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15. INDICE GERUSALEMME ISRAELE

Anita Cividalli Salmoni Tu ritorneresti in Italia Settimanale cattolico 26 marzo 2002

XXX Cammeo: Berlusconi e Israele

Intervista sul Secolo XIX 7 nvembre 2013 a Fiamma Nirenstein: "Ma io vi dico che non mi offende..."

Fiamma Nirenstein Se chi mette il bavaglio a Feltri va a braccetto con gli antisemiti Il Giornale 14 dicembre 2010

1988 APAI. Giovan Battista Varnier: "La Questione di Gerusalemme. Il contenzioso storico-giuridico".

2004. Un libro: la disruzione della Comunità ebraica di Sanremo (1937-'45) e il prof. Giovanni B. Varnier, uno dei relatori, nominato dal rettore

dell'Università  referente manifestazioni del Giorno della Memoria.

Marta Ascoli: Auschwitz è di tutti , Lint Editoriale Trieste 2001 (pp. 69/71)

2009. Un libro di Giulio Meotti. Non smetteremo di danzare- Le storie mai raccontate dei martiri di Israele per colpa degli attentati di Hamas e Hezbollah: 1723 morti e 10mila feriti  e cinque Foto attentati

APAI - Lo Stato ebraico di Teodoro Herzl (Antisemitismo ieri e oggi) Settimanale cattolico 31 marzo 1993

APAI Giorgio Frankel su Cammino pace in Medioriente Settimanale cattolico 17 maggio 1994

EMILIANI di Nervi: cattolici ed ebrei: cammino di riconciliazione a 50 anni da Auschwitz. Settimanale cattolico 20 settembre 1994

APAI Guido Alpa ricorda il suo maestro Vittorio Tedeschi: Il Diritto in Israele  

APAI Istituto Weizaman Eccellenza di 750 Progetti di Biotecnologie Settimanale cattolico 15 novembre 1994

APAI Amos Luzzatto sui 54 anni Stato Israele Settimanale cattolico  9 giugno 2002

APAI Archeologia in Israele Settimanale cattolcoi 28 marzo 2000

Un bellissimo libro di Anna T. Rella e Dario Arkel 23 maggio 2003

Asta benefica  alla Berio presentata da Lucina Bovio e Stefano Bigazzi.     Settimanale cattolico  4 aprile 2004

Luciano Lovisolo pittore  partecipante all'asta benefica 2004

Giornata cultura ebraica Il Cittadino 11 settembre 2005 

Al D'Oria Don Balletto e Piero dello Strologo. Civiltà occidentale ed apporto cultura ebraica Il Cittadino 26 novembre 2006

APAI Ponte culturale tra Italia e Israele  Il Citttadino 26 febbraio 2006

XXXI Cammeo: Il villagio di Nevé Shalom

dove i bambini si istruiscono in modo multiculturale nel rispetto delle diverse religioni da "Centenario S. M. Assunta di  Nervi", 2005

APAI La NES e Mario Paganoni. Settimanale cattolico 2 gennaio 1996

ADEI (v. pagina "Cultura e sociale") fa conoscere Israele: ogni anno  Festa Channukah con il caratteristico mercatino di artigianato da Religioni del Mondo - Ebraismo - (128 le festività)

Arte da Israele a Nervi: vivacità culturale del popolo ebraico. Settimanale cattolico 20 novembre 2005

Bruno Schulz. Mostra: a Genova: "71 disegni del visionario  ebreo galiziano..."Il Giorno 9 febbraio 2001

Teatro: Living eterna lezione Corriere Mercantile 17 novembre 1998

La calda preghiera di Moni Ovadia Il Mercantile 28 marzo 2000

Lele Luzzati e Il flauto magico: "un Oscar mancato per 8 minuti" Il Corriere Mercantile 30 novembre 1999

Il mondo russo-ebraico: cultura, identità, ideologia Il Cittadino 28 gennaio 2007

Tu torneresti in Italia di Anita Cividalli Salmoni

Pensavo di avere tutto il tempo per mettere in pagina quel testo su Gerusalemme del Prof. Giovan Battista Varnier preside alla Facoltà di Scienze Politiche a Genova dato che quando tenne quella sua documentata conferenza all'APAI (Associazione per l'Amicizia Italo-Israeliana di cui è stato confondatore Franco Bovio) mi diede la copia di ciò che aveva detto nell'occasione e l'ho conservata come un "corpo santo", come mi piace fare con ciò che ritengo importante. Invece irrompe la strumentale polemica sul solito Berlusconi delle "infelici" battute secondo la nostra parte politica a sinistra, per aver detto che i suoi figli si sentono "tutti addosso e pensano di vivere l'oppressione degli Ebrei sotto Hitler".

L'insipienza moderna dimentica quanto Berlusconi ha espresso limpidamente in passato verso lo Stato d'Israele Ho sentito parole di Renzi (uno dei giovani più moderni della nostra sinistra almeno per quando decretò che molti in quel partito dovessero essere rottamati perché appartenenti ideologicamente ad un passato che non deve più aver luogo nel nostro tempo perché incapaci di una sinistra moderna e riformista). L'ho sentito   parlare dell'ignoranza imputata ai giovani come discendente del '68 mentre così secondo lui non è perché - secondo lui - il '68 è stato un'altra storia. E appunto in questo si dimostra giovane disinformato e che poco ha studiato di storia, uno dei soliti che a sinistra vorrebbero coccolare i "bravi figli di papà" tanto ignoranti e tanto contestatori e sempre pronti a scendere in piazza come nel '68 per sfasciare mentre il '68 fu serio - rivolta seria -  dove c'era una vera oppressione come nei paesi comunisti che aspiravano a liberarsi da quel giogo (vedi Praga di Palach) non certo nei Paesi del benessere dove per altro i sessantottini come in Italia furono ben collocati in posti di lavoro anche prestigiosi in Rai, o collaborarono a distruggere la scuola classica nostro fiore all'occhiello, ecc. I nullafacenti e nulla aventi studiato furono ben impancati e continuarono ad esser coccolati in attesa che crescessero cosa che devono tuttora fare. Ma Renzi il '68 non lo ha vissuto, lo ha solo sentito raccontare da sinistra. Non ha visto gli sfregi alle pareti delle Università, le richieste del 18 politico, gli esami di massa, il dissennato terrorismo...

Detto questo, pregherei chi vuole di leggersi la recensione di prima tenuta all'ADEI (Associazione Donne Ebree Italiane) con la stessa sede dell'APAI e dove ad ogni conferenza hanno sempre dovuto stazionare forze di polizia per scongiurare eventuali attacchi di rivoltosi a sinistra del tipo i filopalestinesi. Ma ricordate quanti cortei contro l'imperialismo di Israele e quante bandiere bruciate? Tutto dimenticato, ora fanno scalpore solo le parole di Berlusconi senza capire che il clima di oppressione e di persecuzione cui allude è quello che fu precedente alle leggi razziali, poi appunto ci fu la degenerazione successiva che culminò con l'Olocausto. 

Allora leggetevi l'Anita di 90 anni nel 2002, cioè coetanea di quella gran signora che fu Lelia Finzi Luzzati cugina maggiore di Giorgio Bassani.

E Lelia con la consueta acuta intelligenza commentò a fine presentazione del libro: "Gli ebrei che poterono andarsene dall'Italia furono i ricchi e e gli artisti".

Berlusconi che è ricco ma anche un lottatore non lascia la nostra amara Italia per rifugiarsi in una delle sue ville come gli consigliava di fare Cossiga, resta qui. E chi potrebbe aiutarlo anche con la grazia, l'ineffabile Napolitano, vorrebbe comunque imporgli l'umiliazione del dover richiederla mentre assassini però terroristi (quindi cari a certa sinistra) hanno avuto la grazia e sono diventati maitre a penser.

