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19. INDICE ARTE E TRADIZIONE

Daniele Sanguineti   -Genovesi in posa. Appunti sulla ritrattistica tra fine Seicento e Settecento.

   E Mariangela Bruno -  Volti scolpiti (saggio)  Il Giornale 8 febbraio 2012

Piero Boccardo (curatore) Quaderni  dei Musei di Strada Nuova. I Brignole-Sale prima di Palazzo Rosso. Dimore e Dipinti. Il Giornale 2012

Riviera Barocca, Pittura e Scultura lignea  delle Chiese liguri a cura dell'UNITRE' di Arenzano-Cogoleto Il Giornale  27 dicembre 2009

Gloria dei nostri Musei, star al Louvre, Gazzetta del Lunedì 19 gennaio 1999

Genova in vetrina a Parigi e "Così è nata l'idea" di Francesca Perrazzelli Corriere Mercantile 14 gennaio 1999

Un grande critico d'arte: Germano Beringheli sulla Mostra di Lucio Fontana al Ducale Il Giornale 30 ottobre 2008

Foto Coccodrillo Fontana  in ceramica (Albissola 1936/37) e foto tagli Fontana (colore rosso)

NERVI la piccola Versailles

Riapre la GAM: L'Arte moderna in Galleria Il Giornale 13 novembre 2004

Foto "Giardiniera" di Pennasilico, "Promontorio di Portofino" di Merello

Mostra DDR Wolfsoniana Il Giornale 29 novembre 2008

e tre foto: "Diamante nero" di Sexto Canegallo, "Bambino cattivo" di Antonio Rubino, "Littorina Fiat 1938"

Di Galileo Chini : Fioriera alla Wolfsoniana, Particolare da La stagione dell'Incanto e La Primavera, Portaombrelli

Catalogo Wolfson, Il Giorno 8 aprile 2001

XXXVII Cammeo: Il Museo Amedeo Lia e nell'impaginazione del Giorno

il Papa polacco del "Non abbiate paura"

Foto Giovanni Paolo II con la fronte poggiata al pastorale e cartolina ringraziamento dell'ing. Lia 3 dicembre 1996

Museo Lia:   A La Spezia l'Arte entra in Convento Il Giorno 15 novembre 1996

ARTE e TRADIZIONE

Guido Moro: Un Presepe piemontese e anche un po' ligure Il Giornale 16 dicembre 2008

I Guelfi: L'incisore Mimmo e le figlie, Franca dei Probiviri di Italia Nostra,

Mimma anima storica del Concorso scolastico del MPV (Movimento per la Vita)

Ricordo di Mimmo Guelfi Settimanale cattolico  6 giugno 1999

Di Franca    Salita di Pietra Minuta dov'è  lo studio del padre Mimmo

Parodi e gli antichi mestieri (borgo a lei caro) Il Giornale  19 gennaio 2006

Omaggio a Mimma:

Articolo sul Concorso scolastico MPV 2012 e due  foto Strasburgo (dove i vincitori andavano in visita)

Cattedrale  e Dal Museo della Fabbrica di Notre Dame: Les Amants Trépassés  del 1470

Alessandra Toncini Cabella  Chiese e Cappelle gentilizie a Genova: Aristocrazia, Arte, Devozione Settimanale cattolico 5 giugno 2001

Arrigo Bugiani I libretti di Mal'Aria Il Giorno 8 dicembre 1996

ARTE E Follia  Gino Grimaldi a Cogoleto Il Letimbro 31 luglio 1998

e poi Mostra nella Cappella del Doge del Ducale grazie a Giovanna Rotondi Terminiello

Cammeo XXXVIII Giacomo Soffiantino il pittore della luce

e uno strano "bottone", onoreficenza in guerra di suo padre e anche del mio 

Giacomo Soffiantino alla Galleria S. Bernardo corriere Mercantile 18 ottobre 2000

Gnudi architetto e scultore Settimanale cattolico 1 novembre 2000

Esigenza del Sacro nell'Arte Settimanale cattolico 1 novembre 2000

Enrica Clavarino, un'amica, Pittori liguri e milanesi mostrano i loro navigli. Settimanale cattolico 20 giugno 1991 e

Foto  di un Paesaggio delle sue "Atmosfere fiorite"

Fabrizio Piombo un artista che lavora con la splendida Fondazione Garaventa Personale Castello di Nervi 2012

La Fondazione Eugenio Balzan  alla GAM di Nervi. Balzan che entrò da correttor di bozze al Corriere della Sera e poi per 30 anni amministratore. Settimanale cattolico 1 aprile 2007

ARTE E MUSICA  

Francesco Boero pittore del jazz e il muretto del Porticciolo di Nervi  Il Giornale 6 ottobre 1992

Foto del Muretto e sfondo sull'inizio passeggiata Anita Garibaldi che si ammira da lì

Giornata del gatto nel nome di Colombo, martedì grasso a Nervi con musica Il Giornale 13 febbraio 1994

Foto: Settembre 1993 per i 50 anni d'arte di Mini da Nervi: un omaggio a me con Piattino da Fiesta

Il Museo del Jazz, Il Giorno 9 novembre 2000

Mostra I predatori al Castello d'Albertis, un Museo che guarda al Mondo Il Giornale 2 aprile 2009 e

Foto rana cornuta

ARTE IN CUCINA

Bernardo Pianetti della Stufa  "I piatti medicei" -  Conferenza alla Società del Casino Il Giornale 24 giugno 2009

Jenny Bassani Liscia (sorella di Giorgio) "La tavola dei Bassani" Il Corriere Mercantile 16 maggio 2000

La  storia passa nella cucina Bassani Il Giorno  6 ottobre 2000

Laura Rangoni Profumi e sapori di Liguria: Stoccafisso e Baccalà  Il Giornale 13 mazo 2010

 

 

 

 

    

Genovesi in posa. Appunti sulla ritrattistica tra fine Seicento e Settecento

di Daniele Sanguineti. 

E il saggio "Volti scolpiti" di Mariangela Bruno

Un libro sontuoso Genovesi in posa – Appunti sulla ritrattistica tra fine Seicento e Settecento di Daniele Sanguineti. In parallelo al percorso pittorico, “Volti scolpiti”, un saggio di Mariangela Bruno sui ritratti in marmo dell’élite genovese dell’epoca.

Non a caso l’aggettivo “sontuoso”, che ci restituisce l’abbigliamento di nobili, dame, dogi e alti prelati, le acconciature sia nelle parrucche come in elementi di moda quale il torchon, capigliatura delle dame raccolta di lato e in voga dagli anni Ottanta del Seicento. Tra altre mode quella del “moretto” che nel ritratto di dama (fig. 66, forse di Giovanni Andrea Delle Piane) ci ridà una copia di quello del 1713 di Francois de Troy. Il fascino dell’esotico rendeva la figura del servo di colore ambita perfino come ornamento di mobili e gioielli. Il servo del dipinto potrebbe rappresentare una connessione con l’ambiente teatrale e con il successo di opere come “Moro per amore”, musicato da Stradella. Anche la dama del dipinto ha un’aria arguta, da teatrante, un poco dissononante dalle altre bellezze del tempo. Sia dal pensoso “Ritratto di dama” (di Alessandro Magnasco), prima foto del libro: una bruna bellezza, abbigliata in tessuto blu ricamato in oro, con collana di perle e orecchini a goccia, con il décolleté che sboccia da un merletto; sia di altre bellezze, indubitabilmente bionde per l’incarnato (nuova conquista della pittura). Da non dimenticare tra le testimonianze di visitatori illustri questa di Mark Twain, del secolo dopo, sulla bellezza delle genovesi: “Hanno capelli biondissimi e molte di loro occhi azzurri...”

