della leggenda della costruzione del Ponte Gobbo suffragata comunque da documenti storici.

Il dottor Nico Politi, mio cugino, La Trebbia 21 gennaio 1993

Per il legame tra Genova e Bobbio e nell'ambito dell'attività del Prof. Flavio Nuvolone e della rivista Archivum Bobiense da lui diretta metto due momenti significativi in  foto di Piero Alloisio: per il Convegno "Genova  e Bobbio tra storia e cultura" (che si svolse in due giornate di studio, una presso l'Accademia Liure di Scienze e Lettere a Genova e l'altro a Bobbio nel salone del Vescovado) foto del Salone del Vescovado con al tavolo dei relatori da sinistra la prof. Gabriella Airaldi, Agostino Zanetti presidente Amici di San Colombano e il prof. Giovan Battista Varnier (di fianco a lui l'immagine di Ottone Ghillini, vescovo di Bobbio e poi arcivescovo di Genova) da La Trebbia 30 settembre 2004;

foto della presentazione alla Berio di Archivum Bobiense: al tavolo dei relatori da sinistra Giovanni  Ferrero (ricercatore di storia locale) , il prof. Flavio Nuvolone, la prof.Valeria Polonio, il prof. Mario Pampanin da La Trebbia 28 ottobre 2004

 

Di Gian Luigi Olmi: Il vino di Monsignore

(edito Banca di Piacenza, prefazione Corrado Sforza Fogliani)

Amarcord che più amarcord non si può: foto regalatami da mio cugino Nico in ricordo di un nostro corso insieme per imaparare ad andare a cavallo al maneggio di Genova: io davanti, lui dietro.Mio cugino di quattro anni più giovane di me era alla sua prima lezione e a parte che per me è stato un p' un fratello minore sono felice che nella sua professione abbia sempre saputo dimostrare quelle doti di sensibilità e condivisione con i pazienti che purtroppo spesso latitano. V. in proposito pagina Il sociale: Yuri dalle scarpe blu.

Non solo, tornando a quell'estate a cavallo, amavo il cavallo Capinera che rompeva il trotto quando era in curva e si buttava al galoppo, poi c'era la Starna (e mi pare di star  montandola) e quindi Frugolino su cui si veniva messi alla prima lezione: un cavallone che scrollava come fosse il terremoto e dal dorso così largo che bisognava starvi in groppa a gambe  quasi in spaccata. E c'era anche una mia compagna di liceo: Clara Varetto Rossetti che compose un poesia: "Un bel dì Furgolin con la Starna se ne andò. Voi dierte che ci vuole del coraggio per sfidare il mondo inter..." E c'era Nucci Novi Ceppellini però con cavallo personale e bravissima (credo che da sportiva quale è sempre stata partecipasse a gare, poi da fuori classe è anche stata assessore alla cultura a Genova e il suo ricordo è alla pagina 2 Il sociale: "Alla signora della vela"

Emanuela Politi Chargé de Mission per il Governo Granducato del Lussemburgo presso la Rappresentanza Permanente di Bruxelles -

 La Trebbia aprile 2014

Ora lei, Emanuela Politi, rappresenta un poco - e per tutti noi - anche il sogno di lavorare ad un'Europa che desideriamo più a nostra misura, un'Europa anche cristiana come la progettarono i padri (e non è casuale a tal fine l'esser cresciuti a Bobbio e "anche con San Colombano").Mentre oggi si riscontra nell'attuale Europa un'omissione generalizzata sull'apporto dei cattolici alla costruzione comunitaria. Fin Wikipedia, la moderna enciclopedia Internet, riduce le dodici stelle della bandiera europea a "simbolo d'armonia", mentre sono le stelle dell'aureola di Maria (tale fu l'intenzione dei padri fondatori pur se ora non si ricorda più). A pochi chilometri da Maastricht (il trattato entrò in vigore il 1° novembre 1993), dove le nazioni d'Europa completarono la fase iniziale del processo unitario, c'è Banneaux: Maria in una sua apparizione vi fece scaturire una sorgente dedicandola "a tutte le nazioni". Un caso? Maria Luisa Bressani

Contro le falsità: Colonia Carenzi La Trebbia 18 aprile 2012

Emanuela è la mia figlioccia e quando il papà, Nico, le ha chiesto se per questo bel traguardo desiderasse un trafiletto su La Trebbia gli ha detto: "Sì solo se lo scrive Madrina". Grata che sia stato pubblicato eccolo e sotto un mio commento sull'Europa com'è oggi quasi dimentica di radici cristiane.

Germano Beringheli per il mio saggio su Archivum illumina l'arte di Italo con il suo apprezzamento di grande critico d'Arte.