Questo è il mio commento e il mio pensiero nell'aprire quella pagina dedicata ad Israele che tanto ammiro per l'avanzata teconologia, per aver fatto fiorire il deserto, per esser stata capace di accoglienza e di convivenza con gli Ebrei che tuttora vi si rifugiano in fuga da Paesi intolleranti, che sa fare scuole dove studiano israeliani e palestinesi, ospedali dove son curati i figli di entrambi i ceppi. All'APAI e all'ADEI molto ho imparato perché nessuno nasce imparato e questi giovani ora in politica farebbero bene a studiare a loro volta prima di tirare in ballo certe idiozie. Come possono sperare di avere una vita politica che duri nel futuro? Preferirei davvero emigrare che essere comandata da quella manica d'ignoranti autentici!

Inserisco ora l'intervista sul Secolo XIX a Fiamma Nirenstein che per solito collabora al Giornale e di cui ho letto di recente un articolo attanagliante sull'ennesimo episodio di terrorismo. Nirenstein difende Berlusconi (il titolo con quel "è disperato" non è stato fatto da lei ma come al solito da chi sta in redazione e lo dico per esperienza per quei titoli di cui a volte mi è stato chiesto conto dicendomi: ciò che lei ha scritto nell'articolo è tutto diversi, ma perché quel titolo?) e a scanso d'equivoci voglio per il senso alto di libertà che è proprio di questa giornalista mettere un altro suo articolo su Feltri, Ordine dei Giornalisti e Antisemitismo, questo perché tanti criticano credendo d'aver la verità in tasca e ignorando tutto di Israele anche per la propaganda faziosa di cui è stata spesso oggetto proprio nei rapporti con la Palestina. 

Non dimentico poi e qui lo cito uno splendido libro Non cesseremo di danzare di un giornalista collaboratore del Foglio di Giuliano Ferrara: l'ho recensito, l'ho prestato e quindi non l'ho più avuto di ritorno come sempre succede, ma se ritrovo la recensione, non mancherò di riproporvela per l'emozione profonda che ha suscitato in me

 

XXIX Cammeo : Berlusconi e Israele.

Intervista sul Secolo XIX a Fiamma Nirestein

All'Apai (Associazione per l'Amicizia italo-israeliana, a Genova), di cui è stato confondatore Franco Bovio, venne presentato nel 1987 il libro, di Paolo Pieraccini  Gerusalemme, luoghi santi e comunità religiose (Edizione Dehoniane Bologna, prefazione di Silvio Ferrari) e l'anno dopo venne invitato Giovan Battista Varnier, allora professore ordinario a Scienze Politiche oggi preside della Facoltà, ad approfondire l'argomento del contenzioso storico-giuridico della Citta Santa per tre religioni: ebraica, cristiana, islamica.

Nell'introdurre la conversazione Bovio ricordò la basic law del 1980 che fa di Gerusalemme la capitale indivisa e indivisibile dello Stato di Israele. Poi ricordò che per i luoghi santi c'è chi pensa in modo romantico e invece in essi scorre del sangue, è sempre scorso e continua a scorrere. Infine ha ricordato come l'Associazione Apai, laica, si è proposta di esaminare il problema con l'equilibrio che sempre l'ha contraddistinta e che mira ad aver ragione delle effervescenze e impuntature di tutti i fondamentalismi.

Varnier ha esordito dicendo che la sua conversazione sarebbe stata di riflessione e di bilancio, ma consapevole che "l'argomento non è neutro" e che il pubblico presente è giustamente sensibile poiché si tratta della capitale dello Stato d'Israele.

"Inoltre parlare di Gerusalemme - ha detto - non è come parlare di Parigi o di Londra, semmai è possibile trovare analogie per il passato con Berlino , città divisa o con Roma per la presenza dello Stato del Vaticano.

E' partito da un rapido ma essenziale excursus storico.

La Storia.

"Gerusalemme fino al 1860 fu una città raccolta all'interno delle mura e costituita da quattro quartieri: ebraico, musulmano, armeno e cristiano, soggetti all'Impero Ottomano.

Dopo la guerra di Crimea, iniziata proprio per il problema dei luoghi santi, anche se poi tale tema non figura nel Trattato di Parigi, il problema crebbe per la costituzione di nuovi quartieri fuori le mura da cui prese il via la costituzione della città moderna.

Caduto l'Impero Ottomano, il Trattato di Losanna confermò il mandato britannico, che era iniziato qualche tempo prima sulla Palestina. Questo fino al 14 maggio 1948 - data che tutti ricordamo - quando si ebbe la proclamazione della nascita dello Stato d'Israele il giorno prima della scadenza del mandato britannico che sarebbe scaduto il 15 maggio 1948.

Scoppiò il conflitto arabo-israeliano e si ebbe la divisione della città. Le truppe giordane occuparono la parte est, mentre quella israeliana la parte ovest della città.

Per i successivi 19 anni mura e filo spinato separarono una parte dell'altra e la città fu riunificata con la guerra dei sei giorni nel 1967.

"Ma Israele anche quando era un villaggio e fin dalle cartine medievali costituiva l'ombelicus mundi, punto d'incontro tra Europa, Asia, Africa. Dai letterati e teologi era rappresentata allegoricamente come la "Gerusalemme celeste contrapposta alla Babilonia terrestre". Il saluto di ogni ebreo nei secoli è stato: "Il prossimo anno a Gerusalemme"

Riflessione-divagazione sull'importanza dell'argomento:Perché si discute tanto di Gerusalemme?

Sottolinea Varnier: "Quando su di un tema la bibliografia è ampia ed estesa nel tempo, vuol dire che l'argomento supera il contingente della moda.

"Il 18 febbraio di questo anno (1998) presentai il volume di Paolo Pieraccini su Gerusalemme, luoghi santi e comunità religiose.

Il salmo 137 afferma: "Se ti dimentico Gerusalemme, si paralizzi la mia destra"... Qui non è il caso, ma  quest'anno ho trovato un volume di Giovanni Antonio Rubbi, 550 pagine di chi è stato responsabile del settore esteri della "Civiltà cattolica" dal 1953 fino a poco tempo fa, il che vuol dire che i suoi editoriali sono stati letti da tutte le cancellerie interessate e che ha raccolto in questo volume i suoi articoli.

Quest'anno anche un volume di Federica Anselmi di geopolitica con la prefazione del grande geografo francese Yves La Coste sempre su Gerusalemme con splendide carte da Atlante, poco tempo fa ho avuto una tesi di dottorato di circa 600 pagine: "La custodia di Terra Santa tra la fine dell'Impero Ottomano e la guerra dei sei giorni".

L'attualità del tema indica che esiste un contenzioso ma quale e tra chi?

Il contenzioso deriva dalla dimensione religiosa. Nessuna città santa lo è come Gerusalemme il cui nome stesso s'identifica con la religione.

Capita di sentire spesso l'affermazione che i cristiani hanno Roma, i musulmani La Mecca e dovrebbero pertanto lasciare agli ebrei Gerusalemme, anche perché come dice la Torah è il luogo che Dio ha scelto per farvi dimorare il suo nome.

Ma Gerusalemme interessa tutti e da qui sorge il contenzioso religioso che diventa politico.

Due esempi.

Il primo: 10 giugno 1917, le truppe britanniche del generale Allenby (questo nome poi si ricorderà per il ponte), coordinate da piccoli contingenti francesi e italiani, liberano Gerusalemme.

Il secondo: 7 giugno 1967 riunificazione della città e proclamazione della città come capitale eterna della terra. Questi atti apparantemente militari hanno contingenze religiose e politiche perché quando nel '67 venne liberata Gersualemme suonarono a festa tutte le campane della cristianità, meno quella della Basilica di S. Pietro. Perché? Perché secondo il Vaticano non era una liberazione completa.

Altro esempio: Quando la mattina del 7 giugno 1967 i primi paracadutisti isreliani atrivarono al muro del pianto, il gran rabbino dell'esercito con il grado di generale si precipitò sul luogo munito di un rotolo della Torah, di una panca e di uno Schofar(corno di montone che ha valore rituale) che risuonò per la prima volta dopo trent'anni.