 

Quaderni dei Musei di Strada Nuova: I Brignole-Sale prima di Palazzo Rosso. Dimore e Dipinti

a cura di Piero Boccardo

Con in copertina Anton Giulio Brignole-Sale sul cavallo bianco, ritratto da Van Dyck, s'inaugura il primo dei Quaderni dei Musei di Strada Nuova: I Brignole-Sale prima di Palazzo Rosso. Dimore e Dipinti (1573-1662). Sponsorizzato dal Rotary Club di Genova inaugura una "Collana" incentrata su Palazzo Rosso, la Quadreria di Gio.Francesco Brignole-Sale (il padre), l'Appartamento di Anton Giulio, un percorso in otto Quaderni fino a Gli arredi della Duchessa di Galliera. Libri d'arte che ci fanno capire l'importanza di una Genova allora splendida. La casa editrice, SilvanaEditoriale, viene definita "primaria" nell'intensa introduzione di Carla Sibilla. L'assessore sottolinea l'azione del Rotary Club di Genova (inaugurato nel 1924, terzo in Italia) e come il ripristino filologico del salone del secondo piano nobile di Palazzo Rosso sia stato perseguito da Piero Boccardo, curatore di questo primo Quaderno, con testi suoi, di Raffaella Besta e Margherita Priarone

Per me nominare "Silvana" Editoriale d'arte tocca un tasto affettivo: ad essa appartiene Le più belle rose di Redouté (stampe dedicate al roseto di Giuseppina Beauharnais alla Malmaison), libro che mi regalò mia suocera quando la conobbi. Non solo, il ritratto di Antono Giulio in copertina del I Quaderno mi ricorda la Mostra su Van Dyck al Ducale, evento internazionale ineguagliato nella nostra città, ma anche parole di Santa Giovanna D'Arco quando, prima di essere ferita in battaglia e le fu dato un bianco destriero, disse presaga: "Solo i felici cavalcano su cavalli bianchi".

Felice Anton Giulio? A lui è dedicato, dopo quello del padre Gio.Francesco (doge nel 1935), un intenso "ritratto scritto". Sposò ventenne la poco più che diciassettenne Paola G.B. Adorno. Sposi per 23 anni fino alla prematura morte nel 1648 di Paolina (un matrimonio con sette figli), l'anno dopo Anton Giulio si fece prete. S'era distinto in campo letterario (la sua passione, con culmine Le instabilità dell'ingegno del 1635) e come inviato in un'ambasceria straordinaria in Spagna nel 1643, per far legittimare quel titolo e grado regio che la Repubblica di Genova si era attribuita. Quattro anni dopo passò nella Compagnia di Gesù, morì a 57 anni. Il matrimonio di suo padre Gio.Francesco con Geronima, unica figlia di Giulio Sale aveva comportato l'acquisizione del marchesato di Gropppoli in Toscana, del suo palazzo di città (prospiciente S. Maria di Castello) e della villa in Albaro; il casato era diventato dei Brignole-Sale e Palazzo Rosso fu poi edificato dai figli di Antono Giulio.

Se questa storia di famiglia appare affascinante, il pregio più grande del Quaderno consiste nel constatare il gusto sicuro di collezionisti di Gio.Francesco e Anton Giulio, per cui il libro diventa anche un invito a tornare a Palazzo Rosso. Per apprezzare i due tondi "Paesaggio invernale con giocatori di hockey su ghiaccio" e "Paesaggio invernale con pattinatori e slitte" di Hendrick Avercamp, per cui la consultazione dell'inventario della Quadreria, steso da Gio.Franceco, ha fatto smascherare una prima falsa attribuzione a Brueghel. Seducono le quattro "Sibille" di Guido Reni (e bottega), la sua intensa "Madonna orante", veri omaggi alla bellezza femminile e, in questo senso, anche il volto sensuale di "Madonna con Bambino" del Procaccini o il pensoso "Ritratto di dama" di Francesco Montemezzano. A guardare le riproduzioni nel silenzio della propria casa, la riflessione sulla capacità artistica di questi grandi  si fa fin struggente. Di Van Dyck segnalo i ritratti, a figura intera, di Anton Giulio, della moglie Paolina, della madre Geronima con la figlia Aurelia di appena dieci anni. Né si può tacere de "La cuoca" di Bernardo Strozzi (la giovane che spenna l'oca) e ci viene ricordato che un'analoga versione da poco fa parte della National Gallery of Scotland di Edimburgo. Quindi l'invito è anche a viaggiare per ri-conoscere, per incantarsi una volta di più. Non a caso, la Collana dei Quaderni avrà diffusione internazionale e saranno collocati al Metropolitan di New York, al Louvre di Parigi, allo Zwinger di Dresda.  Intelligente promozione turistica!

                        Maria Luisa Bressani

 

BAROCCO in Liguria

Franca Guelfi: Salita di Pietra Minuta dove è lo studio di Mimmo

e Parodi Gli antichi mestieri

 

  

Per Mimma anima storica del concorso scolastico del MPV il mio ultimo articolo per i ragazzi vincitori del viaggio a Strasburgo

“L’Europa di domani è nelle vostre mani”, è la frase di Giovanni Paolo II scelta come titolo per il 25° Concorso scolastico del Movimento per la Vita. Quel Papa, così amato, gridò alto da Santiago nel 1987: “Europa sii te stessa. Riscopri le tue origini. Ricostituisci la tua unità spirituale”. Cose favorite dall’euro, dalla speranza di forza dei nostri mercati, ma che non sono  la vera unità europea.

I risultati del Concorso saranno proclamati ufficialmente il 20 prossimo dal Movimento per la Vita a Roma presso la Sala Nervi. Per la Liguria prima classificata è Luisa Santucci, seconda Caterina Ozhukkand, terzo Marco Rovere. In premio andranno a Strasburgo in visita al Parlamento europeo.

Lisa Santucci, del III anno Programmatori Industriali del Ruffini di Imperia, ha puntato sul principio del “non discriminare”, iniziando con vivacità di scrittura al femminile con un “Guarda quella ragazza com’è grassa!” Da questa frase (la parola ferisce più della spada) e da altri esempi d’incapacità di serena convivenza anche tra connazionali è risalita al  “non umiliare” ancor più doveroso verso chi viene –straniero- da noi.

Caterina Ozhukkand delle magistrali Santa Maria ad Nives di Pegli, una ragazza più grande dei  coetanei della sua classe (probabilmente per difficoltà dovute ad una provenienza da altro Paese, ma per questo forse più cosciente di valori che da noi si stanno appannando) ha fatto risaltare i falsi diritti come la “libertà della madre”. Questa libertà ha causato dal ’78 al ’99 di più di quattro milioni di aborti (e sarebbe da ricordare il dramma interiore che le madri per aver scelto di abortire vivono poi per sempre!). La legge però consente la pratica abortiva in tutti gli Stati europei in contrasto con la Carta dei Diritti. E questa Europa, “confusa” anche sul piano giuridico, spaventa i ragazzi che sentono la responsabilità del futuro e vedono la crisi.

In ordine di classifica altri temi segnalati sono stati  tutti di allievi delle Gianelline di Chiavari: Laura Zatta, Daniela Raffa, Agostino Pilia, Arianna Malatesta.