Germano Beringheli il principe della critica d'Arte a Genova e sempre disponibile per spiegare l'Arte, già allievo di Ungaretti e di Giulio Carlo Argan e che iniziò a scrivere sulla prestigiosa Fiera Letteraria è morto il 4 aprile 2014 a 86 anni compiuti. Queste le parole che accettò di scrivere per Italo Londei perché ne aveva apprezzato i quadri e senza chiedere alcun compenso: lo preciso perché appena morto c'è stato chi mi ha detto che per una critica ai propri quadri nel Dizionario degli Artisti di Beringheli un'impiegata dell'Editore De Ferrari aveva chiesto un milione di lire. Stupita m'informai a posteriori ed ebbi tutte risposte negative e allora dissi a chi mi aveva fornito tale commento: "Se tu ti fossi proposta a Beringheli direttamente avresti probabilmente incontrato il suo apprezzamento (mi avevano infatti assicurato che è stato uno dei pochi che dispensavano al loro critica gratis e solo se convinti del valore dell'artista), ma ecco che uno non ha tempo di essere sottoterra e già lo si travisa nella sua essenza più profonda e poi c'è da tener conto che anche un Editore che tanto ha fatto per la cultura genovese può avere alle sue dipendenze un'impiegata infedele. Contro le falsità andare - se si può - alla fonte o ai testimoni diretti.

Dal bell'articolo in morte per Beringheli di Eliana Quattrini sul Corriere Mercantile inserisco la chiusa con foto intensa del critico e quindi lo scritto su Londei.

Beringheli stava anche preparando un ricordo su Alberto Nobile, sposo di Vanda Bertuzzi, donna bobbiese, che egli definiva "nobile di nome e di fatto" e di cui riteneva doveroso conservare la memoria anche per il fatto che l'artista aveva fatto parte di "Corrente" e questo se non fosse vissuto a Genova bastava di per sé a collocarlo in un panorama internazionale e se Nobile, anche allestitore del I Museo dell'Abbazia bobbiese,  fosse vissuto più a lungo avrebbe contribuito alla sua affermazione oltre le patrie moenia.

A fianco la parte finale della critica di Germano Beringheli a Londei e gli dico di nuovo "grazie" mentalmente e pur se non è più di questa terra per avermela fornita.

Di Gianfranco Scognamiglio San Napoleone

Professori accademici da Genova a Bobbio

e da Bobbio a Genova

Alberto Nobile ricorda Papa Giovanni XXIII 6 ottobre 1965

(poesia datami dalla moglie Vanda in occasione della canonizzazione)

A Papa Giovanni -

davanti alla tomba.

Osanna in cielo

Papa Giovanni per te il mondo ha pianto

per te abbiamo sorriso

per te abbiamo tirato un fiato lungo

e tanta gioia ci hai lasciato e tanta gioia

nella tua speranza di un mondo

per gli uomini di buona volontà.

Papa Giovanni sei già santo tra i santi.

Ricordo che Nobile spesso ha dipinto cardinali composti nella pace del loro letto di morte: dipinti tragici e di grande intensità: forse per un vanitas vanitatum o forse per un senso di spaesamento quando queste figure importanti ci lasciavano.

I 100 anni della Salumeria di Porta Nova

Mario Zerbarini:  Come il dottor Colombetti reinventò

 l'Ospedale di Bobbio

Libertà 4 settembre 2014

"Ogni cosa al suo posto, un posto per ogni cosa" è la prima frase di Giuseppe Colombetti, direttore dell'Ospedale di Bobbio dal 1966 al '92, nel libro "Il Dottore che reinventò l'Ospedale di Bobbio" (edizioni PONTEGOBBO) di Mario Zerbarini, bobbiese che vive a Milano.

Come non dar torto al medico chirugo se circa vent'anni prima della sua direzione, nel 1942, il catgut (filo specifico per suture), spedito da Milano come favore personale, finì impiegato come filo da rammendo?

Colombetti si trovò a riorganizzare l'ospedale di Bobbio, definito di montagna. Lo fece con la perizia e la creatività maturata nel riorganizzare tra il 1958 e il '66  quattro ospedali in Congo.

La sua capacità di reagire all'emergenza si dimostra nell'operazione, con dieci ore di sala operatoria, per migliorare la funzionalità del fegato dell'infermiera Teresita, affetta da un progressivo deperimento (dimagramento, voce sempre più flebile,ecc.). Il dottore ad un certo punto sbottò che non si poteva andare avanti in quel modo, senza bisturi idonei, finché non notò uno spillone sul camice dell'assistente Linda. La inviò a richiederne uno simile, con lo stelo più lungo possibile, a suor Elvira in lavanderia, e se lo fece portare sterilizzato. Così  riuscì a liberare il fegato di Teresita, avviluppato in una sacca attorcigliata e soffocante di tessuto.