Il particolare della panca non è superfluo  perché la presenza di un arredo di culto, seppur provvisorio in un luogo consedeerato santo da più di una fede, aveva costituito più volte nei secoli motivo di conflitto pertanto era stato sempre vietato e solo in quell'occasione si potè svolgere un'autentica manifestazione ridotta, anche con una panca.

Religione e politica s'intrecciano, la città ha dunque una dimensione religiosa che viene utilizzata per ragioni politiche. Così la religione sottoposta ad interessi politici finisce per dividere e non ad unire.

Le questioni possono essere interne o internazionali e si utilizzano per quei problemi di cui non si vede o non si vuol vedere la soluzione.

La Repubblica di Genova ebbe la questione della Corsica nel '700, il Regno d'Italia la questione dei briganti, negli anni '60 la questione alto-atesina, per non parlare della questione delle questioni: la Questione Romana.

Al centro del più tenace conflitto del nostro tempo, quello arabo israeliano, Gerusalemme si è posta simbolicamente al centro e non è un conflitto religioso, ma politico.

Il 21 giugno scorso venne approvato in Israele il progetto "Grande Gerusalemme" e pochi giorni dopo il Barein unico paese arabo in quel momento a far parte del Consiglio di sicurezza ONU ha sollevato la questione; il 30 giugno acceso dibattito all'ONU, con più di 40 delegati, tutti per condannare la decisione di Israele. Il Consiglio non arriva alla condanna in quanto gli USA si opppongono ma ci sarà una deplorazione da parte del Presidente del Consiglio di Sicurezza perché Israele darà vita ad un progetto che stendendo i confini amministrativi di Gerusalemme creerà una "situazione seria e dannosa".

Ciò dimostra che se muove una pietra a Gerusalemme interessa il mondo intero.

Le questioni internazionali sorgono quando gli Stati hanno dei nemici. Durante la I Guerra Mondiale la Germania prevalentemente luterana fece sforzi per porre all'attenzione internazionale la Questione Romana perché era in guerra con l'Italia. E per fare un sempio di oggi la Turchia non può  dichiarare che non esiste nessuna questione curda perché se un paese concede asilo a un cittadino turco che si dichiara curdo solo per questo una questione esiste.

Chi tiene in vita oggi la quetione di Gerusalemme?

I Paesi arabi e ciò è comprensibile perché ufficialmente alcuni di essi non riconoscono lo Stato d'Israele, lo fa la Santa Sede, i gruppi religiosi evangelici degli USA e la Russia.

La politica dei governi islamici dove sono forti impone la legge coranica, la Sharìa, legge positiva, divina, immutabile e definitiva, dove sono deboli si appella alla convenzione internazionale.

L'Arabia Saudita che è forte nega agli infedeli l'acceso alla Mecca,ma anche agli islamici dissidenti. I Palestinesi a Nazareth, dove sono ormai forti, progettano una grande Moschea e in francescani protestano prché se la trovano davanti.

Il secondo fattore che tiene in vita la questione è la Santa Sede che dopo l'accordo del 30 dicebre 1993 ha abbandonato l'espressione Terra Santa con cui identificava lo Stato d'Israele perché non ha più significato esendo stato riconosciuto lo Stato a livello internazionale ma ha un disegno prevalentemente di ordine religioso che riguarda il Giubileo del 2000.

L'interesse religioso di Giovanni Paolo II deriva da un intento di avvicinarsi al mondo cattolico orientale e trovare appunto in Gerusalemme un punto d'unione.

Non sapevo ancora dell'intervento del Pontefice del 29 giugno scorso e lo trovo nell'Osservatore Romano: "Gerusalemme- Roma, i due poli del grande giubileo del 2000".

Non solo, i gruppi evangelici degli Usa potrebbero influenzare Clinton sull'onda del loro interesse di ritorno a Gerusalemme. Questo è il terzo fattore. Paesi Arabi, Santa Sede, gruppi evangelici che agiscono come lobbies.

Quarto fattore la Russia. L'ambasciatore Yurj Karlov che fu il I ambasciatore della Repubblica russa presso la Santa Sede afferma: "Alla ricerca delle proprie origini spirituali, incluse le cristiane, la Russia ha in grande considerazione la questione di Gerusalemme. E si deve sottolineare la preoccupazione della Chiesa ortodossa russa in merito a questi problemi. E il presidente Eltsin desidera salvaguardare i valori di cristiani e musulmani in Russia.

Varnier ricorda ancora la politica francese degli anni 20/30, che dopo esser stata laicista, ad inizio secolo riprese le relazioni diplomatiche e ci sono grandi serie di dispacci del nostro ambasciatore a Parigi, e ricorda che negli anni '50 l'Eni di Mattei fece una politica filo-araba. Ricorda un incontro organizzato nel 1994 dalla Comunità di Sant'Egidio a Roma sull'identità religiosa di Gerusalemme e considerata nel processo di pace mediorientale. L'incontro ebbe l'avallo della nostra ambasciata presso la Santa Sede, ambasciatore Bottai,  e del nostro Ministero degli Esteri.

Quale la possibile soluzione alla questione Gerusalemme?

La prima proposta è stata l'internazionalizzzione che vuol dire città libera. Anzi Herzl nel suo progetto (Sionismo deriva dal nome del Monte Sion primitivo nucleo di Gerusalemme) aveva pensato ad una forma di diritto internazionale che garantisse l'extraterritorialità.

100 anni fa Herzl pensava di fare la guardia intorno ai luogi santi per garantirli a prezzo della vita.

Il concetto di corpus separatum=città libera è nella deliberazione Onu del 1947. Ma uno Stato garantito vuol dire che ha uno o più protettori il che non solo non è conveniente ma può risultare insopportabile per la sovranità di quello stato.

Dopo la risoluzione Onu del 29 novenbre 1947, la Nazioni Unite fra il '50 e il '67 non presero più alcuna posizione, l'annessione israeliana del giugno provocò da parte delle Nazioni Unite una vivace reazione priva di aspetti pratici in quanto le risoluzioni non modificarono gli intenti dei dirigenti israeliani.

Varnier distingue tra Internazionalizzazione territoriale= città libera; Internazionalizzazione funzionale = sovranità dello Stato d'Israele con controllo sul territorio da parte di organismi internazionali.

Precisa che l'internazionalizzazione funzionale è indifferente al problema della sovranità che fu anche avanzata dal governo israeliano dopo il 1967 in cambio però del riconoscimento di quanto conquitato con la guerra dei sei giorni. Questa internazionalizzazione funzionale prevedeva il riconoscimento della sovranità di un controllo internazionale con sovranità ebraica ma decadde. Ora (1998) solo la S. Sede continua a proporre un'Internazionalizzazione anche se non più territoriale ma funzionale perché già con Palo VI cade la proposta di città libera e subentra quella di Statuto internazionale.

Il 23 maggio del 1989 Giovanni Paolo II, ricevendo il nuovo ambasciatore di Giordania, ha proposto di riconoscere con garanzie internazionali il carattere unico e sacro di Gerusalemme. Cito anche una frase del Papa per compiacere gli interlocutori ma più pericolosa per gli sviluppi: "La città santa ha sempre avuto un  posto speciale nella storia della Giordania e nel cuore del popolo giordano.

Come concludere il nostro discorso?

L'unicità civile di Gerusalemme è fuori discussione, bisogna quindi cercare altra ipotesi per assicurare il culto, la libertà di culto e il rispetto dello status quo dei luoghi santi.