Di recente Papa Ratzinger ha detto: L’unione dell’uomo e della donna in quella comunità d’amore e di vita che è il matrimonio, costituiscono l’unico ‘luogo’ degno per la chiamata all’esistenza di un nuovo essere umano”. In questa Europa libertaria, forse liberale, certo un po’ libertina nello show dei potenti (due o più mogli, qualche amante, figli dalle varie unioni, crescente liberalizzazione per i gay e i loro diritti, se no si è “talebani integralisti”), il Papa trova man forte in un ironico quadro nel  Museo dell’Oeuvre Notre-Dame (Museo splendido!), di anonimo nell’anno 1470: “Les amants trépassés”. Andare a Strasburgo, soprannominato “paese delle cicogne” (quelle vere con i giganteschi nidi augurali per la vita), è occasione per ammirarlo a richiamo morale, è vedere in Cattedrale l’Organo del 1489 e l’Orologio astronomico con figure animate, è “conoscere persone provenienti da Italia ed Europa, entrando in contatto con idee diverse dalle proprie; è capire come funziona un mondo politico, prima visto solo nei Tg”, come dice Gabriele, un vincitore  dell’anno passato dalla Liguria.

                          Maria Luisa Bressani

 

 

Dal 1470 con ironia:

Les amants  trépassés

Conferenza del marchese Bernardo Pianetti Della Stufa

alla Società del Casino

fondata dall'aristocrazia genovese nel 1836

NERVI: La piccola Versailles - 4 Musei

GAM, Raccolte Frugone, Luxoro, Wolfsoniana

e 4 Parchi di cui il Luxoro affacciato sul mare

 

Com'è vero che gli articoli di giornale presto invecchiano e allora dato che bisogna vedere ma con piacere ecco per la vista alcune immagini reali di quadri: per la GAM quello della Giardiniera di Pennasilico (riprodotta nell'articolo), poi un indimenticabile Merello (Il promontorio di Portofino

I Guelfi: l'incisore Mimmo

e le figlie

Franca dei Probiviri di Italia Nostra

e Mimma anima storica del Concorso scolastico del MPV

 

La storia passa dalla cucina: Jenny Liscia Bassani (sorella di Giorgio Bassani)   Corriere Mercantile 16 maggio 2000

Ed ora ecco il quadro che a me della Wolfson è quello che piace di più, pur tra tanti suggestivi e poiché le Collezioni della Wolfson sono di arti applicate vi si trovano dal modello della prima littorina ad una numerosa serie di sedie ideate da artisti alla stupenda stanza di Antonio Rubino dedicata ad un bimbo, cioè quella che ciascun bimbo vorrebbe avere a meno ché non sia "un incubo" come ha scritto qualche giornalista  davvero ha un po' dell'incubo se si considera l'olio Il bimbo cattivo del 1921.

Non può mancare un riconoscimento a piatti tipici liguri ma facendo notare che nella paginata era incastrato l'articolo sul Bruco che sarebbe un'opera da fare per velocizzare il traposrto merci con Genova e invece non si fa e nella colonna a fianco c'è la mia recensione a Itinerari della Destra Cattolica di Piero Vassallo che è stata impaginata con il titolo: Tutte le colpe di Bindi e Fini. E anche questo va benissimo al fine di non dimenticare

  

Profumi e sapori di Liguria

Stoccafisso e Baccalà

di Laura Rangoni

ARTE E TRADIZIONE

Questo Presepe grazie anche alla Regione e all'intelligenza del presidente, il leghista Cota, ha avuto avuto buon seguito con allestimenti vari e di pregio

  

Il seguente scritto viene da un raffinato pieghevole  di Franca Gulefi dedicato la luogo dove è los tudio del padre Mimmo e dove lei abita dal 1945: quindi un atto d'amore verso la sua famiglia e la sua casa, anzi mi scuso qui ed ora con Franca perché convinta del fatto che la cultura costi un po' di fatica e che quindi per raggiungere una cosa bella bisogna quando si è saputo che esiste cercafe di raggiungerla, ho però pensato che forse nons arebbe così facile. Ho avuto questo dono da Franca e lo metto in tutta la sua bellezza e con il rispetto dovuto (e che ho sempre cercato di portare) a tutti coloro che conla loro ricerca custodiscono la memoria del nostro vivere: le strade, il verde, i ricordi, la storia.

Segue poi sempre di Franca Guelfi il ricordo di un borgo a lei caro: Parodi.

Prima di ricordare qualche artista che mi ha lasciato di sé buon ricordo per umanità, signorilità, sovrana semplicità (la "semplicità è l'aver masticato tante cose" come, ripose un grande ad un'intervistatrice trilli-trilli che lo seccava dicendo: "ma lei com'è semplice, davvero semplice") vorrei dar voce ad un quadro che ho impresso nella memoria e che può far seguito agli Amants Trépassés dell'anonimo quatrocentesco.

Mi trovai ad una personale di Arturo Caminati di cui nel Teatro Carlo Felice figura l'opera che vinse un concorso in Genova e gli fruttò un alto compenso. L'opera gli fu ispirata dalla moglie che gli suggerì di dipingere tutto in azzurro e a quella Mostra Caminati mi illustrava con gran garbo e simpatia i suoi quadri. Uno era tutto scuro e quando gli chiesi la ragione, disse: "Avevo avuto una forte depressione e mi avevano fatto l'elettroshock (le vie spesso dolorose degli artisti che prima di arrivare al successo subiscono tante incomprensioni...). Poi arrivammo davanti ad una tela non tanto grande dove c'era come l'assunzione della Vergine e mi disse: "Questa (la Vergine Assunta)  è mia moglie, che purtroppo non è più". Il quadro nella tonalità di vari azzurri in basso sulla destra aveva un figura di diavolo d'aspetto di donna procace con tanto di guepière e giarrettiera. Gli chiesi: "E questa cos'è?" Rispose: "Una per cui avevo preso una sbandata". E una volta di più apprezzai il candore, l'aspetto naif che tante volte grandi artisti nascondono in sé: la capacità di guardare il mondo con occhi eternamente bambini

Giacomo Soffiantino alla Galleria S. Bernardo

("Corriere Mercantile" 18 ottobre 2000)

ARTE IN CUCINA:

 

la Storia passa anche  dalla cucina

Se inserisco qui il  ricordo di Soffiantino che mi colpì per la sua signorilità è anche per un fatto personale: sono i particolari del tutto autobiografici che nei giornali non si possono certo scrivere perché non interesserebbero nessuno, ma questo è il mio Sito (il mio testamento di scrittura) e ci metto anche un po' di me tanto più che sempre nelle recensioni o negli incontri per giornalismo ho cercato di entrare in empatia con l'autore, di sovrappormi un po' a lui, per capire meglio ciò che provavo di più valido rispetto al mio sentire. E sono felice di aver trovato riscontro in questo mio modo in Filippo La Porta (vedere la recensione "Uno sguardo sulla città").

Ora accadde a me e a mio fratello quando ci toccò di aprire la cassetta di sicurezza dei miei genitori di trovarvi di tutto (fin qualche dente d'oro lì conservato) e tra le altre cose uno "strano bottone". "Cos'è questo?" chiese mio fratello, amante della storia e che collezionava un tempo soldatini per cui mio padre ci disse una volta: "ma guarda che figli ho fatto: uno colleziona soldatini, l'altra (era il mio primo ed unico anno d'insegamento) corregge i temi degli alunni per tutto il giorno e piange e si commuove come fossero opere d'arte"). Anzi a io fratello, quattro anni di più e mandato a scuola un anno in anticipo, fui affidata prima della maturità da mia madre perché mi facesse ripassare storia. C'erano due cose di cui Ferruccio era un esperto: La Rivoluzione Francese e Mussolini in quanto storia contemporanea che allora no si studiava proprio (al punto che alla sua maturità rischiò di esere bocciato perché nel tema aveva scritto: "Casa Savoia tradì l'Italia"); io invece di quelle due cose mi ero poco occupata con la teoria che ne basta uno in famiglia che sia forte su un argomento o versante. Così il fratello mi chiese: "Dimmi della Presa della Bastiglia".