Non c'è da stupirsi: Colombetti, chiamato dalla Croce Rossa Internazionale, in Congo, (allora ancora belga), aveva riorganizzato  l'ospedale di Pawa, centro fondato come lebbrosario civile da un altro italiano, il dottor Zanetti, morto in un incidente aereo nel '43. Non c'era acqua potabile e per prima cosa aveva fatto tagliare l'erba all'intorno per una ventina di metri in modo che le zanzare della malaria non raggiungessero i pazienti nelle corsie. Quindi aveva lavorato a Masi Maniba (ora Kinshasa), nome che in Swaili significa "malattia del sonno" dalla terribile encefalite portata dalla mosca  tzè-tzè.  Poi a Boma, ex capitale, in un ospedale a 7 piani senza medici. Sua moglie si era messa ad insegnare, assunta dall'Unesco nel programma di alfabetizzazione del paese (e i ragazzi, senza luce nelle capanne, a sera studiavano "a grappoli" sotto i lampioni). Infine aveva operato nella località costiera di Moanda la più bella del Congo, unico sbocco sul mare.  Quando c'era bisogno di lui dopo aver preso il brevetto di volo si spostava con un Piper da un ospedale all'altro (in un Congo squassato da rivoluzioni).

Era più che pronto  per rinnovare un ospedale strutturato in due soli cameroni, senza assistente, senza anestesista, a km.45 da Piacenza e a 93 da Genova: Bobbio.

Sistemato in un albergo, a stipendio zero, alla prima operazione, l'ernia strozzata di un vecchio paralitico, sa che se non ce la fa (nonostante i 7000 interventi eseguiti in Congo) deve far fagotto, e in seguito a Bobbio sarà autore di operazioni (alcune descritte in singoli capitoli) in cui ha salvato non solo la vita anche la ripresa della normalità.

E l'Ospedale, per merito suo, accentra medici altamente qualificati; si allarga in reparti: dalla maternità, alla radiologia che è tuttora un vanto, all'unità di dialisi, agli ambulatori. L'Ospedale dà lavoro, forma infermieri con corsi qualificati (cosa possibile negli anni Settanta/Ottanta) ed era sostenuto anche da contributi di bobbiesi emigrati in America. Non solo vede la collaborazione  - quasi attuali larghe intese - tra il sindaco Maggi, ex partigiano con in tasca L'Unità e Colombetti appunto, che leggeva Il Giornale.

Una pregnante pagina ricorda altre attività impiantate a Bobbio e che nel '900 davano lavoro: l'industria Talco Valtrebbia, le Scuole di cucito delle Suore conventuali e Scuole di ceramica, la Società Aret che operò nella costruzione di componenti radiofonici, la Micropietra per la lavorazione dei rubini, il Caseificio Ludovico (la mozzarella!), l'Eletrotecna che vanta il rinnovato marchio Gamma, le Terme di acque salse.

Nel libro anche la storia -con tutto l'essenziale - di Bobbio,  insediamento già romano forse nato proprio per sfruttare le saline di sponda destra del Trebbia. L'accoglienza ai malati vi data da oltre il millennio come Ospedale di San Lazzaro; il campanile della Basilica di San Colombano è tra i cinque o sei ultra millenari d'Italia.

Non mancano episodi che si tingono di giallo e imprevisto come il furto del documento del 1929 a firma del ministro Benito Mussolini che lo conferma come Ospedale della Carità. Perciò Colombetti, dopo aver operato di notte l'ulcera perforante di una ragazzina, deve recarsi all'alba a Roma, insieme al Sindaco, per riottenere analoga attestazione. L'onorevole Mariotti, che la deve concedere, è stato colpito allora da un lutto improvviso, la morte del fratello, però non manca l'appuntamento. Verso le quattro di mattina, nel ritorno a Bobbio, vanno a cozzare contro un grosso masso staccatosi dalle rocce. Riescono a giungere a destinazione e Colombetti torna subito dalla ragazzina operata.

Tra alcune testimonianze d'affetto per lui e per l'Ospedale (ultime pagine) scelgo parole di Vanni Casartelli, neuropsichiatra e suo allievo: "Ora che te ne sei andato, solo ora riesco a darti del tu. Ci hai lasciato tutto quell'amore che provavi per gli altri, per i malati, per gli amici e che per pudore e discrezione non facilmente manifestavi". E mi commuove anche il ricordo di Malli, soprannome dato da ragazzino all'autore stesso che in Bobbio faceva parte della banda dei Scragnot (= bassi scranni e per converso "bassotti"). Cioè i piccolini che si contrapponevano a ragazzi più grandi, accaparratori di rioni e artefici di maracchelle. M'intenerisce anche il ritratto di Anna, la figlia del dottore, che l'artista Giorgio Pipitone donò all'Ospedale con titolo "Madonna dell'Aiuto" dall'immagine miracolosa, conservata dal 1400, nella Chiesa antistante. Sono tre testimonianze della Bobbio perbene: grazie Mario!

                        Maria Luisa Bressani

Di Mario Zerbarini segnalo l'ultima fatica con "Bobbio nel cuore" riguardante la storia dell'Ospedale di Bobbio e la sua riorganizzione ad opera del chirurgo e direttore Colombetti dal 1966 al '92 che  come ospedale di montagna ne fece un fiore all'occhiello per eccellenza di dottori, personale infermieristico, reparti e ambulatori. Non a caso chiudo la mia recensione con un "Grazie Mario!"

 

      
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