Si mitizza la convivenza multireligiosa dell'Impero Ottamano ed è stata vanzata la proposta del mantenimento dell'intera città sotto il controllo israeliano ma con un sistema di autogoverno per le comunità religiose eventualmente da esercitare a turno. Sarebbe uno Statuto internazionale che prevede di affidare la città ai rappresentanti delle confessioni religiose, al fine di tutelare la città storica contro gni trasformazione incompatibile con il carattere sacro. Al fine invece di tutelare l'aspetto monumentale c'è l'ipotesi di estendere la Convenzione dell'Aja del 1954 per la tutela dei beni culturali che in caso di conflitto li proteggerebbe dai danni che potrebbero subire in conseguenza di operazioni militari. E quindi di estenderla anche al tempo di pace questa convenzione. Dovrebbe essere l'Unesco a farsi carico di una convenzione internazionale in questo senso e su iniziativa della Giordania. Il comitato del patrimonio mondiale dell'Unesco ha inserito nel 1981 Gerusalemme città vecchia e le sue mura nella lista del patrimonio mondiale previsto dalla convenzione del '72 cui però lo Stato d'Israele non ha aderito, ma anche in questo caso chi garantirebbe Nazareth? chi grantirebbe gli altri luoghi sacri? per cui anche lo strumento della convenzione internazinale sulla parte sacra della città potrebbe essere insufficiente.

Ipotesi ampliata.

Uno Statuto internazionale non solo per Gerusalemme

ma per tutti i luoghi religiosi del mondo. Sarebbe una Convenzione ONU che preveda il diritto d'accesso, il rispetto e la salvaguardia dell'identità. Ma c'è stata ostilità dei Paesi arabi a questa proposta.

La Santa Sede sta lavorando per uno Statuto speciale cioè un modello di convenzione speciale, l'UNESCO pensa invece a qualcosa per tutti i luoghi santi del mondo. Gerusalemme capitale dello Stato d'Israele o patrimonio religioso dell'umanità?

Papa Giovanni Paolo II che non manca di venature integraliste ma è anche un poeta quando nell'86 consacrò il patriarca latino di Gerusalemme disse: "Gerusalemme è una luce la cui luce non è riservata solo a Israele, è una luce che può rischiarare tutti senza dare ombra a nessuno".

 

1998 APAI - "La Questione di Gerusalemme -

il Contenzioso storico-giuridico"  

Conversazione di Giovan Battista Varnier

Inserisco ora finalmente dopo averla copiata la relazione sul contenzioso storico-giuridico di Gerusalemme tenuta dal prof. Giovan Battista Varnier  all'APAI nel 1988. Ho guardato su Internet al nome Gerusalemme gli sviluppi successivi e in pratica non ce ne sono stati salvo altre convenzioni ONU che però non hanno valore vincolante e che mirano a riconoscere come territorio occupato dagli israeliani la parte Est della città vecchia che dal 1967 è in mano ai musulmani. All'ONU sono in maggioranza i Paesi arabi schierati contro Israele di cui non riconoscono ancora lo Stato, una difesa -che si va attenuando con Obama-  veniva dagli USA. Il nocciolo delle successive convenzioni ONU che ci sono state dopo quella citata da Varnier mira a riconoscere la posizione palestinese che rivendica Gerusalemme Est come propria capitale, non solo le ambasciate sono sono a Tel Aviv e non a Gerusalemme, non solo le convenzionni ONU affermano che lo status definitivo dovrà dipendere da futuri negoziati tra Israele e  lo Stato di Palestina.  

Sono felice di aver potuto frequentare l'APAI e anche l'ADEI (associazione donne ebree-italiane che tiene le sue manifestazioni nella stessa sede dell'APAI) perché sono stata sensibilizzata alla questione di Gerusalemme e con largo anticipo su ciò che ancora adesso è da definire attraverso le parole del Prof. Varnier. Nell'occasione di questa sua pubblica  "conversazione" come volle definirla ho potuto intuire possibili soluzioni pur se non ancora applicate, ma io continuo a credere in un cammino provvidenziale della Storia che va verso una maggior civiltà dei singoli e dei popoli.

La conversazione di Varnier si chiuse con parole di Giovanni Paolo II ricordato anche come " poeta" e sottolineo che questa condivisione spirituale al Varnier deriva dall'avere anche lui spirito "poetico". Lo apprezzai la prima volta che lo sentii parlare delle Edicole mariane del centro storico di Genova. Poesia e filosofia, due vette ma di cui la prima ha capacità maggiori di penetrazione verso ciò che è vero nel senso di coscienza, quindi se alla preparazione storico-culturale che costituiscono le armi di un professore o di un Papa si aggiunge anche lo spirito poetico c'è una luce in più anche per  il nostro conoscere, il nostro poter capire.

"Lo Stato ebraico" di Teodoro Herzl presentato all'APAI,

Settimanale cattolico 31 marzo 1993

 

Giorgio Frankel su Cammino Pace in Medio Oriente

Settimanale cattolico 17 maggio 1994

Istituto Weizman Eccellenza di 750 Progetti di Biotecnologie

Settimanale cattolico 15 novembre 1994

Giornata Cultura Ebraica

Settimanale cattolico 11 settembre 2005

Arte da Israele a Nervi: vivacità culturale del popolo ebraico

Settimanale cattolico 20 novembre 2005

Cammeo Il villaggio di Nevé Shalom

dove i bambini si istruiscono in modo multiculturale

nel rispetto delle reciproche religioni

Non sembi che voglia far la furbetta mettendo qui un articolo per cui mi sento onorata di esser stata chiamata a ricordare il centenario della Chiesa dove i miei bambini hanno ricevuto la prima Comunione e il sacerdote che la diede loro, Don Trabucco, anima di un volontariato ospedaliero a Nervi di cui volevo scrivere nel mio primo articolo sul Giornale mentre arrivai  a poterlo fare solo un anno dopo come ho scritto altrove in una delle pagine del Sito. Don Trabucco nel mio ricordo in altro articolo sul bollettino per il Centanario lo inserirò a fine pagina "Religione".

Non voglio fare la furbetta perché come ho già precisato molto ho scritto su Israele frequentando l'APAI e anche sull'allora cammino d'avvicinamento tra la Chiesa cattolica ai nostri fratelli maggiori, gli Ebrei. Inserisco questo articolo solo perché

come potete constatare a fine della prima pagina vi è il ricordo di quel villaggio di Nevé Shalom dove l'istruzione è multiculturale. Ho scritto anche molti articoli sull'accoglienza ad ebrei provenienti dall'Africa o dalla Russia che hanno voluto tornare in Israele come patria originaria anche perché o perseguitati tuttora o discriminati in quei luoghi e facendo ciò il problema dell'accoglienza è diventato pressante per Israele stessa ma hanno saputo trovare modi di convivenza, istruzione, cura negli ospedali, comune condivisione di vita e risorse, ecc.

Quanto è falsificata l'informazione su Israele e pro Palestina:

La Nes e Mario Paganoni all'APAI il 2 gennaio 1996

Non ritrovo momentaneamente questo articolo però c'è la possibilità di andare sul Sito di questa agenzia d'informazione israeliana in cui sono denunciate di volta in volta le falsità dell'informazione riguardo fatti che si volgono nella contesa tra israeliani e arabi. Vi assicuro che è qualcosa di davvero sorprendente: si va dai fotomontaggi (smascherati) quelli che sollevano più indignazione nel caso di qualche bambino colpito, ecc. E' traumatizzante vedere come possa essere falsa o falsificata l'informazione che dovrebbe cercare la verità come pure la giustizia e sono due campi orribili per le patacche che avallano.

Però questo è importantissimo: "Riguardo Israele controllate le informazioni!!!" e sono certa che ci sarebbero meno cortei filopastinesi e meno bandiere bruciate, sfregio estremo, di uomini che rinnegano se stessi e il cammino dell'uomo verso la civiltà. Non abbandonatevi alla piccineria umana, sappiate distinguere!!!.

(uno degli articoli da me scritti sull'attività di Paganoni, ritrovato)

 

Bruno Schulz Mostra Il Giorno 9 febbraio 2001

"A Genova 71 disegni del visionario ebreo galiziano

che fu ucciso nel ghetto da un nazista"

Schulz e i suoi uomini volanti come la straordinaria levità del sorriso o della fantasia liberatrice! Non ho voluto togliere l'articolo di Ugo Ronfani a fianco del mio perché con questi accostamenti nella pagina con un "maestro" mi sentivo molto onorata e sopra l'apertura di pagina era dedicata ai Pokemon in un articolo del bravissimo Gian Marco Walch.