 E io drammatizzando: "La folla inferocita si rovesciò alla Bastiglia al grido di Panel, panel". "Cos'é questo Panel?" "Pane in francese". "Si dice pain". "Lo so, ma sarà una forma dialettale di  quei tempi". "Dove l'hai trovato?" Vergognosa gil portai il Bignami dove in fondo alla pagina c'era pane con il punto esclamativo, ma scritto così piccolo in nota che avevo equivocato.

Così quella volta della cassetta di sicurezza il "bottone strano", lo diedi a mio fratello e poi lo vidi - lo stesso! - al collo di Soffiantino tenuto da una catenina. "Cos'è?" gli chiesi e mi rispose che era un'onoreficenza di guerra data a suo padre appunto durante la  guerra.

Ora nel libro delle Lettere (2001) ho scritto anche cosa sia ed un capitolo riporta una lettera di mio padre in Africa che ho intitolato "Voglia di croce di guerra (e l'ebbe)", ma scusate se ora non lo riprendo per dirlo a Voi dato che se ripercorro quelle pagine è troppo amarcord.

Poi, magari preciserò.

“Dal confine con la Liguria arriva ‘Domenica con una scatola di dolci’. Sentendola parlare sorge il dubbio di non essere in Piemonte poiché la sua cadenza e il suo dialetto sono decisamente liguri, come in tutti i paesi dell’Oltregiogo”. Così Guido Moro presenta la Popolana che porta in dono dolci a Gesù appena nato in Presepe piemontese, storia curiosità costumi fede attività usanze leggende e superstizioni delle Genti del Piemonte (Priuli & Verlucca, editori, Collana di Civiltà e Cultura Piemontese). Per le vesti delle statuine dell’Oltregiogo, l’autore si ispira ad Arquata Scrivia nel cui borgo si allestisce un Presepe di 200 statue con abiti del primo Novecento: il capo e le spalle delle anziane, come nei costumi dell’Appennino genovese, sono avvolti in grandi mezzari di lana.

Moro ci parla di “Domenica” perché, oltre a “Gelindo e i pastori”, “I Musicanti e i Cantori”, “I personaggi della Natività”, “gli Angeli nella Capanna” e le “Genti del Piemonte con i doni della fede”, i Popolani come pure gli Artigiani dei mestieri costituivano i componenti essenziali nei presepi popolari piemontesi. L’autore, con un’accurata ricerca sulle tradizioni (ha visitato una trentina di Musei Etnografici o della Vita contadina, consultato siti Internet località per località, letto  libri antichi e moderni su questa civiltà) ricostruisce un grande affresco, in cui i “Popolani con i prodotti locali e con i regali personali” costituiscono un’attrattiva in più per il lettore moderno, offrendo una rassegna delle attività artigianali e delle produzioni tipiche nel contesto in cui sono maturate.

L’autore, ricercatore e consulente di marketing, è anche ceramista. Non a caso, in tre anni di prove per sviluppare l’antica tecnica di fabbricazione, ha messo a punto una galleria di 240 statuine: personaggi inseriti nella vita quotidiana e negli avvenimenti storici del loro tempo, facendo rivivere mestieri locali, attività itineranti, emigranti, congregazioni, feste, modi di vivere dei vecchi. Incontriamo Monsù Carlin di Cuneo  con i marrons glacés e i cuneeesi al rhum, Beppe con i cestini di mele e pere della Langa, tra cui la Madernassa (varietà autoctona di storia pluricentenaria del Roero), che secondo tradizione va bollita nel vino con zenzero e vaniglia. Lorenzina dal Monregalese reca il piatto “Antica Mondovì”, su cui è raffigurato il gallo. Di esso l’autore ci parla nelle prime pagine del libro descrivendo gli animali del presepe. Il gallo è stato il primo a cantare al momento della nascita di Gesù ed è presente in molte religioni, relazionato al destino ultraterreno dell’uomo. Nel descrivere Lorenzina, l’autore si sofferma, come fa per ogni altra località, sulla storia produttiva di Mondovì, dall’arte tipografica (nel 1472 vi venne stampato, per la prima volta in Piemonte un libro, il De Institutione confessorum), alla produzione di sete e cappelli di paglia, a quella di maioliche e ceramiche. E correda questa pagina (come tante altre) con una poesia in dialetto, che riguarda un poveretto a Natale: “Sot al feste, quand ch’ van tuti ‘n ferie/ son restà sol, bonòm, senza quatrin/ sol pèj d’un can, strassà, carià ‘d miserie./ E per marenda na branca ‘d luvrin”. Ma il poveretto si accorge anche di  un cit, (un bimbo) che lo segue piangendo perché spera di avere da lui un pezzetto di pane: qualcuno è sempre più povero del più povero...

Questo presepe è piemontese, ma per i tanti legami storici con la Liguria ci inonda di ricordi della nostra terra: dai panini con frittata che gli ambulanti offrivano alla stazione di Ceva ai viaggiatori dal Piemonte al mare, agli “Ancioé”, venditori ambulanti di acciughe sotto sale (indispensabili alla bagna càoda) che erano montanari della Valle Maira discesi fino al porto di Genova, ma anche abitanti della riviera, di Santa Margherita, Finale, Celle che risalivano l’Appennino per vendere prodotti liguri e “spezie”, arrivate per mare, nel basso Piemonte.

Veniva a Genova dal Piemonte il fustagno, di cui si parla a proposito della Tëssiòira (tessitrice), tinto in blu (colore ricavato dalla pianta del gualdo), usato anche dall’esercito sabaudo per cui i Savoia avviarono azioni protezionistiche. Quel fustagno di Chieri, esportato attraverso  il porto di Genova, veniva chiamato “blu di Genova”, da cui in America “blue jeans” come “denim” dalla francese “de Nîmes”, produttrice di fustagno.

Nel libro, tante e tante notizie, storia e tradizione, ma anche passi del Vangelo per ricordare il significato di ogni statuina, storie di miracoli, di Santuari, e curiosità come la nascita del Presepe popolare a Napoli quando San Gaetano da Thiène (su invito della Madonna che gli era apparsa durante la messa di Natale del 1517) rappresentò la Natività all’Ospedale degli Incurabili nell’Oratorio S. Maria della Stalletta con un’innovazione straordinaria: pastori e popolani indossavano abiti del tempo.

                                      Maria Luisa Bressani

 

 

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Presepe Piemontese - I personaggi della Tradizione

storia curiosità costumi fede attivitù usanze

di Guido Moro

(Un Presepe anche un po' ligure)

Chiese e Parrocchie gentilizie a Genova. 

Aristocrazia, Arte, Devozione 

di Alessandra Toncini Cabella

  

Inserisco ora il ricordo di Librini d'arte in quanto un po' fa seguito al ricordo di Mimmo Guelfi: sono conservati alla sezione di conservazione della genovese Biblioteca Berio e sono stati presentati

grazie all'intelligente attenzione di Laura Malfatto (poi direttrice dei Musei genovesi): una gran cultura senza ostentazione alcuna e sempre con grande disponibilità.

      

Per i Musei di Nervi e il loro straordinario valore inserirò altri testi (riguardo le Raccolte Frugone e il Luxoro) ma ora mi preme ricordare un Museo speciale che nasce dall'amore per il collezionismo dell'ing. Amedeo Lia e che si trova a La Spezia: sarebbe d'obbligo una visita. E inserisco a fianco la cartolina che l'ing. Lia m'inviò come grazie per l'articolo.

Questa impaginazione con l'immagine forse più intensa del Papa si spiega perché dopo segue un importante articolo di Giorgio Acquaviva dal titolo "Il papa polacco si racconta e viene raccontato: Un gigante dei nostri giorni!"

 Ma che gioia per me nell'impaginazione del Giorno avere l'articolo a fianco del "mio" Papa del coraggio!, che disse a tutti noi: "Non abbiate paura!" Lui ci ha fatto crescere.