Ronfani lo considero un amico per aver avuto con lui un dialogo molto umano al punto che gli inviai le Lettere dei miei genitori in manoscritto ma disse che non poteva aiutarmi nemmeno in un giudizio perché troppo impegnato e in una sua lettera che conservo e a volte mi balza fuori all'improvviso dalle carte trovo l'accostamento di mia madre, fiera ragazza di campagna, con sua moglie di analoga provenienza che mi scrisse era molto amata dalle nipoti. Ecco un mondo di affetti sani e semplici e veri! 

A Ronfani scrissi riguardo la sua rivista Hystrio perché mi ero indignata avendovi trovato in uno stesso numero sei recensioni ad altrettanti spetacoli teatrali "disfattisti" concernenti Berlusconi. Non se ne era nemmeno accorto ed amico dell'equilibrato Mario Cervi in quel momento si dispiacque che la sua rivista avesse ospitato, pur se in breve e nelle pagine finali dedicate alle recensioni, tutto quel coacervo di odio che oggi dal Teatro e dalla fiction si è spostato ai processi della magistratura contro Berlusconi. Non ricordo quanti ne siano attualmente in pista ma ricordo il livoroso Travaglio che aveva già profetizzato: "Non importa se Berlusconi ha tanto seguito di italiani presto arriveranno i processi a toglierlo di mezzo". L'ho sentito dire questo con le mie orecchie vedendolo in Tv e mi fa pena come mi fanno pena tutti i livorosi. Il mondo è fatto più per la bontà che per l'odio, lo ripeto ed è giusto sia così se si vuol progredire.

Riporto ora uno dei miei primi articoli sul Teatro per il Corriere Mercantile con lo status simbol di un fotografo che mi accompagnava. 

Riguarda il Living Theatre perché la fondatrice Judith Malina come leggerete nell'articolo era stata la figlia "sostituta attrice" della madre e questa avendo sposato un rabbino, intervenute le leggi razziali, lo aveva seguito in America.

Quella volta il Living riapprodò a Genova per insegnare un mondo "senza violenza, frontiere, nazione, denaro, governo, commercio, competizione, un mondo di mutuo aiuto per forme organizzative create della collettività in una situazione di uguaglianza". Una grande utopia ma da qualche seme bisogna sempre incominciare.

Riporto ora un testo dedicato a Moni Ovadia una delle persone più intelligenti, serene e disponibili che mi sia capitato d'intervistare seppur brevemente dietro le quinte prima di questo suo spettacolo al Modena e nonostante si creda che un attore debba essere concentrato al massimo prima di andare sul palco. Fu invece quanto mai disponibile e, pur nella brevità dei suoi commenti, molto profondo. Quasi me ne innamorai.

Allora dopo lo spettacolo - e per fortuna c'era mio marito ad accompagnarmi- dovevo passare dal Corriere Mercantile per far scivolare sotto la grata di chiusura davanti al portone le foto dell'Ufficio stampa che poi Sandra Monetti (avrebbe utilizato il giorno dopo per l'articolo che dovevo mandare entro le 10.30 del mattino e quando Sandra era sostituita da Guglielmina Aureo questa lo pretendeva entro le "7.30" mentre a Clara Rubbi (che in fondo mi pare abbia solo otto anni più di me) concedeva d'inviare entro le "11" di mattina  (e questo per chi scrive fa un po' di differenza)e quando Sandra se ne andò e subentrò Guglielmina mi tagliò a metà un articolo, un altro non lo passava mai e diceva che c'era rivoluzione al Mercantile dove per altro lei profittò per acquisire potere. Conoscevo da sempre il direttore Mimmo Angeli e avrei potuto chiedergli un colloquio ed appellarmi a lui, invece lasciai perdere però penso che se nomen omen Guglielmina tradisce questo detto: niente di aureo in lei che forse appartiene alla razza dell'antica redattrice della rivista Bontempelli di cui ho scritto alla pagina  23   al Cammeo XLVIII   e d'altra parte le favole insegnano e hanno preso dalla vita vera perché da sempre vi esistono donne solidali (le fate) e donne maligne come orchesse o streghe indipendentemente dal loro aspetto fisico.

 Però ricordo il bello di quella collaborazione intensa con il Mercantile con gli articoli presto in pagina e per uno dei primi sul teatro l'intervista per il Living  (1988: la fondatrice venuta a Genova all'Hotel Verdi ed io ad intervistare  con tanto di fotografo al seguito) e ricordo sempre per il Teatro le parole di Dario G. Martini uscendo da uno spettacolo alla Tosse:  "Sono contento che Lei scriva di Teatro perché per scriverne ci vuole un po' di cultura" e ricordo la bella serie delle migliori tesi universitarie di cui scrissi per il Mercantile su segnalazione del prof. Varnier (Scienze Politiche) e del prof. Eugenio Buonaccorsi (tra l'altro mio amico d'infanzia, che mi segnalava appunto  le migliori per il Teatro e anche il Cinema dirottandomi a suoi colleghi di questo ramo): "scandagliare le Tesi migliori è capire come sarà la nostra Italia di domani".

Non solo nell'occasione dello sgambetto di Guglielmina sperimentai la validità del proverbio: "Chiusa una porta si apre un portone" e trovai la collaborazione al Giorno che guarda sul piano nazionale e non solo Genova e quindi è "un po' di più", "un po' meglio".

Di Ovadia segnalo il libro L'Ebreo Che Ride - L'umorismo ebraico in otto lezioni e duecento storielle (Einaudi tascabili, 1999) e segnalo anche di Ferruccio Folkel Storielle Ebraiche, il fiore dell'umorismo yiddish (BUR, Rizzoli, 1989): mi sono entrambi così cari che me li tengo a fianco del comodino quasi libri de chevet come la mia insegnante Gina De Benedetti (al ginnasio) teneva nella Casa di Riposo La Bibbia dei laici di Luigi Rusca", lei certo più profonda, io con il desiderio di addormentarmi con un sorriso.

La calda preghiera di Moni Ovadia,

Il Mercantile 28 marzo 2000

Lele Luzzati e "Il Flauto magico", film d'animazione.

Corriere Mercantile 30 novembre 1999

E poiché alla sede del'APAI le pareti sono tappezzate come in una via Crucis da quadri di Luzzati riporto qui l'intervista che feci a questo altro protagonista della cultura genovese e non solo. Però Luzzati diversamente da Ovadia si faceva strappare di bocca i commenti.

Mi è anche capitato collaborando al Settimanale cattolico dove tenevo l'Obiettivo sulla Provincia che quando questa gli dedicò un convegno per i suoi 80 anni mi pare non potei scriverne in quando mons. Venturini disse che non era personaggio per la stampa cattolica e gli replicai forse con improvvida sfrontatezza dei giovani che credono di avere sempre le verità in tasca,  forse perché mi fidavo tanto di lui che pensavo di poter muovere una critica: "Se il buon Dio avesse dato a lei o a me un briciolo del talento che ha regalato a Luzzati potremmo sul Settimanale scrivere di lei e di me che siamo gente da stampa cattolica".

E forse se avessi avuto altrettanto talento pittorico mio figlio Cesare che come primo lavoro da ingegnere andò in Inghilterra per sette anni (avendo trovato l'offerta su Internet) quando portai a lui e alla moglie italiana (si sposarono un anno dopo il salto di Cesare oltreatlantico) il mio quadro sul castello Malaspina di Bobbio (volevo che ricordasse attraerso l'immagine il luogo amato della sua infanzia) prima lo occultarono in ingresso ma dietro due biciclette che si erano comprati e che arrivavano a coprirlo in parte, poi del quadro non se ne è saputo più niente, però non crediate che mi dispiaccia anzi sono contenta del loro gusto. Per vedervi un bel Castello Malaspina andate alla pagina "Giallo" a quello dipinto da Barbara Carminati che mi ha guidato a metter su questo Sito e vincitore di un terzo premio ai Lions di Bobbio. E se io avessi avuto tanto vero talento pittorico, mio figlio Edgardo avrebbe spasimato per miei antichi disegni e non piuttosto per andarsi a comprare  le stampe dei quadri di Luzzati. Penso che il mio unico parto pittorico appeso ed esibito è in casa di mia figli Ida: sono dei fiori primaverili stesi su un tavolo con dietro la barriera di colori digradanti in quasi tutte le tinte dell'arcobaleno come un'esplosione di fuochi d'artificio che inserivo alle medie e ancora al liceo dietro queste composizioni. Ero una colorista e in nessun modo una brava artista di forme. Quindi posso anche essere contenta almeno di questo omaggio filiale.

Scusate la divagazione narcisistica ma il tema importante di questa pagina,  la grande cultura ebraica che ho voluto rappresentare anche se a volo d'uccello in pochi esempi "connotativi" nasce dall'abitudine al libro che viene inculcata fin da bambini: il loro sacro testo s'insegna a leggerlo a bambini di tre anni come asseriva la mia Gina De Bendetti e  proprio come sosteneva lo psicologo Dewey che aveva messo a punto un metodo al riguardo servendosi di tessere scritte a grandi lettere. Da madre fallii anche con il metodo Dewey pur se qualcosa avrò certo insegnato dato che ho bravi figli, tutti e tre bravi. E' comunque indubitabile che l'età in cui i bambini sono più ricettivi è la prima infanzia ed è indubitabile che i miei impararono a leggere a scuola e non per mio input come avrei voluto ricordando che a me era capitato di iniziare a quattro anni leggendo dal di sopra della spalle di mio padre la prima lettera dei librini che lui mi leggeva. E a scuola arrivai che leggevo già correntemente mentre per scrivere è stata un'altra storia quando venendo da Trieste a Genova in prima elementare e a metà anno scolastico le mie compagne erano già pratiche dei dettati mentre io li infarcivo di errori anche perché non sentivo le doppie ed avevo nelle orecchie la cadenza dialettale veneta. Il riscatto arrivò con il tema "il mio lettino" forse all'esame di terza elementare o comunque in terza quando bimba spesso ammalata lì dovevo trascorrere molto tempo e lì inventavo le mie storie. Quel tema le maestre se lo passarono di mano in mano commuovendosi e fu in quel momento che capii il privilegio di saper emozionare - scrivendo - il cuore  altrui

Amos Luzzatto sui 54 anni Stato Israele

Settimanale cattolico 9 giugno 2002

Di questo articolo sottolineo nella colonna centrale la menzione che Luzzato, medico, fa dell'ospedale di Gerusalemme un'eccellenza dove vengono curati bambini isareliani e palestinesi come per l'istruzione ricorderò il villaggio di Nevé Shalom. Come per l'accoglienza (tanti gli isareliani provenienti dalla Russia) concluderò con un articolo sulla cultura ebraica nella sterminata Russia. Grande Israele! perché se notate proprio dove c'è quella riga nera nella seconda colonna del testo una parola è rimasta quasi nascosta: "Ha edificato"... e di Isarele Luzzatto ha ricordato: "Una democrazia (ndr: altroché primavere arabe...), un modo occidentale di lavorare, una produzione tecnologica inedita, una Università costruita quando ancora la gente lottava per la sopravvivenza".

Il mondo russo-ebraico: cultura, identità, ideologia

Il Cittadino 28 gennaio 2007

Asta benefica alla Berio 4 aprile 2004 per cura e educazione

dell'Infanzia ogni provenienza,

presentata da Lucina Bovio e Stefano Bigazzi

Luciano Lovilosolo un artista tra i donatori per l'Asta

Archeologia in Israele

Settimanale cattolico 28 marzo 2000

Questo tema dell'Archeologia è sempre stato coltivato all'APAI che dalla sua fondazione ha sempre mirato a far conoscere Israele perché "conoscere è capire e apprezzare ed amare". Ricordo anche splendide conferenze sulla desalinazzazione della acque o per Israele capofila di un progetto "Porti del Mediterraneo", però in questa pagina vado per piccoli esempi, per articoli che diano un po' l'idea dei grandi temi affrontati.

Ponte culturale tra Italia e Israele: le tante eccellenze israeliane.

Il Cittadino 26 febbraio 2006

Lo Stato d'Israele ha 50 anni, rapporti con l'Italia

Settimanale cattolico 1990

L'ADEI opera per far conoscere Israele

e festa caratteristica annuale è il mercatino di Chanukah

Metto qui il dépliant di  un artista che partecipò all'Asta pur se è di una sua Mostra successiva. Mi par ricordare che in tempo di guerra dopo l'8 settembre sia stato prigioniero in Ungheria, dal dépliant estrapolo che è nato nel 1923 e soprattutto ho scelto questa copertina perché nasce con i colori d'Africa di viaggi compiuti dall'autore. A me ha fatto venire in mente lo scenario in cui in guerra è stato prigioniero mio padre dopo aver combattuto in Tunisia, poi prigioniero a Saida in Algeria. Per la seconda edizione del libro delle Lettere dei miei genitori di cui la gran parte occupa quello spazio temporale avrei voluto colori d'Africa però dovetti accontentarmi e li ritrovo qui più reali.

Emiliani di Nervi: Cattolici ed ebrei: cammino di riconciliazione a 50 anni da Auschwitz. Settimanale cattolico 20 settembre 1994

Al D'Oria  Don Balletto e Piero dello Strologo: "Civiltà occidentale ed apporto cultura ebraica, in particolare storia Comunità di Genova"

Fiamma Nirenstein Il Giornale 14 dicembre 2010

Un bellissimo libro: di Dario Arkel e Anna T. Rella

Lo Schindler dei bambini - 2003

Ricordo che un anno il ricavato della vendita del mercatino è stato devoluto alla Casa delle Campanelle, Centro d'accoglienza per bambini da adottare in Israele

Commosso momento di Storia al Centro Sociale “Dino Foa” per la presentazione del libro di Paolo Veziano Sanremo. Una nuova comunità ebraica nell’Italia fascista. 1937-1945 (Diabasis 2007). Ad introdurre sono stati i presidenti Franco Bovio (Associazione per l’amicizia Italoisraeliana) e Maurizio Ortona (Comunità Ebraica di Genova). “Natalia Camerini, nata a Trieste il 21/12/1852, arrestata a Sanremo il 7/4/1944 all’età di 92 anni: deportata ad Auschwitz; Luciana Norzi, anni 12: deportata ad Auschwitz. Sono due nomi nel censimento di quella comunità sanremese che ci fanno capire l’unicità dell’Olocausto – ha detto il rabbino Giuseppe Momigliano. – Non per minimizzare o escludere altre tragedie di quei tempi o dei nostri giorni, ma è stato questo il carattere incommensurabile dell’orrore della Shoa. Attraverso il libro noi assistiamo alla scomparsa di una comunità che stava nascendo ed ogni persona uccisa è un mondo che viene distrutto”. Il rabbino ha messo in risalto come la comunità ebraica di Genova abbia avuto somiglianze, pur con cifre diverse, con quella di Sanremo: anch’essa costituita negli anni venti/trenta da stranieri, anch’essa “nuova” perché dopo l’inaugurazione della Sinagoga nel ‘35 il magistero del rabbino Pacifici era all’inizio. Ha sottolineato che ad oggi manca uno studio completo sulla comunità a Genova. Alle cifre del censimento degli ebrei a Sanremo, riportato nel libro di Veziano, si è richiamato Giovanni B. Varnier, designato nel 2004 dal rettore dell’Università quale referente per l’Ateneo nelle manifestazioni legate al Giorno della Memoria.Nel 1938 in provincia di Imperia erano 102 gli ebrei stranieri e 65 gli italiani; dei 102 quasi la metà, 47, erano giunti negli ultimi tre anni e di italiani, circa nello stesso periodo, ne arrivarono 45. Dunque una comunità giovane: Varnier ha osservato che dei 44, arrestati ed inviati ad Auschwitz, 25 morirono il giorno stesso dell’arrivo il che tragicamente smentisce le obiezioni di chi ancor oggi nega che fu un campo di sterminio. Con una lettura originale Varnier, tra le tante storie del libro, ne ha estrapolate tre di uomini accomunati dalla filantropia: Angelo Donati di Modena, Serge Voronoff (chirurgo a Grimaldi) e Alessandro Gitomirski, farmacista russo il cui nome fu cambiato in Zitomirski quando nel ’32 ebbe cittadinanza italiana. Donati, trasferitosi a Nizza nel giugno 1940, riuscì a far mettere in salvo molti ebrei, tenne come figli due orfani (ebrei tedeschi) che nascose a Creppo frazione di Triora. Tutti sapevano dove erano Mariane e Rolf, nessuno denunciò. Maria Luisa Bressani

2004: un libro. La cancellazione della Comunità ebraica di Sanremo...