Ho amato molto questo articolo (l'impaginazione ha un gran rilievo nella presentazione di ciò che si scrive), articolo scritto quando c'era ancora la mia mamma perché nella sofferenza del Papa polacco vedevo la sua e poi perché fui ringraziata con grande cortesia da Amedeo Lia stesso e da Marzia Ratti che aveva allestito il Museo con la cartolina che ho allegato.

Non ho conosciuto Lia di persona benché sia stata invitata a La Spezia e mi chiedo perché mai debba andare d'accordo solo con persone che avevano circa 90 anni o con persone dell'età dei miei figli: sono nata troppo tardi o troppo presto?

Della Ratti  poi potei scrivere di una bella Mostra che organizzò al Ducale di Genova sui disegni dei prigionieri dai campi di concentramento nell'ultima guerra. E poi fui invitata tramite suo a parlare al Centro Allende sulle Foibe, sorta ti tardivo risarcimento dopo l'infelice presentazione delle Lettere dei miei genitori all'Istituto della Resistenza e di cui racconto alla pagina "Autori" nel mio XXV Cammeo seguito da una lettera "Contro l'intolleranza". Però non andai a parlare sulle Foibe anche se era dalla presentazione a Levanto che alcuni i quali si erano presentati mi aspettavano confidando in parole serene e con verità. Fui sostituita al Centro Allende da un Concerto molto più pacificatore senz'altro: la musica ha sempre un effetto catartico.

E  poiché mi par di ricordare che questo sia stato uno dei primi articoli della mia collaborazione al Giorno, di cui sono stata molto orgogliosa e che molto ho amato, voglio ringraziare qui pubblicamente il giornalista che si occupava della pagina cultura Gianni Buosi e che allora accolse la mia collaborazione. Sono pochi i giornalisti che ricordo con affetto a parte la "famiglia" costituita al Giornale-pagine di Genova e Liguria dal caro Massimiliano Lussana che continuo a leggere tuttora con piacere perché è un giovane preparato, sensibile e capace di idee aggreganti e che portano linfa e fantasia a quelle pagine.

Mostra I predatori a Castello d'Albertis

un Museo che guarda al Mondo

  

Giorgio Gnudi architetto e scultore

La vita di una Circoscrizione, come già ricordato altre volte, si lega anche alle attività delle associazioni sul territorio e delle parrocchie. In quest’ottica è “un evento” il ricordo pochi giorni or sono di un’opera di Giorgio Gnudi per la Chiesa di San Pietro di Quinto al Mare: l’altare nuovo rivolto verso i fedeli.

Il ricordo nasce dalla pubblicazione del libro Giorgio Gnudi architetto e artista del critico d’arte Luciano Caprile, appena presentato con gran successo di pubblico presso la sede dell’Ordine degli Architetti della Provincia di Genova.  Nel libro, tra le molte opere di Gnudi, viene dato risalto e riprodotto il disegno ad acquarello di questo altare. Quando a Gnudi fu commissionata l’opera, dapprima rappresentò un San Pietro che scende dalla barca e va verso la gente, ma don Giuseppe Perlenghini gli chiese qualcosa di meno tradizionale. Gnudi si chiuse nel suo studio di Pegli e preparò un plastico raffigurante una croce che preme la superficie di un masso spaccandolo in pezzi come schegge di sangue. Fu entusiasmo e quella croce, realizzata in marmo rosso di Francia, spicca sul bianco del blocco che la sostiene. “Simbolo della vita che vince la morte” commenta il parroco don Corrado Franzoia.

Il cardinale Tettamanzi quando venne a San Pietro di Quinto, prima della Messa girò incuriosito attorno all’altare e durante l’omelia, levando le braccia in alto, propruppe quasi in un grido: “Lasciatemi dire che l’altare è bellissimo”. L’architetto Gnudi, presente tra i fedeli, racconta di aver pianto come un bambino e di conservare, preziosa e cara, la lettera che poi Tettamanzi gli indirizzò.

Se c’è stata viva condivisione è perché Gnudi, 83 anni, ha alle spalle una vita dedicata alla scultura e all’architettura. Ancora studente del liceo artistico  disegnò le assonometrie della Basilica di Carignano e dopo la laurea anche per quello splendido disegno, apprezzato dal soprintendente Ceschi, fu chiamato dalla Curia con  incarichi di studio e restauro in ben 37 Chiese di Genova.

Fra le sculture sacre la Via Crucis per la chiesa della Resurrezione di Borgoratti; i grandi progetti: i lavori alla Madonna della Guardia per ingrandire lo spazio tra l’altare e le balaustre decorate con un mirabile intarsio, spostandole in avanti di tre metri e mezzo; i restauri del Santuario di Montallegro; l’altare della Basilica dei Santi Gervasio e Protasio di Rapallo con il mirabile volo d’angeli, che reggono il piano d’altare in punta d’ali. Tra le progettazioni civili (nel tempo è stato coadiuvato dal figlio ingegnere) tanti i lavori per l’Ansaldo,  per la centrale elettronucleare di Caorso, ora per il Polo Erzelli. Il libro di Caprile (De Ferrari Editore) illustra l’opera di questo enciclopedico, umile ed eccellente artista-architetto, innamorato del Sacro come di una contemporaneità con radici in Michelangelo e Brunelleschi.

                               Maria Luisa Bressani

 

 

 

 

 

“Colori intensi e sentimento, profondità e purezza del gesto”, apprezzamenti critici su Fabrizio Piombo di Nalda Mura e Germano Beringheli che lo ha incluso nel suo Dizionario degli Artisti liguri. Di mio aggiungo la parola “mistero”. Fabrizio ha 37 anni, è talento autentico di pittore e ceramista.

La sua ultima  Personale è stata a fine novembre al Castello di Nervi, la sua prima alla Pro Loco di Bogliasco a 14 anni e ne ha tenute altre 18 tra Liguria e Piemonte, partecipando anche a 11 collettive, alcune intineranti, protratte per qualche anno; una Mostra in Ecuador nel 2008 con il Gruppo artistico Caprile e  Garaventa. Forse da qell’incontro la sua volontà di devolvere il ricavato della vendita delle opere alla Onlus “Mattone su mattone”, operante in Paesi sottosviluppati.

In Mostra ho ammirato  piattini portacenere, grandi vassoi porta oggetti, una fruttiera nei colori del bronzo di cui Beringheli dice: “Mi fa impazzire”. Il primo quadro che ho visto, salendo dalla ripida scaletta della torre del Castello, aveva i colori di un Merello, ma ovattati, filtrati da una lontananza. Ho pensato: “Davanti ad una marina così potrei morire o smemorarmi in pace”. Fabrizio dipinge la saudade, che traduco così: “Un’indelebile ferita dell’anima, l’ansia di un assoluto che ci manca”.

Fabrizio è nato down e molti di questi bambini hanno spiccate potenzialità artistiche. Una volta la mamma, dottoressa e cofondatrice di un Centro educativo (allora c’era un’assistenza indifferenziata per le varie disabilità e incapace di valorizzare le singole capacità) me lo affidò perché lo portassi in auto al Centro. Dalle nostre case distava più di mezz’ora di viaggio. Chiesi: “E se si stufa?” “Fallo cantare, gli piace la musica”. Alla prima irrequietezza iniziai a cantare e vidi spuntare la testolina di Fabrizio al di sopra della mia spalla. Sono stonata e lui diceva “no, no” e mi dava il tempo con la manina. Sapevo di doverlo portare nei pressi dell’Acquasola e Grazia mi aveva detto che lui mi avrebbe insegnato dove andare. Invece mi guidò dritto ai giardini dove voleva giocare. Solo quando me ne accorsi, mi indirizzò al posto giusto ma con la faccetta scura del bimbo deluso.