Il prof. Giovanni B. Varnier, uno dei relatori,  nominato dal rettore dell'Università referente nelle manifestazioni del Giorno della Memoria.

2009 di Giulio Meotti: Non smetteremo di danzare. I martiri di Israele per gli attentati di Hamas e Hezbollah:  1723 morti e 10mila feriti

Marta Ascoli: Auschwitz è di tutti, Lint Editoriale Trieste 2001

Nel 1944, a soli 17 anni, Marta Ascoli parte per un viaggio che la porterà dalla Risiera di San Sabba a Trieste ai campi di sterminio di Auschwitz e Bergen Belsen; 50 anni dopo torna in quei luoghi per rivisitare ricordando...

Giulio Meotti in Non smetteremo di danzare-Le storie mai raccontate di martiri d'Israele (Lindau, Torino 2009) definisce gli ebrei "famiglia metafisica" perché fedeli alla propria cultura attraverso la sofferenza continua causata dalla xenofobia di chi li ospitava, ma senza mai dimenticare Gerusalemme, città sacra dei loro sogni.Nel libro due importanti anticipazioni: la Prefazione di Roger Scruton e una Lettera all'Autore di Robert Redeker che definisce questo "Un libro sul coraggio".Scruton dice di sé: "Sono un rifugiato politico nel mio stesso paese" definendosi il Salman Rushdie francese, obbligato a nascondersi dopo una conferenza sul negazionismo nel salone del libro di Gaillac, cittadina vinicola del tolosano. Titolo della sua conversazione: "La sparizione di Auschwitz". Si alzò allora uno che, definendosi antisionista, dichiarò "non si possa pemrmettere ad uno stato razzista come Israele di usare la memoria della Shoah per giustificare se stesso e il proprio colonialismo". Replica di Redeker: "Israele non è né Stato criminale (a differenza degli ex idoli degli ex ammiratori del Cremlino riciclatisi nell'antimondialismo e nell'antisionismo: Cuba per esempio) né uno stato totalitario". Deve però constatare che questi "ignoranti" hanno riesumato i metodi stalinisti di censura del dibattito al punto che una donna per zittirlo gli grida a squarciagola: "E Sabra e Chatila?" senza considerare che là "furono arabi a massacrare altri arabi".Redeker ricorda anche la storia della propria famiglia agganciandosi ad un'intolleranza nel tempo quando poiché professavano la religione protestante tra il secondo '500 e l'età del Re Sole erano stati costretti ad emigrare dall'Alvernia in Germania. La lingua in famiglia restò il francese e diede pane al nonno Edouard Schönknecht che lo insegnava presso il liceo di Colonia. Ex soldato del Kaiser aveva partecipato alla battaglia di Verdun, ma nel 1933 fu licenziato essendosi rifiutato davanti alle SA di appendere il ritratto di Hitler in classe, dicendo nel'indicare il crocifisso appeso sopra la cattedra: "Sopra di me c'è soltanto Dio".Per inciso, non diverso il comportamento del mio professore di greco all'Università, Enrico Turolla, anche relatore della mia tesi avendo scelto di laurearmi con lui, di cui si favoleggiava che in periodo fascista quando per radio si trasmetteva in classe propaganda fascista la faceva spegnere dicendo: "imparate il greco, nella vita vi servirà di più"."Il martirio di Israele - conclude Redeker- si trova nella testa di quei militanti di sinistra o della sinistra estrema che non si rendono conto di ciò che fanno. Come reagiranno se gli arabi o gli iraniani, Hamas e Hezbollah, tenteranno di cancellare Israele dalla carta geografica?" Israele è l'unica democrazia in Medioriente.In cifre negli ultimi 15 anni fino al 2009, pubblicazione del libro di Meotti, ci sono state 23mila azioni terroristiche, più di 500 atentanti suicidi e oltre 150 portati a termine: intotale 1723 morti e 10mila feriti, di cui la percentuale più alta è fra le donne: 378 vittime.

Jaffa Street arteria di Gerusalemme è detta la "strada del terrore". Una barzelletta dice di un signore che chiede all'autista di un bus che la percorre: "Scusi, arriva in fondo a Jaffa Street?" e l'autista risponde: "Non le sembra di esagerare con l'ottimismo?"I resti delle vittime come le carcasse dei bus distrutti negli attentati finiscono in un cimitero dei ricordi a Kiryat Ata. Accanto alle carcasse di pullman, gli ogetti mai reclamati dai parenti delle vittime: quaderni di scuola, berretti militari, libri, scarpe di ginnastica, videocassette, t-shirt, mostrine di ufficiali. Guardare questi poveri resti richiama alla memoria quelli custoditi nei campi di sterminio: scarpe logore, bottiglie con etichette di Varsavia e Cracovia, biberon e protesi dentarie, libri di preghiera, documenti, foto di famiglia, occhiali...Stringe il cuore leggere la storia degli etiopi giunti ad Hebron dato che ormai Israele è crogiolo di popoli. Scendevano dai cargo cui gli israeliani avevano tolto i sedili per far posto ai materassi per far loro passare la notte e avere più spazio. Molti piangevano e all'interno dell'aeroporto avevano abbassato le luci per spaventarli meno. Avevano messo loro in mano una bandierina israeliana, si inginocchiavnao a baciare la terra che li accoglieva e gli israeliani erano presenti a centinia sulla pista e li applaudivano e abbracciavano. Gli etiopi erano quasi tutti vestiti di bianco, il colore della festa e delle nozze e della gioia perché loro che venivano dagli ebrei più antichi, i sudditi originari della regina di Saba ai tempi del re Salomone e rimasti fedeli alla Torah, loro stavano per sposarsi con Sion: diventare ebrei in tutto e per tutto senza doversi nascondere o rischiare la morte come sarebbe successo se Israele non li avesse prelevati tutti in una sola notte.E tutti questi Etiopi come pure gli israeliani che li avevano accolti poi si trovarono insieme al funerale del capitano Gadi Marshe. Gadi nato appunto in Etiopia avrebbe dovuto sposare la sua fidanzata e invece è stato ucciso in un'esplosione omicida.Ogni storia di uomo si caratterizza per la sua vita e per Gadi queste parole dal commiato funebre:"Hai passato tutto il tuo servizio militare nella regione di Gaza. Conoscevi ogni sentiero, cespuglio o sasso. Hai infuso fiducia ai tuoi uomini che ti ammiravano e durante il digiuno del Ramadan rispettavi le feste musulmane, non mangiavi e non bevevi in vicinanza dei tuoi uomini, durante la notte sedevi con loro e preparavi il caffè..." Insieme a Gadi quel giorno morì il maggiore Yonatan Vermeulen, un immigrato cristiano nato in un piccolo villaggio olandese, la cui immagine da bimbo era usata nel poster del Fondo Nazionale ebraico per invitare i tanti donatori a piantare alberi in Israele".