Forse per antico feeling, quando mi vede, mi abbraccia solare, però quando alla Mostra gli chiedo: “mi spieghi la tecnica “a colombino” che hanno individuato nelle tue ceramiche, si fa serio, concentrato. Accompagnandosi con le mani come tornisse un vaso, risponde: “E’ la forma”. Di colpo mi zittisco. Con umiltà. So di aver toccato l’inaccessibilità segreta dell’artista”.

                          Maria Luisa Bressani

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 Fabrizio Piombo un artista

che lavora con la splendida Fondazione Garaventa

2012 Castello di Nervi

 

        

Fiore all’occhiello della Ligurpress, una casa editrice con 90 titoli su tematiche storico-culturali del Nord-Ovest, sono due libri di cucina di Laura Rangoni: Profumi e sapori di Liguria con 409 ricette, Stoccafisso e Baccalà con 250.

Laura, ricercatrice di antiche ricette, dell’uso di erbe officinali, insegnante di Storia dell’Alimentazione negli Istituti Alberghieri, ha scritto una cinquantina di testi (www.laurarangoni.com; www.laura-cooking.com).

Immergiamoci subito nel primo. Nella prefazione ci racconta come la cucina ligure sia “contadina e montana con scarso impiego di grassi animali, largo uso di piante aromatiche, diffusione di carne bianca, noci, castagne, funghi”. Il pesce non manca anche se non così impiegato come si crede e alcune preparazioni sfruttano i meno pregiati: “stoccafisso, pesce dei poveri (una volta!), borghe, gronghi, sgombri, acciughe”.

Io, golosa di dolci per una tradizione di cucina viennese (che poi vuol dire Praga da cui venivano i grandi cuochi) mi sono soffermata sulla  “Torta casalinga tipo Panarello”, la cui ricetta, brevettata, non si può avere uguale, ma com’è descritta promette assai: provarla è un “must”.

Il viaggio nei dolci raccontati da Laura è tra luoghi e sapori cari: Amaretti di Gavenola, Canestrelli di Bugnato che differiscono da quelli di Taggia per le dosi degli ingredienti (i primi arricchiti di miele); Castagnole di Ventimiglia, Ciavai di Chiavari, Figalini di Arnasco...

L’autrice ci avverte che la cucina ligure rivela influenze di altri Paesi; ogni navigante che nei secoli è passato da Genova ha lasciato qualcosa della sua tradizione, subito genovesizzata. La prescinseua ricorda lo yogurt di piatti arabi, l’aggiada (aglio,mollica, aceto e bianco secco), un piatto siciliano, la farinata il Libano.

Di schietta tradizione il “Coniglio al Rossese di Dolceacqua” che fa assaporare uno dei migliori vini liguri e un piatto, “Il Paciugo”, ci riporta alla leggenda, alle statue lignee di Coronata, al detto: “Passou o monte de Portofin, te saluto moggê che son fantin”. Ancora: preboggion, zimino, boraggine, olive, pinoli, noci, tutto un ghiotto valzer. Chi è fedele all’antica povertà ha Pancotto,  Latte dolce fritto.

Stoccafisso e Baccalà ci racconta della necessità per i pescatori di conservare il pescato: stoccafisso, “stockfish”, significa “pesce legno”. Pare che già nel 1200 i pescatori baschi si siano spinti a nord per i merluzzi, facili da catturare nella stagione degli amori. In proposito una sorpresa della natura: un gran party tra merluzzi americani e europei che vanno ad Islanda e Groenlandia per accoppiarsi con partners dal Labrador e Terranova. Pescaggi eccezionali, anche di 30milioni di capi l’anno.

Dopo la colta digressione Laura osserva che “Il merluzzo è come il maiale” e nulla si butta: testa e pinne danno la colla di pesce, le interiora servono per  fertilizzanti, dal fegato viene l’olio di merluzzo, un tempo il ricostituente ipervitaminico più diffuso.

La differenza tra stoccafisso e baccalà? Il baccalà è  filetto di merluzzo, salatissimo, da lasciare in acqua per 8/10 ore per prepararlo. Lo stoccafisso, con testa e coda, è poco salato ed essiccato: si ammolla per uno o due giorni. Delle ricette ne segnalo due: Bavarese di baccalà, piatto sfizioso che s’inizia foderando uno stampo da budini con salmone affumicato e il Brandacujon, alla vicentina, per cui si utilizza un chilo di stoccafisso “ragno”, il norvegese di miglior qualità.  Il libro è viaggio “educativo” nella cucina ligure e italiana, anche nel mondo: Baccalà alla Gomes di Sà, Ceviche peruviano, Crema alla marsigliese, Pasteis da bacalhau de Lisboa o della costa di Estoril, e via sognando.

Due libri da consigliare a chi sta per intraprendere una dieta: saziano leggendo e portano lontano la fantasia. Se un ginecologo leggesse il secondo si guarderebbe dal dire che dove partorisce una genovese si sente “popolano odor di baccalà che fa latte”: è profumo!

                      Maria Luisa Bressani

 

 

Francesco Boero pittore del jazz

e il muretto artistico del Porticciolo di Nervi

e Giornata del gatto nel nome di Colombo

(Il Giornale 13 febbraio 1992)

Boero definito pittore del jazz dato che nei suoi disegni ha rappresentato tutti gli strumenti e come fossero vibranti di suono ha dato il via ad interessanti iniziative con la "Bitta" la  piccola ma prestigiosa casa d'arte che aveva  all'angolo del Porticciolocon via Ganduccio qui ne cito solo due ricordando che per poter applicare le piastrelle degli artisti al muretto dovette provvedere da solo dato che non arrivavano i finanziamenti pubblici che così tanto si dilapidano altrove.

 

  

        XXXIII Cammeo: Il museo Lia

Nell'impaginazione del Giorno il Papa polacco del "Non abbiate paura!"

Il Giorno 15 novembre 1996

 

 

                  Libretti di Mal'Aria di Arrigo Bugiani

Il Giorno 8 dicembre 1996

          XXXVIII Cammeo: Giacomo Soffiantino pittore della luce

         e uno strano "bottone", l'onorificenza in guerra di suo padre

                                e anche del mio

Littorina FIAT II Serie 1938,

1938 reperto della Collezione Wolfson molto apprezzato

Arte e follia. Gino Grimaldi a Cogoleto

(Il Letimbro 31 luglio 1998)

Seguì poi Mostra nella Cappella del Doge al Ducale

grazie a Giovanna Rotondi Terminiello

Fondazione Balzan:

Eugenio Balzan al Corriere della Sera come correttor di bozze

e poi per 30 anni amministratore. Un grande collezionista.

Una Mostra -fiore all'occhiello tre le tante- alla GAM di Nervi Il Giornale 19 marzo 2007

 

 

Museo del Jazz, Il Giorno 9 novembre 2000

Sopra due foto del Muretto con piastrelle di artisti e a fianco la vista d'inizio passeggiata; sotto la foto del Castello dopo i primi trenta metri in salita della passeggiata e La Torre Saracena a metà passeggiata.

Non vorrei che il mio Sito per la bellezza di queste immagini fosse scambiato per una promozione turistica, mentre la bellezza della natura è "Arte di Dio".

Un'altra iniziativa di Boero con partenza dalla sua Bottega d'Arte, La Bitta al Porticciolo di Nervi: "Nervi, martedì grasso con gatti e musica Il Giornale  13 febbraio 1994"

Catalogo Collezione Wolfson, Il Giorno 8 aprile 2001

Avevo detto ad inzio della presentazione dei Musei di Nervi che poi avrei arricchito almeno scrivendo ciò che di prezioso contengono e per la Wolfsoniana provvedo ora inserendo questo pezzullo comparso sul Giorno e sono lieta nell'accorgermi che al curatore del Catalogo piace il "mio" Zircone che prima ho riprodotto.

Una premessa a questa pagina che mi è cara e con la gioia di aver potuto frequentare da giornalista il mondo dell'Arte. Questo è un campo sterminato perciò i testi qui riportati seguono solo il filo personale del mio vissuto. Inizio con libri in cui è anche per me il ricordo di coltissimi conservatori di Musei genovesi e curatori dei libri stessi, proseguo con i 4 Musei di Nervi, località dove vivo dal 1964 quando vi arrivai da sposina, Musei che sono chiamati la Piccola Versailles (è anche attraverso questa mia pagina l'invito a visitarli ma certo è più esauriente prendere un piccolo dépliant di quelli divulgati dal Comune o andare su Internet per trovarvi maggior presentazione con tante foto di opere d'arte. Proseguo con un mio omaggio ideale ad una famiglia d'artisti i Guelfi su cui mi è capitato di scrivere abbastanza spesso dato il gran numero delle loro inziative.

E' stata Franca Guelfi a segnalarmi il libro di Alessandra Cabella sulla cappelle gentilizie.

Alessandra è figlia di Luciana mia compagna fin dalle medie al Doria e la mamma docente ad Economia la ritrovai al momento della laurea di mia figlia Ida:  venne a salutarmi fuori dall'aula, avendomi riconosciuta, e a chiedermi se per caso fossi io che scrivevo sul Giornale. Luciana, quando dopo aver avuto il morbillo in seconda media ero cresciuta di colpo mi chiamava: "Marisa (mio nome in famiglia) la torre di Pisa che pende che pende e mai casca giù". Non ne ero felice ma quando Luciana divenne a sua volta alta come come me, smaniosa di rivincita le dissi: "Adesso sei anche tu una torre di Pisa" e lei "sì, ma quando te lo dicevo era perché avrei voluto essere alta come te". Lei però aveva in più quel faccino alla Audrey Hepburn, quella grazia che hanno le ragazze particolarmente sottili di fisico ed io l'ammiravo.

E poi sempre sul filo di ricordi personali alcuni artisti e sempre per motivi personali. Guido Moro, tanto per dire, che è  l'autore del libro e delle statuine di "Presepe piemontese", è mio cugino d'acquisto avendo sposato Roberta cugina prima di mio marito e a lui molto cara.

E continuo così, ma anche sul filo dei miei ricordi balza fuori un variegato  affresco di artisti. Per Balzan, ad esempio, la spinta ad inserirlo oltre al pregio indubbio della Mostra e del Catalogo, è stato il fatto che lavorò al Corriere della Sera, che ebbe occhio sicuro di collezionista, e quando scrissi il mio "pezzullo" poi dalla Fondazione insistettero per mandarmi il Catalogo. Sottolineai che ormai ero agli sgoccioli del mio scrivere e quindi avrebbero fatto meglio a destinarlo ad altri , invece vollero mandarmelo lo stesso e lo tengo da conto. Andando alle Mostre mi è capitato una volta di assistere ad un critico molto alterato che gridava volendo il Catalogo che spesso è in numero limitato: "Voi non sapete chi sono io..." e mi è anche capitato di trovare ai Parchi di Nervi qualche vecchiettina che giungeva dalla riviera con il treno ma più che per assistere alla Mostra e godersi una giornata di sole invernale in quel paradiso terrestre che è la"nostra" Nervi, per "imbucarsi" cioè per poter godere del rinfresco alla Caffetteria della GAM. E poiché noi siamo sempre tutti molto critici ho spesso sentito sparlare della Caffetteria che potrebbe essere meglio e invece "meno male che c'è". E andando dal Sacro al profano meno male che ha un servizio pubblico di Wc dato che ai Parchi ormai non ne esiste un altro e non stupisca ciò che scrivo adesso in questa premessa nel senso che molte volte mi sono sentita richiamare all'ordine dai cittadini come giornalista pregandomi di scrivere della mancanza di servizi igienici pubblici. A parte che c'è una diffusa e tremenda inciviltà verso questi luoghi pubblici e proprio da chi se ne serve, è  anche una questione di civiltà e di offrire un servizio adeguato al pubblico. Ma dovremmo  imparare a tenere più pulito ciò di cui ci serviamo e che ci è utile.

 

Esigenza del Sacro nell'Arte

Settimanale cattolico 1 novembre 2000

Inserisco questo breve articolo per la qualità delle relatrici Sandra Isetta e Giovanna Rotondi Terminiello ma soprattutto perché se l'Arte è specchio del mondo ha un compito ancora più importante nel rispecchiare l'esigenza di assoluto, d'infinito dell'uomo, il suo voler essere vera immagine di Dio e in questo modo, solo in questo modo, poter riscoprire la sua umanità più vera, nella sua radice profonda.

Di Arte e Sacro ho parlato alla pagina "I Maestri" attraverso la testimonianza del grande scultore Edoardo Alfieri, ma Arte e Sacro balena anche nella pagina In Memoria atrraverso la testa e il volto sofferto e come  smemorato in un'estasi, scolpiti da Margherita Ricaldone

Museo Luxoro Settimanale cattolico 6 novembre 2005

Gloria dei nostri Musei - Star al Louvre -

Gazzetta del Lunedì 19/1/1999

Enrica Clavarino un'amica. Pittori liguri e milanesi mostrano i "loro"navigli. Settimanale cattolico  20 giugno 1991

Con Enrica Clavarino ci siamo conosciute in questa occasione, ne è nata un'amiciza e di lei ho avuto modo di scrivere altre volte perché ogni anno ha sempre allestito personali di successo ed è bravissima a dipingere fiori che io amo molto dato che nulla rallegra come una mazzo di fiori e ci offre la bellezza del mondo nei colori e nelle corolle. Per le sue opere si è spesso usato parlare di "Atmosfere fiorite" in quanto per lei i fiori diventano "simboli" di emozioni e sentimenti.

Un grande critico d'arte, Germano Beringheli 

sulla Mostra di Lucio Fontana al Ducale

Il Giornale 30 ottobre 2008

Il  coccodrillo  ceramica 1936/37- Albissola

Mini Da Nervi( Jolanda Colombini Monti) m'invia questo omaggio a seguito dell'articolo sul Muretto. Non solo: erano le sue nozze d'oro con l'Arte

Mini è stata autrice di oltre 200 libri in  versi e prosa dedicati al mondo dell'infanzia, ha avuto il Premio della Cultura (Presidenza Consiglio Ministri 1959), è stata presente al Salon de l'Enfance di Parigi (1951/1957) e ha all'attivo una Mostra antologica d'Autore omaggio a lei del Comune di Milano in Palazzo Sormani (1984).

L'arabesco "Fiesta"  riprodotto nel piattino di cui mi ha fatto omaggio e qui accanto fotografato (s0stenuto dalla pianta di ciclamino dono della nipotina Lidia (v. Pagina Nervi S.Ilario Quinto) è dedicato a tutti i bimbi del mondo.

Non ho mai conosciuto di persona Mini,  data la mia innata ruvidezza penso a suo tempo di averla almeno ringraziata ma nulla più: riparo ora e questo piattino l'ho conservato nel cassetto del mio comodino sotto una Bibbia e foto varie di figli, riprova del fatto che lo ritenni dono prezioso al mio giornalismo pur se Mini non lo seppe. Più sotto la piastrella di Mini al Porticciolo da sinistra guardando l'apertura centrale, qualche piastrella più in là della prima.

La Storia passa nella cucina Bassani

Il Giorno 6 ottobre 2000

Genova in vetrina a Parigi e "Così venne l'idea"

intervista a Francesca Perrazzelli - Corriere Mercantile 14 gennaio 1999

E' un orgoglio poter scrivere di Francesca Perrazzelli che ho visto bambina quando ancora non camminava e la sorella maggiore Alessandra - di cui pure ho potuto scrivere seppur brevemente - ha vinto il Premio Marisa Bellisario

Rana foglia  cornuta: la bellezza fatta rana!