C'è un capitolo di questo libro che stringe al cardiopalma riguardante il ballo dei disabili dell'esercito. I disabili durante la grande cerimonia d'apertura della festa d'Indipendenza ballano sui supporti a rotelle, guidati da giovani che saltano intorno a loro tirandoli per le mani: sono oltre 10mila i feriti del terrorismo. Ci sono le lacerazioni che amputano e distruggono gli arti, ci sono i pezzi di metallo immessi con l'esplosivo nelle cinture o nelle borse dei terroristi, ci sono tanti bambini con il viso bruciato, mani inutilizzabili, vista per sempre rovinata. Ci sono vecchi tremanti e totalmente dipendenti. C'è gente che immpazzisce e non vuol più vivere e si chiude in casa perché dice di sentire di continuo lo scoppio.E tante sono le storie di riscatto: Eyal Neufeld, ferito in un attentato a Meron, dopo essere rimasto incosciente per due mesi, si è risvegliato cieco e sordo, sensa sapere dove fosse. "Arrabbiato?" Ha risposto: "Mi è successo un miracolo. Ero seduto accanto al terrorista e mi sono salvato".

Fortissimo il legame tra i sopravvissuti all'olocausto e chi in Israele ricostruì.Il quartiere di Kiryat Sanza a Netanya è un memoriale vivente dell'Olocausto, dove i vecchi sono quasi tutti scampati allo sterminio, anche brei protagonisti di gesti icredibili di resistenza spirituale nei lager nazisti. Il quartiere è stato fondato più di mezzo secolo fa dal grande rabbino Yekutiel Yeuda Halberstam, il genio di Klausenberg, in Romania che perse la moglie e undici figli nelle camere a gas.Dopo la guerra con lui i pochi sopravvissuti si trasferirono a Netanya in Israele vi costruirono dal nulla ospedali, asili nido, centri educativi, scuole.Il rabbino in Israele si è risposato ed ha avuto altri sette figli.. Ha visuto come un santo e ha curato personalmente il recupero delle ragazze sopravvissute alla Shoah premurandosi che si ripsosassero e non si allontanassero dalla religione. L'ospedale Laniado, lì edificato, ha curato oltre 500 vittime del terrorismo e fatto nascere migliaia di bambini. La famiglia Neimans che vive a Chicago ha donato un milione di dollari per un padiglione dedicato alle migliaia di  bambini ebrei assassinati.

Un ebreo originario del Marocco, David Hatuel, è andato a piangere lì la sua famiglia sterminata, mentre lui era impegnato a Gerusalemme a protestare a favore delle comunità ebraiche di Gaza per cui Ariel Sharon aveva decretato lo sgombero. Tali la moglie lavorava come assistente sociale e si prendeva cura delle vittime del terrorismo nella striscia di Gaza. Aveva 34 anni ed era all'ottavo mese di gravidanza e con le sue quattro bambine prendeva parte alle proteste di coloni contro il piano di ritiro di Sharon. Ci fu un attentato, Tali morì subito, le figlie furono assassinate con un colpo alla testa da distanza ravvicinata. David andò a piangere la sua famiglia a Kiryat Sanz e lì ha conosciuto Limor che ha sposato e da cui ha avuto un'altra bimba chiamata "Rinascita2. Dice David: Non mi concentro sull'orrore con cui i è stata portata via la mia famiglia ma sui bellissimi dodici anni che Dio mi ha dato. La nazione ebraica è sopravvissuta a cose più terribili del terrorismo e dell'odio grazie alla fede in Dio e nella giustizia, grazie alla nostra intelligenza e alle nostre risorse. Cita Ezechiele 16, 6: "Io, Dio, ti passai vicino e vidi che ti dibattevi nel tuo sangue e ti dissi mentre eri nel tuo sangue: "Vivi!" Si, mentre eri nel tuo sangue ti dissi: "Vivi!"

E' la stessa speranza che accomuna chi ha scelto di vivere Israele, l'unica democrazia del Medioriente e che impronta fin la dedica del libro "Che possiamo essere tuti iscritti nel libro della Vita", parole di Alla Nelimov che ricorda le due figlie, due ragazzine russe uccise una sera di giugno mentre ballavano e ridevano. "Tu hai mutato il mio dolore in danza" recita il Salmo 30,11 ed è la spiegazione del titolo e mi commuove anche di più perché è la scritta che nel piccolo cimitero di Nervi un giovane sposo ha voluto far incidere sul loculo della moglie, morta giovane, e al suo fianco ha messo già la sua foto in attesa che passino per lui gli anni che a lei lo ricongiungeranno.

                                                                                                    Maria Luisa Bressani

Le immagini parlano più ancora delle parole: e dalla foto storico in alto in cui lo sposo fu ucciso alle olimpiadi di Monaco a  tutte le altre si vedono persone gioiose e determinate e la domanda inevitabile è: Perché? Perché tanto sangue innocente versato? Perché tanto odio? Perché distruggere una parte così bella di noi uomini?

(Con promessa da parte mia di migliorare queste immagini e dar loro la resa che hanno nel libro)

APAI - Guido Alpa ricorda il suo maestro Vittorio Tedeschi:

Il diritto in Israele

Con il ricordo di Vittorio Tedeschi, suo antico maestro a Genova i diritto comparato, Guido Alpa, ordinario di diritto privato alla Sapienza, ha introdotto la sua conversazione all'Apai sul sistema giuridico israeliano.Un modello di grande interesse per due motivi: in parte deriva dal diritto europeo in quanto i giuristi isreliani provengono dai Paesi occidentali, ma viene per così dire "esportato" nel suo mix unico, sapienza della tradizione ebraica di base e flessibilità di applicazione in una società multietnica. In USA il diritto comparato si fonda sulle opere di giuristi di religione ebrica. In questa circolarità di idee e di diritto, ci tocca da vicino la domanda rivolta al professore da Franco Bovio, fondatore dell'Associazione (per l'amicizia italo-israeliana): "Israele è ancora figlia d'Eurpa o tende a diventare un Paese mediterraneo in senso mediorientale?"Un Paese più comunitario è la risposta se si guarda agli interessi commerciali. Accordi di libero scambio con l'Europa e gli Stati Uniti agevolano i suoi 18 miliardi di dollari di esportazioni come la sua partecipazione in imprese economiche internazionali. Per il Pil pro capite è al 21° posto tra 200 Paesi nel mondo.Il mix del suo sistema giuridico, nato sotto il Protettorato Inglese, unisce: caratteri del common law inglese e disciplina processualistica dei Turchi Ottomani, i precedenti dominatori, e' un diritto che si costruì sule sentenze, scegliendo di mantenere una costituzione non scritta per una maggiore flessibilità, ma introducendo in forma scritta disposizioni per singoli organi costituzionali e nel settore privatistico.Si presentò presto il problema di quali regole seguire, quando il giudice non ne trovasse uan scritta o pregressa. Inoltre, nel caso dei dirtti della perona (i fondamentali sono tre: libertà, diritto di ritorno, uguaglianza) si pose la questione del chi avesse diritto, come è più evidente per il secondo di questi. Per il terzo ( da noi il "tutti uguali davanti alla legge" consiste nella "non discriminazione"), si pose un'altra questione: fino a che punto la differenziazione di trattamento diventa discriminazione? Infatti una società multietnica come quella israeliana nel campo dello status personale e della famiglia (matrimoni, separazioni, divorzi, marimoni poligamici) comporta differenziazioni, per cui fa testo il diritto religioso dell'individuo. In sintesi, individuare le regole e applicarle al caso, su questo si fonda il sistema giuridico israeliano: c'è il primato della legislazione e c'è l'esaltazione della cultura giuridica e quindi della formazione dell'interprete. Il giudice spesso viene dall'Università, chiamato ad esercitare sulla base del merito e la notorietà nella sua comunità. Maria Luisa Bressani

Living Theatre

CorriereMercantile

17 novembre 1998

 

      
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