Di scrivere questo articolo mi fu suggerito da Franca Guelfi dei Probiviri d'Italia Nostra sempre attenta a ciò che di artistico è sul nostro territorio. Le sono grata tanto più che Alessandra è figlia di Luciana cara compagna fin dalle medie al Doria seppur in altra sezione (e le nostre mamme erano amiche).

Così anche grazie al Sito ho rinnovato il contatto con Luciana che è appena andata in pensione dopo un lungo insegnamento di docente alla Facoltà di economia e così di Alessandra ora so che ha un figlio e talvolta ne si ha notizia sui giornali o in Tv in quanto funzionario della Sovritentendenza ai Beni storico-artistici- culturali e che la settimana prima di Natale era a Porto Venere per il recupero di relitto di un aereo del 1943.

Mi piace anche ricordare sul muretto guardando il mare a fianco dell'apertura centrale a sinistra e poco prima della ceramica di Mini questi versi del poeta Manrico Murzi che ha un'intelligente moglie americana: "Vele orcchie di vento ammainate/ nessun albero di nave ha radici nel sale"

Vi piacerebbe un portaombrelli così?

E' di Galileo Chini.

E di fianco:La stagione dell'Incanto (particolare) e La Primavera di Galileo Chini.

Wolfosniana: Fioriera di Galileo Chini.

E' in corso a Forlì una Mostra sul Liberty a dimostrazione di quella splendida stagione creativa spazzata via dalla guerra.

Queste immagini di Galileo Chini mi sono state inviate, sotto forma di cartoline artistiche, dalla figlia Paola Polidori Chini come grazie per un articoletto da me scritto su una presentazione alla Wolfsoniana: ed è piuttosto da ringraziare quel Team di Matteo Fochessati, Gianni Franzone e Silvia Barisione (poi andata alla Wolfson di  Miami),  conservatori del Museo.

In questo 2014 la Wolfsoniana ha organizzato al Munizioniere di Palazzo Ducale anche una Mostra sul Fascismo ma non andrò a vederla dato che sono un po' stanca di questi reperti storici: è la stanchezza di chi non vede un futuro chiaro e si sente sempre come riavvitato nel passato in questa Italia sempre di guelfi e ghibellini.

Non solo moda o costume o “il com’erano gli antenati nobili” dei genovesi. Nel libro incontriamo l’influenza della storia sull’arte nei due secoli successivi alla Genova rinascimentale che primeggiò nel mondo. Daniele Sanguineti, storico dell’arte direttore in seno al Ministero per i Beni Culturali, ci presenta i “Genovesi a Parigi” alla corte del Re Sole con conseguente importazione di ritratti e influenza del Rigaud (il pittore di Re Luigi XIV); gli specialisti genovesi come “Il Mulinaretto (Giovanni Maria Delle Piane) e Enrico Vaymer (per nostra fortuna strappandolo dall’oblio); “Il lusso ostentato” di Domenico Parodi; gli eredi della tradizione barocca da Piola a De Ferrari, l’Accademia, ecc.

Ci presenta quella “nuova generazione di pittori” operante tra l’ultimo quarto del secolo barocco e il primo Settecento, capaci di “sviluppare la ritrattistica di stampo fiammingo varata dalle presenze straordinarie di Rubens e Van Dyck, coniugandola con il riferimento  culturale romano. Furono emendate le inclinazioniu barocche e il faro del razionalismo neoclassico illuminò le arti di tutta l’Europa”.

Nel maggio 1684 la flotta di Luigi XIV aveva  bombardato Genova provocando il cambio delle alleanze con lo scioglimento del secolare legame con la Spagna. Nel 1695 nel libro dei conti di Rigaud compaiono i primi ritratti di genovesi in Francia ben più numerosi di altri clienti italiani. E’ del 1704 il suo ritratto di Anton Giulio II Brignole Sale, a Parigi in qualità d’inviato della Repubblica presso il re. La descrizione del viaggio testimonia un altissimo tenor di vita. Anton Giulio fu artefice dell’ingresso di molti beni di lusso nella dimora avita di Strada Nuova (Palazzo Rosso) e non è chiaro quante copie (perfette come l’originale) furono commissionate per divulgare la sua memoria fra i vari rami di famiglia.

La storia dei ritratti ci racconta storie umane d’eccezione come nel caso di Ferdinando Carlo Gonzaga e della sua “sfortunata” moglie Suzanne Henriette d’Elbeuf. A proposito dell’aggettivo, usato da Sanguineti (curatore anche di Mostre come a Mantova sulla duchessa (2002) piacerebbe saperne di più. Il lettore anche davanti all’incantevole busto di Santa Maria di Cleofa nella Chiesa di San Carlo (una delle sculture presentate nel saggio della Bruno) può non ricordare che, sorella o cugina della Vergine, madre di Giuseppe e Giacomo, con pietà e coraggio presenziò alla crocifissione di Gesù.

Mariangela Bruno come Sanguineti si è specializzata con un dottorato di ricerca. Ci fa notare che nei busti di marmo  si celebrava un intero casato, come molti siano ormai dispersi però rintracciabili nella pubblicistica d’epoca (Raggi, Alizeri) e come le dimore dei genovesi illustri fossero già allora “musei cittadini privati”. E’ una ricerca in gran parte inesplorata nonostante studi sui Dogi di Piero Boccardo e Clario di Fabio o sull’Albergo dei Poveri di Elena di Parma. Sulla “grata memoria” che questi grandi genovesi dovrebbero ispirarci con i loro ritratti Emanuele Brignole, fondatore dell’Albergo dei Poveri, disse a proposito delle statue dei benefattori che suggerivano un “fac tu similiter”.

Questo documentatissimo e affascinante libro è stato fortemente voluto dal marchese Giovanni Battista Crosa di Vergagni per la Fondazione Conservatorio Fieschi.

                              Maria Luisa Bressani

quindi sotto delle Collezioni Wolfson Zircone di Sexto Canegallo e poi dato che il team di giovani preparatissimi e molto intelligenti Silvia Barisione (che ora è a Miami al Museo dell'altra parte delle Collezioni Wolfson), Gianni Franzone e Matteo Fochessati ha allestito mostre interesanti da quella "Dittatura di partito e vita quotidiana nella DDR" ecco "Noi saremo il partito" con giovani festanti e poi un ritratto del sanguinario Stalin (per la DDR come per i luoghi dove il Comunismo ha dilagato un'icona di santità, purtroppo!). E con buona pace della Puppato che respinge come irricevibile il messaggio che l'Urss di vecchio stampo da noi ancora alligna mentre poi il modo di ragionare è lo stesso.

In seguito arricchirò questa pagina con due articoli sulle Collezioni Wolfson (strepitosi i futuristi) e sul Luxoro che è un Museo-dimora dove vennero anche Umberto e Maria José per godersi parco e mare.

Enrica ha due figli di cui la primogenita Anna è donna ingegnere, sposa e mamma, anche poetessa. Una volta ha commentato con le sue poesie una Mostra della mamma che è anche stata invitata dal Comune di  Parigi a dipingere nella piazzetta degli artisti a Montmartre. Di Anna inserisco questi bei versi che danno il senso di un quadro di Enrica "Calde Atmosfere". "Una crosta /si sgretola, si ruga/ Affiorano le gioie,/spatolate raggrinzite di nero/ cadono dalla tela, pulsano. Improvvise irrompono,/prepotenti ti abbracciano,/ ti rapiscono folli,/pastose s'infiammano: fiori di felicità" La felicità della pittura ma anche di una famiglia con amore!

 

      
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